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Guerra delle valute, il Brasile trema

In un’intervista al Financial Times il ministro dell’Economia brasiliano Guido Mantega ammonisce: “Gli Usa, l’Europa e il Regno Unito sono molto più protezionisti” – E le misure di stimolo adottate dalle banche centrali stanno danneggiando le esportazioni del Paese e rischiano di far apprezzare ulteriormente il real.

Guerra delle valute, il Brasile trema

I Paesi occidentali si difendono dalla speculazione e vogliono tornare a crescere, ma a farne le spese sono i Paesi emergenti, Brasile in primis. Di questo si è lamentato in un’intervista al Financial Times il ministro dell’Economia, Guido Mantega. L’ultimo bazooka lanciato dalla Federal Reserve, che prevede di immettere nell’economia 40 miliardi di dollari al mese fino a quando l’occupazione non si riprenderà è, secondo il ministro, “protezionista” e darà inizio a una nuova “guerra delle valute” con conseguenze disastrose per il resto del mondo. Anche perché oltre gli stimoli della Fed, anche la Banca centrale europea ha fatto un passo verso l’allentamento monetario con il piano anti-spread presentato dal presidente della Bce Mario Draghi. E a ruota ha seguito la Bank of Japan, con un pacchetto da 64 miliardi di dollari per evitare l’eccessivo apprezzamento dello yen. 

Queste mosse non saranno prive di conseguenze anche nei Paesi emergenti. Anzi, “negli Stati Uniti ci saranno benefici marginali perché non c’è bisogno di liquidità”, ha sostenuto Mantega. La liquidità, aggiunge, “non sta andando ad aumentare la produzione”. Secondo il ministro brasiliano la terza quantitative easing americana sta deprezzando il dollaro e impulsando le esportazioni nord-americane. Cosa che per il Brasile potrebbe comportare un aumento della competitività. E va bene.

Ma quello che gli interessa è il fatto che stia peggiorando il già notevole rallentamento dell’economia brasiliana: finora infatti l’unico effetto che ha avuto è, secondo Mantega, un cambiamento nelle aspettative. “L’avversione al rischio è caduta mentre l’instinto animale dei mercati è aumentato”. Dal suo punto di vista, “se un dollaro più debole porta a un’aumento della concorrenza nel commercio, allo stesso tempo obbligherà il Brasile ad adottare misure per impedire che il real si apprezzi“. 

Il dollaro debole è svantaggioso per il Brasile anche perché significa uno yuan più debole, dal momento che il cambio della valuta cinese è fissato a quello della moneta americana. Secondo Mantega oggi il prezzo del real è “ragionevole”, ma la valuta è “anora sopravvalutata rispetto a un paniere di monete dei principali commerciali del Paese”. E il ministro non si risparmia la consueta ammonizione che anche il presidente Dilma Rousseff sottolinea ogni volta che visita gli Usa o l’Europa: “Gli Stati Uniti, l’Europa e il Regno Unito sono molto più protezionisti del Brasile”. Attenzione insomma, perché questa volta nello scenario globale il Paese sudamericano non si arrenderà facilmente. 

 

Leggi l’intervista al ministro Mantega sul Financial Times. 

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