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Turismo, sprint Lombardia: “Non solo Expo, più stranieri grazie agli investimenti”

Presentata a Cernobbio l’indagine sul turismo in Lombardia di Intesa Sanpaolo – De Felice: “La differenza l’hanno fatta gli investimenti: fatturato e redditività maggiori per chi ha investito” – Barrese: “Intesa Sanpaolo è pronta a sostenere imprese e territori”

Turismo, sprint Lombardia: “Non solo Expo, più stranieri grazie agli investimenti”

“Chi ha investito ha fatto risultati migliori in termini di occupazione delle camere e ha avuto un fatturato e una redditività maggiori”. La chiave del turismo è nelle parole di Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, nel corso della presentazione dell’indagine sul turismo in Lombardia, che ormai costituisce quasi il 10% di quello nazionale: investimenti. “Milano e la Lombardia – spiega De Felice – hanno usufruito dell’effetto Expo soprattutto sull’internazionalizzazione dei visitatori, che nel periodo 2008-2016 sono aumentati del 50%, a velocità doppia rispetto al Paese dove sono cresciuti del 23,6%. Ma la differenza l’hanno fatto soprattutto gli investimenti”.

Dall’indagine condotta da Intesa Sanpaolo emerge che in Lombardia quasi nove strutture ricettive su 10 hanno effettuato investimenti nel triennio 2015-17 e che il 70% del totale ha già detto che ne farà anche nel prossimo triennio (il 5% non ne farà e una su quattro invece ancora non sa). L’investimento per migliorare la competitività, in particolare attraverso la riqualificazione delle camere (in tre casi su quattro l’investimento è stato destinato a questo), è stato ritenuto primario dal 55% degli albergatori, soprattutto da quelli a 4 e 5 stelle e soprattutto da quelli di grandi dimensioni, che infatti hanno registrato un tasso di occupazione delle camere più alto e migliori risultati economici.

Le attese di fatturato sul triennio 2018-20, secondo l’indagine di Intesa Sanpaolo, rilevano infatti che quasi la totalità degli alberghi con più di 100 camere vedrà aumentare il proprio fatturato, mentre solo il 62,5% di quelli tra 41 e 100 camere e il 52% di quelli tra 21 e 40 camere. Ma soprattutto la crescita è legata alla dimensione dell’investimento: le strutture che hanno fatto investimenti “elevati” negli ultimi tre anni saranno in crescita nell’80% dei casi, di cui il 22% in “forte crescita”, che diventa 7,7% tra quelle che hanno fatto investimenti “moderati” e 0% tra chi non ha proprio investito.

“Gli investimenti – ha anche detto De Felice – stanno anche consentendo di diversificare e destagionalizzare l’offerta turistica, che è ancora troppo legata alla stagione”. Se è infatti vero che Milano e la Lombardia registrano risultati eccellenti pur senza contare sul turismo marittimo, che rimane quello principale nel Paese, è altresì vero che solo il 14,3% degli alberghi, di qualsiasi stellaggio, dichiara di avere un tasso di occupazione delle camere alto anche nella bassa stagione. Non stupisce pertanto che tre investimenti su quattro siano sì legati alla riqualificazione delle camere, come detto, ma che ci sia anche un 27,1% che ha investito in un centro wellness o beauty farm, un 25% in ristorazione, un 20% in piscina e servizi sportivi. “Più che di turismo dovremmo parlare di turismi – spiega De Felice -: i turismi enogastronomico, termale, religioso, congressuale consentono di superare la stagionalità turistica”.

Gli alberghi di più alto livello sono dunque quelli più attraenti per la clientela straniera, che guarda più alla qualità che al low cost (sui prezzi ormai lavorano solo gli hotel a 1 o 2 stelle), e questo spiega perché la crescita è stata così forte proprio in Lombardia. L’internazionalizzazione è un tema non indifferente: “Il turismo è un settore destinato a crescere per i prossimi vent’anni in tutto il mondo – ha affermato il chief economist di Intesa Sanpaolo -: i dati diffusi dall’UNTWO, l’Agenzia della Nazioni Unite per il turismo, hanno rivelato che da qui al 2030 gli arrivi turistici internazionali cresceranno del 3,3% anno dopo anno, arrivano a 1,8 miliardi dal miliardo circa di adesso”.

Ma siccome in tutte le indagini non possono mancare le criticità, Intesa Sanpaolo ne ha individuate due. E a sorpresa nessuna delle due riguarda la tasse e nemmeno, o solo in parte minoritaria, l’assenza di contributi pubblici: “A frenare le imprese turistiche è proprio chi dovrebbe per primo sostenerle, e cioè lo Stato attraverso la burocrazia: avviene nel 50% dei casi”. Il 40,5% degli albergatori ha invece espresso preoccupazione per il contesto economico avverso e solo il 29% per l’assenza dell’aiuto statale. Oltre alla burocrazia, a preoccupare è anche Internet. Anzi, non la rete in sé che invece viene vista come un’opportunità da nove imprese su dieci, ma le OTA, le agenzie di viaggio online (Booking, per intenderci): tre intervistati su dieci le ritengono ininfluenti o persino dannose, e un intervistato su quattro non è ancora riuscito a inquadrarle (ha risposto “Non so”).

Il responsabile della Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, Stefano Barrese, ha invece spiegato perchè Intesa Sanpaolo ha curato questa indagine: “La nostra banca ha un ruolo cruciale nello sviluppo dell’economia del Paese e si propone di fare banca in modo innovativo individuando i settori trainanti e ad alto potenziale, come appunto il turismo. Siamo attrezzati per rispondere in modo completo e integrato ai nuovi bisogni che provengono dalle imprese e confermiamo ogni giorno il sostegno dei territori come elemento fondante della nostra cultura. I nostri risultati scaturiscono dall’insieme di questi fattori, oltre che dalla capacità di costruire relazioni di lungo termine con i nostri interlocutori basate sulla competenza e sulla fiducia e quindi in grado di generare un impatto positivo sull’economia reale”. Del resto il 14,3% delle strutture intervistate ha anche bisogno di ristrutturare il proprio debito (il 27% tra gli hotel a 1 o 2 stelle) e il 68% intende farlo attraverso un prestito bancario a medio-lungo termine.

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