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Vino, con il Covid aumentano gli appassionati: 9 su 10 lo bevono. Sempre più numerosi i giovani responsabili

La passione degli italiani per il vino rimane elevata, ancora più alta rispetto al pre-Covid. Piacciono sempre più gli spritz e si apprezzano gli spumanti

Vino, con il Covid aumentano gli appassionati: 9 su 10 lo bevono. Sempre più numerosi i giovani responsabili

La pandemia da Covid-19 non ha scalfito il mercato del vino. Nell’ultimo anno l’89% degli italiani ha infatti bevuto vino – dato in crescita rispetto al 2019 – per effetto soprattutto di un’impennata dei giovani consumatori, protagonisti di un approccio più moderato e consapevole. Lo dice l’ultima indagine “Gli italiani e il vino”, proposta dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monito che ha voluto confrontare il rapporto tra gli italiani e il vino con un sondaggio molto simile a quello realizzato nel 2019 in occasione della kermesse nazionale Vinitaly.

Dal sondaggio emerge un quadro di immutata passione verso “il nettare degli dei” a cui si aggiunge una accresciuta curiosità da parte dei giovani. Rispetto all’anno pre-Covid i consumatori di vino appartenenti alla Generazione Z e Millennials (18-41 anni) sono considerevolmente aumentati sul piano numerico (dall’84% al 90%) ma non sulle quantità, mentre rimane invariata l’incidenza dei consumatori della Generazione X (circa l’89% tra i 42-57 anni) e si abbassa la quota dei Baby Boomers (over 57 anni), che perdono il primato della numerosità (non della frequenza al consumo) passando dal 93% al 90%.

Covid e vino: quando quantità non fa rima con qualità

Secondo l’indagine di Nomisma, il trend di crescita più marcato riguarda i consumi di vini mixati – principalmente gli spritz – che incontrano una penetrazione del 63% della platea (contro il 56% del 2019). Incrementano bene anche tutte le altre tipologie, con gli spumanti, i rossi e i bianchi, tutti all’81% (erano al 77% tre anni fa) e i rosati al 63% (contro il 57% nel 2019). Ma numerosità non fa sempre rima con quantità: lo spumante, i rosati e lo spritz sono infatti oggetto di consumi saltuari, in particolare da parte degli under 40, con una quota di chi li beve settimanalmente sotto il 20%. Diverso l’approccio sul vino rosso, che rimane al primo posto degli abitudinari con circa il 60% dei Baby Boomers che lo consuma 2-3 volte a settimana e addirittura 1 su 3 tutti i giorni.

Per il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini “La crescita dei vini premium in Gdo, a partire dagli spumanti, è un’eredità che il Covid ci lascia e che, unita alla ripresa dei consumi fuori-casa, può condurre a un incremento nel valore di mercato del vino consumato in Italia, oggi pari a 13,8 miliardi di euro, il 7% in meno di quanto raggiunto nel 2019”.

Rivoluzione green: i vini biologici superano gli autoctoni

In crescita anche il trend dei vini biologici, biodinamici, vegani e naturali che conquistano il primo posto nelle scelte dei consumatori italiani. Con il 27% delle preferenze, ai danni dei vitigni autoctoni che, in 3 anni, passano dal 28% al 22%. Una rivoluzione green trainata dai Millennials (27-41 anni) la cui quota sale a oltre il 32%, mentre gli autoctoni scendono al 18%. In particolare, secondo l’indagine dell’Osservatorio realizzata su un campione rappresentativo a livello nazionale, è forte la motivazione sui vini sostenibili, con i consumatori disposti a spendere in media quasi il 10% in più pur di sposare la scelta etica.

Consumi responsabili non solo in ottica ambientale: in relazione alla moderazione dei consumi, ancora una volta si distinguono i giovani, a riprova che “per divertirsi” non serve per forza il vino e preferiscono soffermarsi alla qualità più che alla quantità. In media, infatti, negli ultimi 12 mesi gli italiani hanno consumato 4,1 bicchieri pro-capite alla settimana (erano 3,8% nel 2019), con i Millennials che si fermano a quota 3,5 e i Baby Boomers (over 57 anni) che invece si confermano i più assidui. Ma le differenze rispetto al periodo pre-pandemico non finiscono qui. Se la regionalità (Veneto, Toscana, Piemonte in testa, ma anche Puglia e Sicilia) rimane un punto fermo tra le preferenze future dei consumatori, cresce la tendenza legata ai vini facili da bere, leggeri, a bassa gradazione oppure low and no alcol. Relativamente a questi ultimi, 2 intervistati su 3 non escludono di provarli in futuro, dato che sale quasi al 75% per le donne.

Per la maggior parte degli italiani un consumo moderato non nuoce alla salute

Un altro aspetto importante che emerge dall’indagine è che per gli italiani, un consumo moderato di vino, abbinato a uno stile di vita sano, non nuoce alla salute. La tesi, a dibattito in corso sulle politiche dell’Ue (e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) è condivisa dalla stragrande maggioranza degli italiani, con solo il 5% che non si trova d’accordo con tale affermazione.

Inoltre, solamente 1 consumatore su 10 (circa il 13%) sa cos’è il Nutriscore, il nuovo sistema di etichettatura a semaforo al centro del dibattito europeo. Secondo l’indagine, anche l’ipotesi di aumentare le tasse sugli alcolici – anche sul vino – auspicata dal Parlamento europeo, trova d’accordo solo il 27% dei consumatori contro il 53% che ne contesta l’eventuale messa in atto. Nel suo complesso, su una scala di valori da 1 a 5, alle accise sul vino gli italiani attribuiscono un punteggio di 2,46 mentre condividono l’ipotesi di inserire in etichetta messaggi che invitano al consumo responsabile (4,04). Il punteggio più alto riguarda l’affermazione che il consumo moderato di vino nell’ambito di uno stile di vita sano non faccia male alla salute (4,18), seguita dal vino associato alla dieta mediterranea (3,81).

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