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Favola Carpi e miracolo Sassuolo: anche nel calcio il derby dei distretti industriali dell’Emilia

CALCIO E DISTRETTI INDUSTRIALI – L’incredibile promozione del Carpi in serie A e la conferma del Sassuolo vanno molto oltre il calcio e sono un po’ la metafora della vita di una terra, come l’Emilia, che il terremoto ha sconvolto ma non messo in ginocchio e dove la voglia di impresa delle piccole e medie aziende ha fatto scuola da Porter in poi

Favola Carpi e miracolo Sassuolo: anche nel calcio il derby dei distretti industriali dell’Emilia

Sia Carpi (“Knitwear”) che Sassuolo (“Ceramic tiles”) figuravano a pieno titolo nella mappa italiana dei “clusters” – grappoli d’imprese – pubblicata da Michael Porter nel suo celebre Il vantaggio competitivo delle Nazioni (1990): la loro forza economica come sede di due dei più noti distretti industriali italiani viene da lontano. Dal prossimo campionato, il fatto è ampiamente noto, entrambe le cittadine della provincia di Modena giocheranno, con le loro squadre di calcio, nel campionato di Serie A. Non è mai superfluo ricordare come la prima abbia solo 70 mila abitanti, la seconda addirittura 40 mila: anche messe assieme meno, molto meno, del Comune di Modena (180mila).

Restando alla mappa prima menzionata e guardandola dall’angolo visuale della Serie A, la concentrazione geografica di “clusters” lungo la Via Emilia – che è il tratto distintivo della cartina dell’Italia pubblicata dal professore della Harvard Business School – perderà purtroppo un protagonista (Parma, “Food Cluster”) ma, forse, ne ritroverà un altro (Bologna, “Packaging Machinery”), magari dopo i play off vista la sconfitta subita sabato scorso dai felsinei nella fondamentale gara col Frosinone.

Molto si è già scritto, in queste ultimissime settimane, sulla “favola del Carpi”, dopo che due anni or sono si era celebrato il “miracolo del Sassuolo”; gli osservatori più attenti hanno messo in risalto le affinità fra queste due eccezionali performance emiliane, così come le differenze. Il tema dominante – restando all’attualità – è giustamente la bravura della dirigenza carpigiana nell’aver saputo costruire con un budget ridotto una squadra che gioca un ottimo calcio (fa goal e ne prende pochissimi), facendo dell’uso parsimonioso delle risorse la caratteristica dominante. 

Sia la grande stampa nazionale – significativamente, non solo quella sportiva ma anche quella di informazione generale (tre lunghi articoli sono usciti su il “Corriere della Sera”, “Il Foglio” e “Il Fatto Quotidiano”) – sia la stampa locale (si pensi agli assai diffusi settimanali cittadini, “Voce”, “Tempo” e “Notizie”) hanno tessuto l’elogio dei dirigenti societari e sportivi – in primis, Stefano Bonacini, Claudio Caliumi, Fabrizio Castori, Cristiano Giuntoli – e naturalmente della squadra, ove spiccano alcuni giovani talenti di cui sentiremo certamente molto parlare.

In un campionato 2015-2016 di Serie A che partirà con la Juventus di Andrea Agnelli e Massimiliano Allegri all’inseguimento del suo quinto scudetto consecutivo, il “Derby dei Distretti” – Carpi Vs. Sassuolo – sarà certamente uno degli eventi più interessanti e ricchi di suggestioni che travalicano la sfera strettamente calcistica. Certo, in fatto di … stadi, la partita per i carpigiani è, per così dire, persa in partenza: alla solidità, da tutti i punti di vista, del Mapei Stadium di Reggio Emilia fa riscontro il piccolo (e inadatto per la A) Sandro Cabassi (poco più di 4.000 posti). 

L’ipotesi più probabile, allo stato, è che il Carpi vada a giocare a Modena, ma in città non si esclude un intervento a tempo di record per provare a dotare Carpi di un impianto capace di accogliere, rispettando tutte le norme di sicurezza, almeno 10.000 spettatori. Vedremo. E assisteremo certamente – questione dello stadio a parte – a una bella partita, fra una squadra al suo terzo campionato di fila nella massima serie e una brillante neo-promossa. 

Due squadre che plasticamente potranno dire al Paese – eccoci all’insegnamento che va al di là del calcio – che l’Italia dei distretti industriali non è morta, come invece è stato raccontato per tutti i decenni del dominio turbo-finanza. Di più: diranno al Paese che l’economia fatta di PMI fra loro collegate e localizzate in un dato territorio (il distretto di Carpi ne ha circa 900 di imprese, di cui soltanto 300 impegnate nella fase finale della produzione mentre le altre in tutte le fasi intermedie e di supporto: si v. il saggio Che ne è del modello emiliano?, che ho pubblicato sulla rivista “Il Mulino”, n. 1/2015, pp. 105-115) è un tipo di organizzazione economica che ha ancora molto da dire nel tempo della globalizzazione. 

La controprova? Il Monitor dei Distretti, apprezzata pubblicazione trimestrale curata dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, nel suo focus sull’Emilia-Romagna (Marzo 2015) ci dice che il distretto delle “Piastrelle di Sassuolo” ha esportato nel 2014 ben 2.847,1 milioni di euro mentre quello della “Maglieria e abbigliamento di Carpi” 613,4. Essi si collocano, rispettivamente, al primo e al quinto posto della graduatoria dell’export dei 20 distretti emiliano-romagnoli (oltre 11 miliardi di esportazioni complessive), a loro volta fra i più importanti del Paese.

Per la cronaca – economica e, a un tempo, sportiva – va detto che il distretto delle “Macchine per imballaggio di Bologna” vale 2.477,3 miliardi di export (secondo nella graduatoria regionale, proprio dopo Sassuolo). Insomma, a tre sarebbe un Derby stellare!

Un’ultima considerazione riguarda il distretto modenese che … non c’è; o, meglio, non c’è nelle due cose di cui abbiamo parlato: la mappa di Porter del 1990, la Serie A del prossimo anno. Ma il distretto del “biomedicale” di Mirandola c’è – eccome, se c’è – nell’Italia manifatturiera di questi difficilissimi anni seguiti al grande crac del 2008 e, per ciò che riguarda queste terre, seguiti al terremoto di fine maggio 2012. La città di Mirandola – che fa parte della Diocesi di Carpi – è stata colpita e sfregiata dal sisma in maniera terribile, e più di Carpi, più di Modena, più di Sassuolo. 

Eppure, il distretto (Intesa Sanpaolo preferisce chiamarlo “polo tecnologico” per distinguerlo da quelli “tradizionali” come la moda, le piastrelle, la meccanica, etc.) del biomedicale mirandolese è già completamente ripartito, anche grazie a nuovi e innovativi investimenti. Anche a Mirandola hanno vinto il loro campionato, il più difficile di tutti: quello della ricostruzione. 

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