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Borse, tutte in rosso nel 2018 tranne Usa e Argentina

Nel 2018, tranne Wall Street, il Nasdaq e la Borsa di Buenos Aires, tutte le piazze azionarie del mondo sono in rosso – Piazza Affari, che perde l’11,27%, è tra le peggiori ma in tutta Europa e in Asia non c’è un solo listino azionario in territorio positivo – La caduta delle Borse anticiperà l’arrivo di una nuova recessione?

Borse, tutte in rosso nel 2018 tranne Usa e Argentina

Salvo imprevedibili impennate nell’ultimo mese dell’anno, quasi tutte le Borse chiuderanno il 2018 in rosso. Si salvano solo la Borsa americana (sia Wall Street che il Nasdaq) e quella di Buenos Aires, da sempre fortemente condizionata dalle fluttuazioni valutarie.

Alla fine di novembre il Toro impazza in tutte le Borse europee ed asiatiche. In Europa non c’è un solo listino azionario in territorio positivo, sia all’Ovest che all’Est. Nel Vecchio continente Piazza Affari è la Borsa peggiore con una perdita dell’11,2% del Ftse Mib e addirittura del 14,20% per l’indice Mid Cap. In Europa solo la Borsa polacca – se si esclude la piccola Borsa irlandese che sta perdendo l’11,57% – ha fatto peggio di Milano con un ribasso del 20,32% dall’inizio dell’anno. Tutte le altre piazze azionarie – da Londra a Francoforte, da Parigi a Zurigo e a Madrid – hanno performato meglio di Piazza Affari, pur restando per ora in territorio negativo.

Male anche l’Asia dove non si trova nemmeno una Borsa in attivo: quella giapponese perde relativamente poco dall’inizio dell’anno (-2.29%), mentre decisamente sotto sono tutte le piazze azionarie cinesi (Hong Kong inclusa) e del resto del Continente asiatico.

Malgrado l’arretramento delle ultime settimane restano invece in territorio positivo gli indici americani, oltre a quello argentino (+4%): nel 2018 il Dow Jones guadagna poco ma guadagna (+2,12%), lo S&P è sopra la parità dell’1,75% e meglio ancora fa il Nasdaq che, al netto dei tracolli degli ultimi giorni, guadagna ancora il 6,49%.

La caduta delle Borse, che molto risente della fine della politica espansiva della Fed ma soprattutto delle emergenze geopolitiche (a partire dalla guerra dei tassi tra Usa e Cina), avviene malgrado l’economia mondiale, pur rallentando, è ancora in crescita. Segnale ancor più preoccupante, che autorizza a pensare male e cioè a ritenere che ancora una volta le Borse anticipino l’andamento dell’economia reale, per la quale nessuno scommetterebbe che la recessione non sia dietro l’angolo.

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