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Cina, boom delle esportazioni: +15,3% a maggio

Il gigante asiatico ha segnato un surplus della bilancia commerciale decisamente superiore alle attese di 18,7 miliardi di dollari – Rallenta però la produzione industriale (+9,6%) e le vendite al dettaglio (+13,8%) – Frenata anche per gli investimenti nelle zone urbane +20,1% – Inflazione al 3%, sotto il target del Governo.

Cina, boom delle esportazioni: +15,3% a maggio

Crescono le esportazioni cinesi a maggio a un ritmo più che doppio rispetto a quello stimato dagli analisti, mentre la produzione industriale e le vendite retail hanno disatteso le aspettative. I dati spiegano il taglio nel tasso di riferimento della Banca centrale di 25 punti base (prima volta in tre anni) che mira a contenere il rallentamento dell’economia interna. 

I dati della bilancia commerciale hanno infatti mostrato un surplus di 18,7 miliardi di dollari a maggio, contro i 18,4 miliardi del mese precedente e maggiore delle attese che prevedevano un calo del surplus a 16,15 miliardi. A sorprendere è stata la crescita dell’export del 15,3% a maggio (a/a), quando la media attesa era di un +7,1%. Le importazioni sono aumentate del 12,7% (tendenzialmente) contro una stima del +5,5%. 

La produzione industriale, invece, ha registrato, per il secondo mese consecutivo, una crescita inferiore al 10%. A maggio è cresciuta del 9,6%, su base tendenziale, quando gli analisti si attendevano un +9,9% dopo il +9,3% registrato ad aprile. Le vendite retail hanno segnato il minimo di almeno sei anni (senza effetto calendario): +13,8% annuo. Ad aprile le vendite al dettaglio erano aumentate del 14,1% e nel primo trimestre complessivamente del 14,8% del primo trimestre.

Crescono, ma al ritmo più basso dal 2001, gli investimenti nelle zone urbane della Cina, che contribuiscono a creare più della metà del Pil del Paese attraverso la costruzione di infrastrutture: nei primi cinque mesi dell’anno questi investimenti sono cresciuti del 20,1% (a/a), contro il +20,9% del primo trimestre. 

La crisi del debito europea non è ancora riuscita a infliggere un duro colpo al commercio globale: le maggiori esportazioni e importazioni del gigante asiatico confermano e danno supporto alla proposta del premier Wen Jiabao di adottare più stimoli per stimolare la domanda interna. Secondo la banca americana Hsbc, il governo potrebbe accelerare i tagli alle imposte e velocizzare la spesa in lavori pubblici per assicurare una crescita superiore all’8,5% nel secondo semestre. 

I dati macroeconomici infatti non sono del tutto incoraggianti. Il Pil cinese è aumentato dell’8,1% nel primo trimestre (a/a) ma, secondo JP Morgan, potrebbe rallentare a un +7,7% nei tre mesi che vanno da aprile a giugno. La banca d’affari americana ha stimato che in tutto il 2012 la Cina crescerà del +7,7%: sarebbe il livello più basso dal 1999. Eppure anche Wen Jiabao è stato abbastanza pessimista, dichiarando un obiettivo di crescita del 2012 del 7,5%. A maggio l’inflazione è scesa al 3%, il valore più basso da due anni, contro il 3,4% di aprile e sotto il target del Governo del 4%. 

A livello monetario, la massa M2, la più ampia misura di offerta di moneta, è aumentata del 12,9% mentre i nuovi prestiti in yuan hanno raggiunto i 700 miliardi (circa 110 miliardi di dollari), contro i 681,8 miliardi di aprile e i 551,6 miliardi di maggio 2011. 

Ma l’acquisto di petrolio ha raggiunto il record e l’import di materiale di ferro è stato il maggiore negli ultimi tre mesi: la Cina sta rallentando, ma ancora non si ferma. 

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