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Costi della politica, rompere il duopolio Rai-Mediaset e liberalizzare le frequenze tv

di Filippo Cavazzuti* – Le licenze assegnate sottocosto e per via amministrativa a Rai e Mediaset, il canone Rai e i benefici pubblicitari accordati Publitalia distorcono il mercato e si configurano come veri e propri costi della politica – E’ tempo di liberalizzare le frequenze tv assegnandole per asta competitiva e destinando i ricavi alle casse pubbliche

Costi della politica, rompere il duopolio Rai-Mediaset e liberalizzare le frequenze tv

E se tra i costi della politica conteggiassimo anche il costo per la collettività derivante dal duopolio di ferro tra Rai e Mediaset ?
Si narra negli Usa che l’avvio della fortuna personale di Lyndon B. Johnson (36° Presidente Usa che succedette a J. F. Kennedy) sia dovuta all’ottenimento, per via amministrativa, di alcune licenze per l’utilizzo di radio frequenze. Ciò avvenne nel 1940 quando lo stesso L. B. J. era membro del congresso americano.
Si narra anche che, sempre negli Usa, il ricordo di ciò che ottenne il Presidente L.B. Johnson, fece si che a partire dagli anni ottanta si sia iniziato ad ipotizzare di assegnare le frequenze radio televisive non più tramite un processo amministrativo, bensì tramite un’asta competitiva non solo per sottrarre tale assegnazione al circuito politico amministrativo, ma anche per non incorrere nel rischio dell’ insorgenza di un potenziale conflitto di “gestione politica” nell’assegnazione delle licenze stesse.
In coerenza con tale dibattito, dal 1994 – dai tempi cioè del primo mandato dell’ amministrazione Clinton – la Federal Communications Commission (Fcc), istituita nel 1934 per incorporazione di altra autorità che allora assegnava le licenze, ha iniziato ad assegnare le licenze stesse tramite una complessa asta competitiva gestita in via telematica e con modalità tecniche tali da garantire il pluralismo degli operatori nei settori di riferimento; facendo per tale via beneficiare anche il Tesoro degli Usa che, secondo alcune stime ha incassato circa 14 miliardi di dollari.
E’ noto che in Italia le cose stanno diversamente: le licenze sono assegnate per via amministrativa; il canone della Rai – una volta spiegato come necessario per consentire il servizio pubblico – oggi a fronte alla evidente dissolvenza di ogni contenuto che accrediti il servizio pubblico e ai contenuti sostanzialmente simili nelle reti Rai e Mediaset, di fatto limita il ricorso alla pubblicità sulle reti nazionali per consentire una maggiore pubblicità alle reti Mediaset ( e a Publitalia in particolare). L’accordo politico a favore del duopolio Rai Mediaset può fare rientrare il canone Rai come un costo della politica per mantenere sia Rai che Mediaset? Il fatto che Rai e Mediaset paghino canoni non di mercato per la concessione data in via amministrativa può essere considerato anc h’esso un costo della politica ? L’idea originaria che entro il perimetro dato dalle frequenze assegnate in esclusiva a Rai e Mediaset non è forse miseramente fallito, mantenendo un monopolio che non fa crescere le new entry e nuova occupazione e non fa partecipare nessun altro soggetto al banchetto della pubblicità?
Si parla tanto di provvedimenti per il rilancio dell’economia, perché non cominciare ad imitare gli Usa con la completa liberalizzazione delle frequenze da assegnare (nessuno escluso) per via di aste competitive sottraendo tale assegnazione al circuito politico amministrativo? Circuito garantito dal fatto che i vertici della Agenzia per le comunicazioni, eletti dal parlamento, altro non sono che la lunga mano del sistema politico ? Si ridurrebbero i costi della politica e si darebbe un nuovo incentivo alla crescita economica.
In sintesi, invece di proporre la concorrenza all’interno del blocco che comprende Rai e Mediaset, lo stato regolatore dovrebbe portare la concorrenza fuori da questo perimetro consentendo ad altre new entry di partecipare al grande banchetto della pubblicità, di creare nuove imprese e di assumere giovani talenti.
Il ricavato delle aste concorrerebbe al riequilibrio della finanza pubblica, ma ,forse, lo stato regolatore è captive degli interessi del duopolio televisivo con conseguenti effetti di aumento dei costi della politica.
* Economista ed ex commissario Consob

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