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Fare cinema conviene: redditività seconda solo alle costruzioni

Secondo l’ultimo rapporto Anica, a fronte di un euro investito nell’audiovisivo il ritorno è pari a 1,98 e risulta secondo solo a quello del comparto delle costruzioni

Anica e Confindustria scattano la foto all’industria italiana del cinema e dell’audiovisivo. E’ una foto importante, che apre uno squarcio su un settore da 8.500 imprese e 61 mila occupati e che non a caso è stata presentata dall’Anica, l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche e Multimediali dopo un lavoro congiunto con il Centro Studi di Confindustria.

Che il mondo del cinema, della televisione e di tutte le imprese legate alla produzione e distribuzione di prodotti audiovisivi e multimediali fossero una realtà importante, una risorsa strategica per il Paese, ne erano convinti in molti e non da poco tempo. Mancava però una quantificazione scientifica, meglio ancora una lettura con criteri di analisi economica, in grado di fornire dettagli precisi e comparabili con il resto delle attività produttive del Paese e quanto avviene in ambito internazionale.

Gli indicatori presentati, si diceva, forniscono numeri importanti. L’intero settore è composto da circa 8.500 imprese che complessivamente danno lavoro a oltre 61mila persone, con una dimensione media di circa 4,5 unità. Si tratta di una cifra consistente, ma si riferisce solo a una parte del quadro complessivo: sono infatti oltre il doppio gli addetti considerati nella filiera indiretta (stimata intorno ai 112 mila), cioè tutte quelle piccole e medie imprese che forniscono, producono, supportano e distribuiscono materiale audiovisivo.

CINEMA E TV, ALTA REDDITIVITÀ
In sintesi, il settore è un moltiplicatore di energie: a fronte di un euro investito, si legge nel rapporto, il ritorno è pari a 1,98 e risulta secondo solo a quello del comparto delle costruzioni. A questi numeri vanno aggiunti poi altri valori immateriali e intangibili che pure pesano in modo rilavante sull’intero mondo produttivo nazionale. Il cinema, come pure la televisione, concorrono in modo determinante alla crescita e allo sviluppo di tutto il cosiddetto sistema Paese nel modo in cui questo viene rappresentato, raccontato ed evidenziato in tutta la sua ricchezza e potenzialità. È stato fatto l’esempio di Matera che, non solo per la sua bellezza, ma anche grazie a quante immagini sono state prodotte sulla città e il suo territorio, ha contribuito a rafforzare, a far crescere e migliorare l’immagine dell’Italia nel mondo. Questi numeri, quelli che quantificano comunemente il “soft power”, appunto indiretti e trasversali, non possono essere racchiusi in dati o tabelle, ma appare fuori dubbio che partecipano fortemente a tutta la filiera produttiva nazionale.

CINEMA E TV, GIOVANI E DONNE
Altro dato interessante che merita attenzione è quello relativo alla composizione degli addetti: mediamente giovani e con una media di occupazione femminile superiore a quella nazionale. Esattamente, il 61% è nella fascia compresa tra i 30 e i 49 anni (a fronte della media nazionale del 59%) e il 39% è donna (contro il 36% di tutti gli altri settori comparati). Inoltre, sono significativi i dati sulle competenze specifiche occupate nel settore, dove si registrano oltre 26 figure professionali ad elevata specializzazione (ingegneri, architetti, consulenti legali, designer etc) per non dire della componente fondamentale legata alla creatività artistica, che pure sostiene buona parte del sistema.


CINEMA E TV, LUCI E OMBRE
Tutto questo mondo, questi numeri, questa “bellezza e ricchezza” come è stata definita dal Presidente dell’Anica, Francesco Rutelli, vanno poi comparati e riportati in altri due mondi complementari: quello legislativo-regolamentare, che ancora appare spesso lento e eccessivamente ingessato, e quello della competizione internazionale. Il rapporto del Centro Studi Confindustria, a questo proposito, fornisce un quadro complesso, dove il nostro Paese fatica a trovare una collocazione adeguata alle sue potenzialità.  Siamo al nono posto nella classifica del valore aggiunto del settore nei diversi paesi, dove si registra una flessione rispetto al decennio precedente mentre siamo 22esimo posto per quanto riguarda la comparazione del valore aggiunto rispetto alla popolazione (il regno Unito è in testa con 423 miliardi di dollari, mentre l’Italia è dopo la Spagna con 116).

Tutto il mondo del cinema, dell’audiovisivo e della televisione è al centro di mutazioni epocali dove ogni ritardo è colpevole. Adeguamento legislativo, supporti economici (che non siano le solite provvidenze assistenziali) e prodotti di qualità posso costituire i volani per lo sviluppo. Avversari e concorrenti agguerriti non lasciano scampo a titubanze e incertezze: il mercato non prevede pause.

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