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Azerbaijan: più delle tensioni russo-ucraine pesano le prospettive sul petrolio

Per il Paese asiatico gas e petrolio pesano sull’intero Pil per oltre il 40% e sul valore delle esportazioni per circa il 90% – Come variano i conti per un Paese come questo, in un periodo che vede quotidianamente ridursi il prezzo del barile?
L’Italia è il primo importatore dal Paese: ecco le possibili conseguenze.

Azerbaijan: più delle tensioni russo-ucraine pesano le prospettive sul petrolio

Intesa SanPaolo, per la firma del proprio economista della Direzione Studi e Ricerche Giancarlo Frigoli, ha pubblicato un interessante focus sull’ Azerbaijan. La pubblicazione illustra, in particolare, gli sviluppi del sistema economico del Paese nel periodo 2014, cercando di prevedere ciò che sarà il 2015.

Il contesto politico dell’Azerbaijan sembra abbastanza stabile. La Repubblica presidenziale è presieduta da  Ilham Aliyev (succeduto al padre), il quale ha ottenuto il terzo mandato durante le elezioni del 2010 con 73 seggi dei 125 dell’Assemblea Nazionale. Gli altri seggi sono andati a figure indipendenti e a partiti minori vicini comunque al Presidente. I due principali partiti di opposizione, Musavat e il Fronte del Popolo dell’Azerbaijan, non hanno ottenuto seggi.

Per quel che riguarda la politica estera, l’Azerbaijan mantiene buoni rapporti con la Russia e con i paesi occidentali, senza perseguire una integrazione con nessuno dei due blocchi. Unico fattore di rischio politico potrebbe derivare dall’assetto del Nagorno-Karabakh, una regione a maggioranza armena in territorio azero che si è proclamata indipendente nel 1992. La situazione di questa regione resta un motivo di tensione che potrebbe portare a un nuovo confronto armato tra Azerbaijan e Armenia, dopo quello che si è svolto tra il 1992 ed il 1994.

L’Azerbaijan con un Pil di 77 miliardi di dollari nel 2014, è la quinta economia del gruppo CSI (Comunità degli Stati Indipendenti). Come alcuni degli altri Paesi della CSI, dipende fortemente dall’attività di estrazione di idrocarburi. Gas e petrolio pesano sull’intero Pil per oltre il 40% e sul valore delle esportazioni per circa il 90%. Proprio nell’attività di estrazione vengono investiti circa l’80% degli Ide (Investimenti Diretti Esteri) provenienti dagli altri Paesi. Lo scorso anno, le tensioni regionali che hanno interessato, in particolare, Russia e Ucraina hanno pesato, anche se in maniera contenuta, sull’economia dell’Azerbaijan. Nei primi nove mesi del 2014 la crescita del Pil ha frenato, portando la variazione al 2,5% (anno/anno) rispetto al 5,4% registrato nello stesso periodo del 2013. Secondo alcune indicazioni preliminari filtrate dalla Presidenza della Repubblica, nel 2014 la crescita del Pil è stata pari al 3%. Ciò contrasta una precedente previsione di ottobre del Fmi (Fondo monetario Internazionale), che ipotizzava una crescita del 3,9%.

I dati aggregati mostrano una crescita dei consumi sostenuta dalla crescita dei salari reali e dai bassi tassi d’interesse, e una frenata degli investimenti la cui variazione permane comunque in territorio positivo. Tale frenata è in particolare dettata da due fattori: dalle tensioni geopolitiche che hanno interessato l’area e dal deterioramento delle prospettive per il mercato degli idrocarburi. Negli ultimi cinque anni, a causa dell’espansione della spesa, l’ampio surplus dello Stato si è azzerato. Nel 2014 il bilancio consolidato ha registrato un deficit complessivo pari al 2,9% del PIL, rispetto ad un surplus del 14,6% del PIL nel 2010.

Le già citate prospettive negative per il mercato degli idrocarburi hanno influito, assieme a problemi tecnici al principale pozzo del Paese (Azari-Chirag-Guneshli),sul lato delle estrazioni. Nel periodo gennaio-settembre 2014 l’attività di estrazione di idrocarburi ha registrato un calo del 2%, rispetto ad un aumento dell’1% nel 2013. In prospettiva, nel biennio 2015-2016 è attesa una nuova contrazione dell’attività di estrazione di idrocarburi. Continueranno a pesare la congiuntura negativa che il settore sta attraversando e gli interventi di manutenzione dei pozzi da parte di BP e della compagnia petrolifera nazionale SOCAR. Solo a partire dal 2018 l’attività di estrazione è vista in ripresa, grazie al completamento del progetto per lo sfruttamento delle riserve di gas denominato Shah Deniz-2, che prevede pure un nuovo gasdotto verso l’Europa.

La quasi totalità degli altri settori ruota intorno agli idrocarburi. Le imprese manifatturiere che possono trarre maggiori vantaggi dalle buone disponibilità minerarie sono quelle energy-intensive, come lavorazione metalli e petrolchimico che comunque hanno un peso contenuto (4,5% del Pil). Altre attività sono quelle inerenti diversi servizi (trasporto, manutenzione, esplorazione etc.) e investimenti in infrastrutture (collegamenti stradali e aerei, oleodotti e gasdotti). La ricchezza derivante dalla vendita di idrocarburi ha inoltre favorito lo sviluppo immobiliare (le costruzioni sono la seconda industria del Paese, con un peso pari al 12,6% del PIL nel 2013).

La bilancia dei pagamenti dell’Azerbaijan presenta un ampio sulplus corrente determinato interamente nella parte commerciale; i conti servizi e redditi registrano invece consistenti disavanzi. Guardando la politica monetaria, nel corso del 2014 la frenata dell’inflazione (il tasso tendenziale è sceso all’1,5% a settembre dal 2,4% a dicembre 2013) e il rallentamento dell’economia hanno indotto la Banca centrale a tagliare a più riprese il tasso di riferimento, sceso all’attuale 3%, dal 4,74% ad inizio 2014. I tassi reali positivi e le più incerte prospettive dell’economia fanno ritenere probabili nuove azioni di allentamento nei prossimi mesi. Da novembre 2010, il rapporto di cambio è di fatto fermo a 0,78 AZN : 1 USD. Anche di recente l’Autorità monetaria è intervenuta per contrastare l’apprezzamento della valuta.

L’Azerbaijan è all’80° posto su 189 Paesi nella classifiche 2015 della Banca Mondiale riguardo le condizioni per gli affari, a causa principalmente di una governance particolarmente carente. Tra i Paesi CSI presenta invece le migliori condizioni di competitività in base all’indice del World Economic Forum per il periodo 2014-2015. Oltre il confronto relativo nell’area CSI, a pesare negativamente nella costruzione di quest’ultimo indice sono: carenza di infrastrutture; scarsa offerta di lavoro istruita; e basso grado di sviluppo finanziario.

Il rating del debito sovrano in valuta dell’Azerbaijan è considerato investment grade dalle principali agenzie di rating (BBB- per S&P e Fitch; Baa3 per Moody’s). Questa valutazione è sostenuta dalle consistenti riserve di idrocarburi (in particolare i giacimenti di gas, ancora lontani dall’essere sfruttati pienamente), dal contenuto debito pubblico ed estero e dall’elevata copertura del fabbisogno finanziario esterno e del debito estero. 

L’eccessiva dipendenza dell’economia dagli idrocarburi costituisce il principale fattore di vulnerabilità. Il FMI ha stimato che una discesa del prezzo del petrolio pari al 20% toglie, ceteris paribus, quasi 1 pp. (punto percentuale) alla crescita il primo anno. L’Azerbaijan, grazie alle risorse finanziarie accantonate, ha margini di manovra abbastanza ampi per attivare politiche a sostegno della domanda dirette a compensare gli effetti negativi dello shock petrolifero. I riflessi delle tensioni geopolitiche nell’area CIS sull’economia dell’Azerbaijan sono invece contenuti, considerando che quest’area ha un’incidenza pari a poco più del 10% nel commercio del Paese (6% delle esportazioni, 4% con la sola Russia, e 24% delle importazioni nel 2013). I principali mercati di esportazione sono, nell’ordine, l’Italia (20%), il Regno Unito (10,5%) e la Turchia (6,5%).

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