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A Milano l’Area C ha i suoi difetti ma sta cambiando il modo di usare l’auto

Gli effetti sul traffico e sull’inquinamento dell’esperimento milanese: meno code, meno parxcheggi in doppia e tripla fila, meno ansia per gli autobus – E’ presto per tirare i bilanci, ma i cambiamenti si vedono già – Le diffrenze tra le scelte della Moratti e di Pisapia

A Milano l’Area C ha i suoi difetti ma sta cambiando il modo di usare l’auto

Area C è un provvedimento impopolare; ingiusto soprattutto nei confronti dei residenti, costretti a pagare per uscire di casa o per tornarvi; inefficace poiché dopo un paio di settimane di applicazione la qualità dell’aria non è migliorata.

Area C è un successo: dai dati della prima settimana di limitazione pare (i forse sono d’obbligo: ci torneremo su…) che un milanese su quattro abbia scelto di rinunciare all’auto, quasi sempre previlegiando i mezzi pubblici.

Fermiamoci qui: le due affermazioni, perfettamente antitetiche, servivano per sintetizzare le due correnti di pensiero che accompagnano i commenti sul provvedimento introdotto dal 16 gennaio a Milano. Scopo dichiarato: limitare drasticamente il traffico all’interno della cerchia cosiddetta dei bastioni. Scopo raggiunto, almeno per ora.

Terreno impervio: qualsiasi interpretazione, commento, rischia di tenere conto di alcuni fattori e non di altri. E poi si fonda su dati che brillano per la loro inaffidabilità, tenendo anch’essi conto soltanto di alcuni facce del problema. Per non dire che sono spesso tagliati per favorire un risultato piuttosto che quello opposto.

L’inquinamento, per esempio. Il Pm10, a quanto risulta dalle centraline disseminate per Milano, non è calato. Ma lo è il famigerato Carbon Black, che delle polveri sottili è forse il componente più terribile per i nostri bronchi. Quindi come leggere questo aspetto del problema? Certamente non in modo negativo. Il fatto che il Pm10 non cresca, dopo giornate senza una goccia dal cielo per settimane, con l’incredibile alta pressione e la scarsa ventilazione che ha accompagnato questo gennaio più simile a un medio autunno, che a un inverno pieno, è già un successo. E stendiamo un velo pietoso su chi, per difendere Area C, si è esposto a dire che il provvedimento è comunque pensato per ridurre il traffico, non l’inquinamento. Come se non fossero, almeno in parte, il primo causa del secondo.

E soprattutto: la qualità della vita, all’interno della famosa Area C, è migliorata. Meno auto, meno code, meno parcheggi in doppia e tripla fila. Meno ansia per gli autobus che ora transitano a velocità maggiore, con autisti che confessano come, a volte, si trovino a dovere rallentare per rispettare le tabelle di marcia. Questi, a parere di chi scrive, sono dati da paese civile. Da paese moderno. E non è vero (riassunto da cronaca cittadina dei quotidiani) che vicino ai varchi di Area C il traffico è diventato insostenibile. Idem per la sosta selvaggia, tenuta a bada da pattuglie di vigili massacratori in fatto di multe, come forse sarebbe meglio se accadesse anche nella Milano meno vicina al Duomo.

Obiezione: i negozianti di Area C lamentano cali drastici del loro commercio. Dal 30 al 70 per cento, dicono. Tanto che a breve saranno costretti a licenziare, a restituire licenze al Comune, a dichiarare fallimento. Il che, se sarà vero, sarà un dramma. Per i negozianti, senza dubbio. Ma soprattutto perché mostrerà che in una grande città come Milano è il rapporto fra il cittadino, a essere sbagliato.

Ed eccoci finalmente a quello che vorrebbe essere il cuore di questo articolo. Chi ha detto, infatti, che l’italiano non può rinunciare all’auto, o quantomeno contingentarne l’uso all’interno dei centri cittadini? Chi ha detto che con questo oggetto stupendo, simbolo di grande libertà e (perché no?) anche di piacere personale, è obbligatorio dovere/potere arrivare dappertutto: anche a un metro da un negozio, da un cinema, da una chiesa? E magari parcheggiando gratis.

Certo: tutto sarebbe più facile se i centri cittadini italiani fossero organizzati con scelte più avvedute. Parcheggi disponibili a costi logici, trasporti pubblici capillari, efficienti magari anche di sera tardi: roba che da noi nessuna amministrazione ha curato per mezzo secolo, come se la moltiplicazione delle auto in Italia non fosse esistita, o fosse impossibile da prevedere. Il bike sharing esiste ed è in via di potenziamento; ma il numero e soprattutto la conformazione delle piste ciclabili sono tali da rendere un attraversamento di Milano in bici un vero rischio.

Però Area C rappresenta un passo avanti anche in questa direzione: l’Ecopass della Moratti diceva sostanzialmente, Se paghi, inquina quanto vuoi. Con la restrizione di Pisapia, se guidi un diesel Euro 3 o minore, non entri anche se sei passato alla cassa. Se sei al volante di un’auto a Gpl, o a metano, sei libero.E le eccezioni al ticket da pagare, pur poco controllabili come sempre accade da noi, sono almeno un po’ più contingentate. Restano favoritismi che fanno storcere il naso a chi al ticket, o all’autobus, non può proprio sfuggire. E si può fare molto meglio anche su altri fronti.

Ma qualcosa è accaduto. I cambiamenti iniziano dal primo passo, come tutti i processi. Questo, sembrerebbe, i milanesi hanno iniziato a capirlo. Ne riparleremo fra qualche settimana.

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