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Heinrich Schneider: lo chef delle più alte stelle d’Italia

Ha vissuto tutta la sua vita fra le montagne delle Alpi Sarentine e qui lo Chef Heinrich Schneider, è riuscito a fregiare il suo ristorante,Terra, di ben due stelle Michelin. Il tutto a 1.600 metri d’altezza, La sua cucina è un trionfo di tutte le erbe e i sapori di alta montagna.

Le alpi Sarentine in Alto Adige sono un prezioso scrigno incontaminato al confine con l’Austria dove, sarà perché sono così lontane da tutto, sono rimaste in vita straordinarie tradizioni, come i grandi cinturoni di cuoio che indossano gli uomini, ricamati, in uno stile quasi barocco, con le rachidi delle penne di coda di pavone, come gli Omini di Pietra, 100 personaggi fatti di sassi messi uno sull’altro volutamente, alcuni piccoli, altri a grandezza d’uomo, tutti ritti come soldati che presidiano l’”Hohe Reisch”, una cupola rocciosa alta 2000 metri, o ancora come le Reggele, le lunghe pipe con il cannello dritto fatte tuttora a mano, o come, ancora, i Klockeln, gli uomini dalle maschere fantasiose e dai grandi cappellacci che durante il periodo dell’Avvento girano per le strade e le case con dei pesanti zoccoli di legno facendo suonare rumorosi campanacci per far fuggire gli spiriti maligni. Un documento del tribunale del 1540 dimostra che in questo luogo circa 500 anni fa si celebravano danze di streghe e feste sataniche. Intarsi antichissimi nelle rocce fanno supporre che secoli fa il belvedere fosse un luogo di culto celtico.


Potremmo andare avanti per molto nell’elencare gli originali costumi di questi luoghi perché, per le popolazioni di queste valli e di queste montagne, la cultura e le usanze non sono solo elementi di coesione sociale ma anche espressione della gioia di vivere, e le tradizioni sono considerate il bene più prezioso che lega i giovani alle generazioni precedenti. Tradizioni che sono sopravvissute, rianimandosi della partecipazione popolare nella salvaguardia degli usi e costumi locali, proprio per il relativo isolamento che ha contraddistinto questo territorio malgrado la sua vicinanza con Bolzano. Un tempo la Val Serentina era addirittura isolata dal mondo, fu grazie a Massimiliano I d’Asburgo che venne costruita la prima strada di collegamento con Bolzano nel 1494. Bisognerà poi aspettare gli anni trenta del secolo scorso per la realizzazione di una nuova strada con 21 gallerie che togliesse queste valli dall’isolamento.
Un isolamento che non ha nuociuto minimamente al carattere di queste popolazioni, di madrelingua tedesca, che vivono un rapporto armonico con la natura e la loro storia. Se c’è una cosa che ti colpisce dei Sarentinesi è che sono tipi tutti particolari, unici nel loro genere, impossibili da imitare. Il loro carattere è stato descritto più volte come burbero e diffidente nei confronti delle novità. Conoscendoli in realtà si presentano con un altro volto: ironici, dalla battuta sempre pronta, inclini al senso dell’umorismo. Una riprova? Se incontrate un uomo con il cappello ornato da nastri rossi, è ancora disponibile per il gentil sesso, ma se ci saranno nastri verdi, invece, è un segnale che la moglie si aggira nei dintorni.

klockeln val serentino
klockeln val serentino

Se a questo punto vi punge curiosità, quando sarà tempo, di andare alla scoperta di questa porzione d’Italia che è un museo antropologico a cielo aperto, sarà bene segnarsi un indirizzo, quello di “Terra” albergo e ristorante due stelle Michelin, le più alte d’Italia, essendo collocato a 1600 metri d’altezza, con vista sulle Dolomiti, in quel di Sarentino. Più che con vista è il caso di dire che sarete proiettati sulle Dolomiti e su tutte le altre montagne circostanti perche “Terra” è una costruzione tutta vetri che spazia a 360 gradi sulla natura, ne è immersa. In questo è l’espressione tangibile della filosofia di vita di Heinrich Schneider Chef e proprietario con la sorella Gisela, che di questo territorio si sentono parte integrante, così come tutta la loro famiglia.

Ristorante Terra due stelle Michelin
Ristorante Terra due stelle Michelin

“Da bambini – dice Heinrich – eravamo due fratelli che correvano a piedi nudi nei prati e nei boschi, giocavamo con l’erba e le pigne, la mamma ci preparava un infuso alle erbe che per noi era più sano che buono”.
A Gisela ed Heinrich la posizione appartata della loro casa, l’isolamento imposto dalla stagione invernale di questi luoghi non pesavano affatto perché tutto quello che si mostrava ai loro occhi l’avevano nel DNA. A segnare in un certo qual senso il loro destino era stato il nonno Johann Brugger, che aveva ereditato una piccola malga lì vicino. Nonno Brugger pensò subito di trasformare il rifugio in una locanda l’”Alpenrose”, con una pista per birilli. Ma non era soddisfatto. E allora si buttò nel commercio del legname, la cosa andò così bene che nel 1940 poté coronare il suo sogno, da appassionato sciatore, di costruire un Rifugio.

Qui capitò un giorno un giovane sciatore che sapeva il fatto suo, aveva fatto – in tempi pioneristici – la Haute Route del Monte Bianco fino al Monte Rosa. Scattò subito il colpo di fulmine con la figlia del proprietario, Resi. Seguì il matrimonio. Entrambi appassionati di questi luoghi non pensarono minimamente di trasferirsi altrove o scendere a valle, e fu così che i genitori di Heinrich e Gisela si impegnarono sul finire degli anni ’70 con non poche difficoltà a costruire l’albergo Auener Hof, una vera e propria sfida, dal momento che all’epoca, qui non c’era nulla, strade, elettricità, acqua corrente, telefono. Per andare in paese bisogna andare a piedi o col cavallo.

Tutto ebbe avvio da quelle passeggiate nel bosco in cerca di funghi

Gente tenace questi montagnardi delle Sarentine. Una tenacia che nasce dal loro rapporto con la montagna considerata madre, sorella, amica, qualcosa di intimo.
“Ho vissuto tutta la mia infanzia – ricorda lo Chef – qui a Sarentino, presso il nostro albergo ristorante in alta quota. Siccome la casa nostra si trovava in un posto molto isolato non avevamo vicini di casa. Per questo motivo io e mia sorella giocavamo sempre insieme girando per i boschi e i prati. In estate la nostra mamma ci mandava a raccogliere funghi ed erbe selvatiche per la sua cucina”.
Ed è in quelle passeggiate nei boschi alpini che il giovane Heinrich capisce che quello era e sarà il suo mondo. Lui quelle erbe se le figurava più in un piatto che non nelle tisane.

La buona tavola, d’altronde, aveva sempre avuto una grande importanza per la famiglia Scheider. “Il nostro papa ci aveva portato da piccoli a mangiare in alcuni ristoranti stellati. E li era nato il mio grande amore per la cucina. Dopo gli studi iniziai, infatti, la mia carriera in cucina con la mia mamma e lei mi diede tutta la libertá della quale avevo bisogno. Iniziai a creare i miei primi piatti. Il primo me lo ricordo ancora: Tagliolini al pesto di erbe selvatiche. Lo feci con erbe spontanee dei prati attorno la nostra casa. Era piaciuto molto anche alla mia mamma”.
Heinrich sente che il dato è tratto. Frequenta la scuola professionale alberghiera a Bressanone e a Merano. Dalla teoria passa quindi alla pratica La sua prima esperienza è a La Perla di Corvara in Val Badia, raffinata meta gourmet nel cuore delle Dolomiti, una stella Michelin. Poi si reca in Francia per uno stage di sole 3 settimane presso un ristorante bistellato: l’Auberge du Cheval blanc in Alsazia un’antica stazione di posta settecentesca, gestita dalla stessa famiglia dal 1959, aperta a una clientela di alta categoria.

Ma in realtà il giovane Heinrich la sua gavetta l’ha fatta nella cucina del ristorante di famiglia aiutando la mamma, che, dai risultati ottenuti, si è rivelata un’ottima maestra.


Perché tutto quello che è oggi Schneider è frutto di una cultura gastronomica che si è creata in proprio perché si può considerare a tutti gli effetti un autodidatta, non avendo frequentato cucine di grandi Chef internazionali. “All’inizio è stato molto difficile, ha ammesso in un’intervista, visto che ho dovuto imparare le tecniche da solo. Poi l’amore per la cucina e la particolarità di essere in montagna mi hanno aiutato a trovare il mio stile personale. Oggi sono contento di questo percorso, perché posso dire di non essere stato influenzato da nessuno dei grandi mentori, posso pensare liberamente e realizzare il mio stile”.
Sono stati quindi i ricordi della loro infanzia felice, la passione per questi luoghi e un po’ di sana follia, che in famiglia è abbastanza ricorrente, (“volevamo creare un luogo in cui condividere queste esperienze con persone di tutto il mondo”) a spingere Heinrich a 26 anni e la sorella a 23, che nel frattempo si è laureata Sommelier e gestisce la cantina, a volersi imbarcare in un’impresa alquanto ardimentosa, trasformare il ristorante dell’albergo dei genitori in un ristorante gourmet ad alta quota, e a che quota! 1600 metri.

“Quando iniziai la mia carriera erano tempi molto difficili. Il nostro albergo ristorante era una struttura semplice e tradizionale. Le stagioni erano brevi. La strada verso la stella Michelin era molto dura. In un posto isolato come il nostro dove non ti trova nessuno e non ti conosceva nessuno… Trasformare il nostro albergo ristorante da un semplice albergo in una dimora, come si presenta oggi, vuol dire che si cambia anche al 100% la clientela. Quindi si partiva proprio da zero. Però con tanta pazienza, passione e sacrifici ce l’abbiamo fatta! Io e mia sorella abbiamo sempre creduto in noi, avevamo la stessa passione e la stessa energia e il supporto della nostra grandissima famiglia”.
Così nel 2008 arriva la prima stella Michelin. Nel frattempo anche il compagno di Gisela, Karl, entra nell’attività. Ristorante e Albergo vengono rivoluzionati e modernizzati con effetti scenografici. Anche il nome cambia in Terra The Magic Place Relais&Chateaux più consono alla nuova dimensione internazionale a significare “legati alla terra, aperti al mondo, creativi”

La cucina come specchio della natura circostante

Con grande passione, concentrazione e perseveranza Heinrich costruisce nel tempo la filosofia della sua cucina che si propone come uno specchio della natura e del territorio di questi monti e di queste straordinarie vallate. Heincich se ne fa ambasciatore perché – dice – “Voglio dare un forte ricordo al cliente che arriva qui su da noi, con ingredienti particolari e a volte anche sconosciuti sempre presentati con eleganza e sapore”. Lo Chef condensa in cinque regole la filosofia della sua cucina: sapore del piatto, ingredienti di qualità del territorio, estetica nella presentazione, leggerezza dei piatti, la percentuale degli ingredienti nel menù: carne 20%/pesce20%/60%verdura-erbe”. Semplice no? A 1600 metri! Eppure ci sono voluti anni di duro lavoro, di continui miglioramenti, di perfezionismo per arrivare a conquistare la prima stella Michelin e poi nel 2017 due stelle sempre mantenute fino ad oggi.

Due stelle che si riverberano già quando si inizia con un pane al vapore ed erba cipollina che si accompagna ad un burro alla panna agra, olio d’abete e birra al malto. E ancora sono i delicati sapori del bosco che ti avvolgono con l’Essenza di capriolo con frutti di bosco disidratati e schiuma di speck affumicato, un consommé da inalare, meditando, prima ancora che da sorbire. Oppure con il Raviolo glassato alle erbe selvatiche. Si sente tutta la freschezza dei ruscelli montani profumati di muschio quando si porta alla bocca un Salmerino con latte bruciata, olio d’aneto e perle nere, mentre le erbe, i licheni, le eriche dei laghi di montagna ti avvolgono nel gustare il Filetto di luccioperca agli aromi di bosco con petali di fiordaliso essiccati, rapanelli e cicerchia così come ti arriva diretto il profumo dei pascoli delle vallate con The Terra, Tea di manzo bio con funghi e bacche o con Vitello bio con foglia secca alle erbe con contorno di Piselli gialli e scalogno al lievito.

In fin dei conti per Heinrich e Gisela, anche oggi, che il loro ristorante bistellato è sulla bocca di molti, che Terra ha conquistato una notorietà internazionale, non è cambiato granché dalla loro infanzia. Nella loro cucina si respira aria di allegria e stupore, la stessa che li guidava da piccoli quando con il loro cesto si inoltravano nei boschi alla ricerca di erbe selvatiche e funghi da portare a casa. Lo fanno tuttora solo che le erbe le portano al ristorante, ne usano più di 60, dove Heinrich riesce a sorprendere i suoi avventori muovendosi fra liofilizzazioni e affumicature, giocando con le consistenze degli alimenti, con la struttura interna del cibo, gli accostamenti inediti, in un gioco di levità e di sottrazioni che non tradisce mai la tradizione e la storia, puntando sempre a toccare e a offrire il cuore della sua terra. Che poi è il suo e quello di Gisela.

E se gli domandi che vorrebbe ancora fare nella vita ti risponde disarmante: “Ho tutto quello che mi serve per essere felice…spero che tutto rimanga così!”

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