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Coronavirus: i sindaci ripuliscono le città, ma dopo?

I sindaci di tutte le città italiane stanno realizzando interventi igienico-sanitari per disinfettare strade e trasporti ma il pregiudizio ostile a nuovi impianti per i rifiuti di alcune amministrazioni cova sotto la cenere – Cosa succederà dopo?

Coronavirus: i sindaci ripuliscono le città, ma dopo?

Sindaci ed amministratori locali impegnati a sanificare e ripulire città e strutture pubbliche. La sindaca di Roma Virginia Raggi che plaude a se stessa per gli interventi igienico-sanitari nella Capitale. Ma non è sola.

L’Italia della politica, in particolare quella della classe dirigente locale, si scuote dalla lentezza con cui sino ad oggi ha governato l’ambiente urbano. Non mettiamo tutti insieme, evidentemente, perché c’è chi ha saputo fare meglio degli altri. Ma è probabile, oltre che auspicabile, che l’epidemia di coronavirus porti ad un cambio di passo epocale. Ad una dirigenza politica non contraria ai valori dell’economia, degli investimenti, delle buone pratiche ambientali, del rispetto delle regole democratiche, nell’interesse generale. È l’economia circolare, l’affare del secolo, di cui tutti disputiamo, finché non scopriamo che dentro quelle élite che abbiamo scelto per governarci ci sono oppositori malcelati di un “inarrestabile progresso”. Teorici di una decrescita – infelice lo sanno anche loro senza ammetterlo – ritrattata ormai anche da chi l’ha divulgata.

Città con aria salubre e più pulite, dunque senza rifiuti. Raggi, De Magistris ed altri che in questi giorni sanificano le strade delle loro metropoli sono tra i sindaci che storcono il naso quando le emergenze reclamano impianti di trattamento e smaltimento, controllati e ben gestiti. Quando non tutto si riesce a fare con la raccolta differenziata. Quello che accade alla Camera in queste settimane è rivelatore di un Paese che non sa fare sintesi su temi universali. E già, perché i rifiuti si producono in tutto il mondo. 

In Parlamento si discute una proposta di legge di Forza Italia per dotare il Paese di nuovi impianti, vista l’insufficienza di quelli attuali. Una proposta che guarda prevalentemente al Centro e al Sud, dove si utilizzano ancora discariche o si portano i rifiuti all’estero. Il partito di Berlusconi interpreta una necessità diffusa, nota anche a sinistra, putroppo , dobbiamo dire, asimmetrica alle sue tante anime. E qual è la posizione dei Cinque Stelle, azionista di riferimento del Conte 2? Non se ne parla. La loro on. Paola Deiana  ha detto che la proposta forzista contiene criticità. Dove? Sull’articolo “Misure per la realizzazione di impianti per la gestione dei rifiuti”. Cioè sul principio essenziale di una svolta necessaria per non temere altre emergenze, risparmiare soldi pubblici sul lungo periodo.

La contrarietà di un partito al governo del Paese a nuove infrastrutture è palese, tanto quanto l’urgenza per la sindaca di Roma di ripulire la città in tempi di coronavirus. Un panorama guastato da dannosi pregiudizi che appanna quel cambio di passo auspicato, ma che non è ancora nelle gambe dei giocatori in campo. Di più, le aziende del settore hanno fatto notare al governo che i provvedimenti pubblicati dall’inizio dell’emergenza coronavirus non hanno nessun riferimento alle gestione rifiuti. Come si fa, allora,  a dare credibilità al piano green da sei mesi vantato da Conte, Costa e dai ministri di sinistra? Risposte che non possono venire da cittadini già impauriti dagli effetti di una angosciante epidemia, ma che devono arrivare per non eccedere nella retorica del Paese più solerte a gestire le emergenze. Provi la buona politica a garantire città pulite, senza rifiuti, ordinate. Gli italiani apprezzano anche stando chiusi in casa.

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