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Grecia, finalmente è accordo: euro, Btp e spread respirano

Intesa all’alba dopo un durissimo braccio di ferro: la Grecia è salva e avrà altri 230 miliardi – Draghi: “Accordo molto buono” – Euro e titoli di Stato risalgono, ma Borse in territorio negativo – Spread Btp-Bund sotto quota 340 pb – L’Iran fa meno paura – Monti striglia il salotto buono: impassibili Mediobanca e Unicredit, impegnati su Fonsai.

Grecia, finalmente è accordo: euro, Btp e spread respirano

GRECIA SALVA, SALE LO “SCONTO” DEI PRIVATI. AD ATENE IN ARRIVO 230 MILIARDI (130 DALLA UE)

Che battaglia. Solo alle quattro passate di stanotte, dopo nuovi tagli imposti ai creditori privati di Atene, è stato finalmente raggiunto l’accordo sul debito greco. Ma la trattativa è stata più complicata del previsto perché, ancora una volta, è stato necessario rifare i conti: ci volevano 136 miliardi, non 130; alla fine della terapia, nel 2020, il rapporto debito/pil sarebbe sceso al 129%, non al 120% come preventivato. E’ così cominciato il pressing sui creditori privati: per ben quattro volte i rappresentanti greci sono stati obbligati da tedeschi ed olandesi a correre al tavolo dei creditori privati per ottenere ulteriori sconti. Dopo un drammatico braccio di ferro il taglio degli interessi, già fissato al 50 per cento, è salito al 53,5, cosa che dovrebbe consentire di centrare l’obiettivo del 120,5% cento il 2020. In totale, il piano di salvataggio della Grecia vale 230 miliardi: 130 in arrivo dagli Stati, altri 100 dalla cancellazione di debiti privati. Alla fine, secondo il presidente della Bce Mario Draghi, “è stato raggiunto un accordo molto buono”.  Ma il “rapporto di sostenibilità” distribuito ai partecipanti alla riunione dipinge uno scenario drammatico. Anche nel caso più ottimistico Atene avrà bisogno di qui al 2020 di almeno altri 50 miliardi di euro. Ma non è da escludere lo scenario peggiore, basato su stime più pessimistiche sulle prospettive dell’economia: in tal caso il conto per l’Europa salirà di almeno altri 75 miliardi entro il 2020, cifra che servirà a contenere nel 160% il debito greco.

L’accordo, comunque, ha consentito all’euro di risalire subito la china: la moneta unica vale 1,3293 sul dollaro. Risalgono i futures sulle Borse, in calo nelle contrattazioni notturne sui mercati asiatici. A Tokyo l’indice Nikkei 225 segna comunque un ribasso dello 0,24%, Hong Kong dello 0,19%. Stamane la seduta sarà condizionata anche dalla pubblicazione dell’indice di fiducia dei consumatori europei.

L’attenzione sarà concentrata sull’impatto dell’accordo sui titoli di Stato, già ieri in ripresa sull’onda dell’ottimismo per l’esito dell’eurovertice. Il rendimento del Btp a 10 anni è sceso di 9 punti base a 5,44% e lo spread con il Bund è sceso a 349 punti base. Per il direttore generale di Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni è possibile raggiungere l’obiettivo dei 200 pb. 

A sottolineare la riscossa del made in Italy è pure il successo dell’emissione del bond di Intesa Sanpaolo con durata 5 anni, cosa che non si vedeva in Italia da molti mesi. Il titolo ha ricevuto ordini per 2,25 miliardi a fronte di un’offerta da 1 miliardo con ordini per 2,25 miliardi, dice uno dei lead manager dell’operazione. 

Festeggiano anche i listini azionari. A Milano l’indice Ftse Mib è salito dell’1,07%. Londra +0,65%, Francoforte +1,3%, Parigi +0,75%. Nel corso della mattinata l’indice Stoxx600 delle Borse europee è salito sui massimi da fine luglio 2011.

Il sospiro di sollievo dei mercati finanziari ha fatto passare in secondo piano le tensioni tra l’Europa e l’Iran: il petrolio tipo Wti si è spinto a quota a 105,3 dollari al barile +1,6%, massimi degli ultimi 9 mesi dopo il blocco delle vendite di greggio iraniano verso le società britanniche e francesi.

MONTI: “LA DIFESA FORZATA DELL’ITALIANITA’ NON FA BENE AL SISTEMA NEL LUNGO PERIODO”

“Dispiace andare contro la nozione elegante e piacevole di salotto buono, ma pensiamo che in passato abbia qualche volta tutelato il bene esistente e consentito la sopravvivenza un po’ forzata dell’italianità di alcune aziende, impedendo la distruzione creatrice schumpeteriana e non sempre facendo l’interesse di lungo periodo”.

Davanti alla platea dei Big della finanza radunati a palazzo Mezzanotte ieri mattina Mario Monti ha pronunciato queste parole: impassibili i vertici di Mediobanca e Unicredit, impegnati nella difesa dell’italianità di Fonsai. Nessuna reazione nemmeno di fronte al passaggio in cui il premier ha difeso la ratio della norma che impedisce il cumulo di cariche nei consigli di banche ed assicurazioni introdotta nel decreto salva Italia.

Intanto, sul listino elettronico hanno messo il turbo la Pop.Milano +8,2% e il Banco Popolare +5%. Il Pdl avrebbe proposto un emendamento al provvedimento sulle liberalizzazioni prevedendo di togliere il voto capitario alle popolari.

In arretramento dai massimi Unicredit  +1%, Intesa Sanpaolo  +1,5%, Mediobanca +1,7% e Ubi Banca +2%.
Intanto entra nel vivo la trattativa per la cessione del 15% di Banca Mps in mano alla Fondazione. Il pacchetto sarà acquisito d Equinox, cui spetterà la quota maggiore, ed il fondo Clessidra. Prende intanto quota la candidatura di Alessandro Profumo alla presidenza.

Poco mossa Generali +0,5%. Sono tornati i fuochi d’artificio sui titoli delle società che si preparano a dare vita al secondo polo assicurativo italiano. Unipol  +8,7%, Milano Assicurazioni è stata sospesa per eccesso di rialzo per quasi tutto il pomeriggio ed ha chiuso con un rialzo teorico del 24%. Ieri Unipol ha presentato un esposto alla Consob in cui si chiede se dietro il boom del titolo Fonsai (+173% dal 30 gennaio) non ci siano asimmetrie informative ed accordi occulti. Sempre ieri Unipol ha chiuesto alla Commissione di pronunciarsi sull’esenzione dall’Opa sulla compagnia fiorentina nell’ambito del piano di salvataggio. 

STM è salita dell’8,2%. La reazione è dovuta alla decisione di Carlo Bozotti di nominare il direttore finanziario Carlo Ferro, ai vertici della joint venture ST-Ericsson, l’anello debole del gruppo che non riesce ad impostare una strategia credibile che emancipi l’azienda dai problemi di Nokia e la rilanci nel mondo degli apparati mobile. Ferro, si legge nel suo curriculum, “ha diretto importanti iniziative di ristrutturazione che hanno condotto alla riduzione degli stabilimentidi lavorazione delle fette di silicio passato da 18 a 7 e al ridimensionamento dei siti sena attività di produzione ridotti di un terzo”. Per StEricsson si prevede una terapia analoga.

Eni è salita dello 0,6%, Saipem del 2,2%. Enel ha perso lo 0,9%. In rialzo le utility regionali e locali per effetto delle indiscrezioni su una maxi aggregazione: Hera +2,4%, Iren +3,1%, Acea +1,6.

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