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“I ricchi investono così: 60% in bond e 30% in azioni”. Parla Andrea Ghidoni, Dg di Intesa Sanpaolo Private Banking

INTERVISTA AD ANDREA GHIDONI, Direttore Generale Intesa Sanpaolo Private Banking – “Nel 2023 la famiglie più facoltose hanno ridotto l’esposizione sull’azionario e si sono rivolte di più al mercato obbligazionario dove ci sono rendimenti che non si vedevano da dieci anni” – Oggi il portafoglio finanziario medio della clientela abbiente è fatto per il 60% da bond, per il 30% da azioni e per il 10% da investimenti alternativi – Intesa Sanpaolo conta su 1.047 private banker – I progetti per il futuro

“I ricchi investono così: 60% in bond e 30% in azioni”. Parla Andrea Ghidoni, Dg di Intesa Sanpaolo Private Banking

Borsa o bond? Europa o America? Oro o immobili? E le opere d’arte? In tempi di mercati così volatili dove investono i clienti più facoltosi? Pochi meglio di Intesa Sanpaolo Private Banking saprebbero rispondere perché la banca private del Gruppo guidato da Carlo Messina è un osservatorio privilegiato e unico della ricchezza degli italiani e delle tendenze dei loro investimenti, sia finanziari che non. Anche se Intesa Sanpaolo non dimentica il suo ruolo sociale, come lo stesso Messina ha ricordato ieri annunciando che se ci sarà la tassa sugli extraprofitti, la sua banca proporrà di utilizzare i proventi per “migliorare le condizioni delle persone che sono in difficoltà”.

“Siamo la prima banca in Italia nel private banking e nel wealth management per risorse, presenza sul territorio e masse gestite, con una specializzazione distintiva nella clientela Ultra High Net Worth Individual (UHNWI), per la quale abbiamo lanciato una struttura dedicata ad inizio 2023, che ci rende unici sul mercato” dice con orgoglio Andrea Ghidoni, Direttore Generale di Intesa Sanpaolo Private Banking che, attraverso questa intervista a FIRSTonline, ci guida attraverso i servizi dedicati alla clientela più sofisticata ed esigente, un segmento di mercato che “tutte le statistiche indicano in crescita”. Anche In Italia. Tanto che per accedere ai servizi della prima private bank italiana la soglia minima di ingresso è di 500 mila euro, ma è stata individuata anche una fascia di clientela UHNWI, con un patrimonio in gestione presso l’istituto superiore ai 50 milioni di euro. Sembra un mondo esclusivo – e in parte certamente lo è – ma i numeri dicono anche altro.

Dottor Ghidoni, la prima parte del 2023 sembra smentire tutti i gufi: l’economia italiana tiene, la recessione finora non s’è vista, l’inflazione è ancora alta ma in calo, la Borsa è ai massimi. Ma nella seconda parte dell’anno sarà ancora così? Qual è la vostra view?

“In effetti nella prima parte del 2023 i mercati hanno dimostrato la capacità di reagire alle difficoltà e l’economia italiana ha registrato performance migliori di Francia e Germania. Particolarmente resilienti si sono rivelate le imprese italiane orientate all’export. Impressiona il modo in cui le aziende manifatturiere hanno saputo rispondere alla carenza di materie prime dovuta alla guerra in Ucraina. Un esempio emblematico che abbiamo seguito direttamente è quello del distretto di Sassuolo, dove in pochissimo tempo, squadre di tecnici qualificati sono riuscite a sostituire l’argilla proveniente dal Donbass, rivelando una fantastica capacità di adattamento. Certo il rialzo dei tassi rischia di rallentare anche l’economia italiana, ma la recessione, se ci sarà, sarà breve e di modesta entità”.

E i mercati? La correzione si avvicina?

“La volatilità è da mettere nel conto, ma anche le nuove finestre di opportunità che si aprono di fronte a un possibile rallentamento dei mercati azionari. Tra le obbligazioni ci sono rendimenti che non si vedevano da dieci anni, oltre a opportunità non necessariamente legate a duration lunghe, ma di 3-5 anni. E’ quello che stiamo dicendo anche alla nostra clientela”.

Ma nel 2023 come investono le famiglie italiane più ricche e voi che cosa consigliate?

“Hanno ridotto la loro esposizione sull’azionario e si sono rivolte e si rivolgono di più al mercato obbligazionario con strumenti diversi”.

Si può tracciare il portafoglio ideale della vostra clientela media, quella per intenderci che vi ha dato in gestione un patrimonio tra i 10 e i 50 milioni?

“Fermo restando che ogni nucleo familiare costituisce un caso a sé, possiamo dire che nella prima parte del 2023 il portafoglio esclusivamente finanziario – e cioè escludendo investimenti in opere d’arte e in immobili – della nostra clientela più abbiente è composto dal 60% circa di investimenti in obbligazioni, il 30% in equity e il 10% in investimenti alternativi, che comprendono strumenti di private equity, infrastrutturali e private debt in titoli di società non quotate, mentre consigliamo di ridurre la liquidità, per utilizzare tutte le opportunità del mercato e non lasciare in deposito i capitali, soprattutto a fronte di un’inflazione ancora alta”.

Ma i vostri clienti vi delegano totalmente la gestione della loro ricchezza, o vi ascoltano, ma vogliono indirizzarvi su dove investire?

“Dipende. La clientela Private, quella da 500 mila euro a 10 milioni, tende per lo più a delegare a noi le scelte di investimento mentre le fasce più alte (HNWI e UHNWI) di solito dispongono di staff specializzati e propri consulenti, che vogliono condividere le scelte con i nostri banker”.

Per capire il profilo della vostra selezionata clientela e il vostro modo di operare e di fare consulenza, si possono conoscere un po’ di numeri?

“Alla fine del 2022 Intesa Sanpaolo Private Banking (ISPB) poteva contare su 1.047 private banker – con un’età media tra i 45 e i 50 anni – che sono dipendenti della banca e che spesso hanno avuto diverse esperienze di lavoro nelle varie Divisioni del Gruppo Intesa Sanpaolo; la società gestiva il patrimonio di 46 mila gruppi familiari, per un totale di masse gestite di oltre 141 miliardi di euro, in crescita negli ultimi mesi. La clientela di più alto profilo (HNWI e UHNWI) rappresenta più del 49% delle masse amministrate e il 14% dell’insieme dei clienti. E’ per questo che noi abbiamo un approccio molto specializzato a seconda dei diversi livelli di clientela, rappresentati da singoli, o più generalmente da famiglie, che segmentiamo in tre classi: Private da 500 mila a 10 milioni di euro, High Net Worth Individual da 10 a 50 milioni di euro e, infine, Ultra High Net Worth Individual che vanno da un patrimonio di oltre 50 milioni in su, in gestione solo con noi, naturalmente”.

Gli oltre 140 miliardi di euro che raccogliete da quali delle tre classi di clientela arrivano?

“Settanta miliardi vengono dalla clientela Private, il resto si suddivide alla pari tra la fascia intermedia e quella più alta”.

La novità che avete annunciato nelle ultime settimane è che avete creato un Centro specializzato dedicato proprio ai ricchissimi, alla clientela dai 50 milioni in su: perché?

“È una nuova struttura, estremamente specializzata, che ha cominciato ad operare dall’inizio di quest’anno, a Milano, per assistere al meglio una clientela che ha esigenze sempre più complesse, paragonabile alla clientela istituzionale, con un modello di servizio unico e particolarmente innovativo”.

Innovativo in che senso?

“La novità principale è il superamento del vecchio concetto un cliente = un banker. Oggi la clientela più sofisticata ha a disposizione un team di 4 banker per ogni cliente, in grado di assisterlo in ogni fas dell’investimento e in ogni momento. Per ora il nuovo servizio è composto da 15 professionisti, tra loro complementari, con competenze diversificate e senza gerarchie, ma prevediamo senz’altro che crescerà”.

Dottor Ghidoni, la Divisione Private di Intesa Sanpaolo, guidata da Tommaso Corcos, ha due strutture di Private Banking: ISPB e Fideuram. Qual è la differenza e come avviene la divisione del lavoro?

“Ci muoviamo nello stesso scenario macroeconomico, ma ognuno decide autonomamente l’asset allocation di portafogli diversi e sono due modelli di business differenti, per fasce di clientela che non si sovrappongono. Sono diverse le squadre che le compongono: Fideuram si avvale di circa 5 mila consulenti finanziari, ossia liberi professionisti con un mandato, mentre Intesa Sanpaolo Private Banking ha oltre mille private banker, prevalentemente dipendenti a tutti gli effetti della nostra banca”.

Che progetti ha Intesa Sanpaolo Private Banking per il futuro?

“Sono principalmente due: la specializzazione e la digitalizzazione. La nostra caratteristica è che puntiamo ad aumentare la qualità dei nostri servizi di investimento finanziario, in Italia e all’estero, attraverso la nostra struttura centrale di Wealth Management, composta da una settantina di persone, per assistere in modo sempre più diversificato e “taylor made” la clientela, anche negli investimenti o nella gestione dei patrimoni artistici di famiglia, nei servizi fiscali, legali, attraverso la predisposizione di piani successori, o le operazioni di cessione di aziende. In secondo luogo investiamo molto sulla digitalizzazione, per assicurare al cliente l’accessibilità ai nostri servizi ovunque si trovi e in qualunque momento e, al tempo stesso, aumentarne la sicurezza; parallelamente vogliamo rendere sempre più snello e funzionante il modo di operare del nostro private banker, grazie all’efficienza delle nostre da piattaforme digitali”.

Nei vostri piani ci sono anche acquisizioni all’estero?

“Il M&A è di competenza dell’azionista e dei vertici della Divisione Private. Va ricordato che siamo già presenti in Svizzera e in Lussemburgo, dove i nostri colleghi lavorano da diversi anni, portando la nostra cultura aziendale ed acquisendo esperienze importanti e utili a tutta la banca su mercati così importanti e con potenzialità di crescita notevoli. Non stiamo cercando acquisizioni di società all’estero, ma sappiamo che ci sono banker che possono arrivare da altre reti, in Italia e fuori, attratti da una realtà in crescita come la nostra”.

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