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Venezuela, i creditori sequestrano il petrolio

I sequestri dei creditori mettono sempre più in crisi il petrolio del Venezuela che ha perso il controllo di impianti importantissimi nei Caraibi e che rischia di dover ridurre l’export di 500 mila barili al giorno, con effetti sul mercato e sui prezzi maggiori di quelli derivanti dall’Iran

Venezuela, i creditori sequestrano il petrolio

Il mercato petrolifero internazionale rischia di perdere in tempi brevi almeno 500 mila barili al giorno per l’inasprirsi della crisi del Venezuela, che ha ormai perso l’accesso agli impianti della sua compagnia Pdvsa nelle ex Antille Olandesi.  I creditori hanno pignorato i suoi terminal nei Caraibi per la lavorazione, lo stoccaggio e l’esportazione di greggio che rischia di ridursi ancora di più dopo aver già perso 900 mila barili al giorno in un pochi anni.

In sostanza, per il mercato petrolifero internazionale la crisi del Venezuela può diventare più grave di quella dell’Iran.

Nei giorni scorsi, come scrive Il Sole 24 Ore, la compagnia americana ConocoPhillips, dopo aver vinto un arbitrato internazionale che le riconosce 2 miliardi di dollari di indennizzo per gli espropri di 11 anni fa, ha già assunto il controllo degli impianti Pdvsa sull’isola di Bonaire e sta cercando di riconquistare gli asset di Curacao, Arubas e Saint Eustatius.

Sul piede di guerra anche la compagnia mineraria canadese Rusoro che sta cercando di recuperare indennizzi da 1,3 miliardi di dollari e ha chiesto di potersi rivalere su Citgo Petroleum, sussidiaria di Pdvsa negli Usa.

La mossa di Conoco sugli impianti venezuelani nei Caraibi ha già scatenato un effetto domino che può avere a breve ripercussioni devastanti sul Venezuela, duramente provato dalla dittatura del presidente Maduro e ormai allo stremo delle sue forze, e che sono destinate a pesare fortemente sul mercato petrolifero e sui suoi prezzi, già spinti all’insù dalla crisi iraniana.

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