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Tra bolle speculative e declassamenti: quale strada per l’export del Made in Italy?

A poche settimane dallo scoppio della terza bolla speculativa asiatica, l’Ufficio Studi Economici della SACE affronta il tema dell’affidabilità dei mercati e stila un elenco di Paesi dove le esportazioni nazionali sono passibili di più o meno rischi. Sorpresa! La Cina non è fra questi. Bollino rosso per Brasile e Argentina e crescita per Egitto e Indonesia.

Tra bolle speculative e declassamenti: quale strada per l’export del Made in Italy?

A poche settimane dallo scoppio della terza bolla speculativa asiatica, l’Ufficio Studi Economici della SACE – l’Export Credit Agency italiana – affronta con efficace sintesi il tema cardine dell’affidabilità dei mercati (allegato). Se difatti una lezione si ripresenta puntuale agli occhi degli esportatori ogniqualvolta si assiste a fenomeni di tale portata come la bolla finanziaria cinese, è che la globalizzazione è ormai un irreversibile processo di interdipendenza economica e finanziaria da cui nessuno può considerarsi escluso.

L’Ufficio Studi Economici SACE, attraverso la raccolta delle principali variabili economiche in tema di scambi commerciali (rischio paese, debito estero, riserve valutarie, ecc.), stila un elenco di Paesi dove le nostre esportazioni nazionali sono passibili di meno o più rischi e – a sorpresa – la Cina non è fra questi ultimi. Nonostante gli avvenimenti degli ultimi mesi – riassumibili in una spirale di investimenti a carattere speculativo contratti su sé stessi e non privi di avvertimenti («i capitali finanziari avevano già cominciato a prendere il largo mesi fa con i 400 miliardi di USD fuoriusciti dalla Cina nella prima metà dell’anno») -, la Cina è ancora un obiettivo perseguibile e da perseguire per lo sviluppo del business italiano (pur richiamando a sé il solo 2,6% delle esportazioni nostrane) e senza particolari dissuasioni da parte dello stesso Ufficio Studi trattandosi difatti di una realtà con un debito estero limitato e abbondanti riserve in valuta che la rendono poco vulnerabile a shock esterni.

Come la Repubblica Popolare, anche l’Arabia Saudita, gli Emirati, l’Algeria, la Polonia e l’India sono considerati scenari a bassa vulnerabilità dove indirizzare le esportazioni nazionali. Le prime tre spiccano per abbondanza di riserve valutarie che, in particolare, ad Arabia ed EAU permetteno di superare la fase economica attuale caratterizzata dal calo del prezzo delle commodities; Polonia e India, invece, rendono il Made in Italy competitivo rispetto alle produzioni locali grazie all’apprezzamento delle rispettive valute.

A metà strada fra i Paesi ad alto e a basso rischio di vulnerabilità troviamo Egitto, Indonesia, Messico, Cile, Colombia, Malesia, Nigeria, Sud Corea e Tailandia. Per i primi due, in particolare, la classificazione tra le economie a medio rischio è dovuta alla scarsità di riserve estere ma per entrambi le prospettive di crescita sono positive: +5,2% per l’Indonesia e +4% per l’Egitto (IMF, World Economic Outlook 2015).   

Nella griglia dei Paesi più vulnerabili in caso di shock economici troviamo il Sudafrica, la Turchia e i primi due membri dei BRIC, il Brasile e la Russia che vivono scenari opposti a quelli di India e Cina. Difatti, laddove le economie asiatiche riescono a fare gioco-forza di un debito estero saldo e tassi di cambio favorevoli alle esportazioni europee, la Federazione Russa affronta prospettive di crescita ancora molto fragili e il deprezzamento del rublo verificatosi tra il 2014 e il 2015 non è motivo di incentivo alle esportazioni verso il Paese. Il Brasile poi, da parte sua, sta vivendo un momento di fragilità economica non trascurabile; il real lo scorso 10 settembre è arrivato a cedere quasi il 3% del suo valore sul dollaro, il PIL del Paese è previsto in decrescita dell’1% e di recente la S&P ha declassato il debito nazionale a livello BB+. Ma il Brasile non è l’unica realtà del continente latino-americano a presentare un alto rischio di vulnerabilità: anche l’Argentina è tra le economie etichettate con il bollino rosso e apparentemente paradossale è la situazione in cui verte il Paese“il basso valore del debito estero è frutto dell’impossibilità per il Paese di accedere ai mercati internazionali a causa del default dello scorso anno”.

I Signori esportatori sono avvisati.


Allegati: focus-on—quant-39-�-profonda-la-tana-del-bianconiglio (1).pdf

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