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Torrone di Caltanissetta: un condensato di sapori del centro della Sicilia da gustare tutto l’anno

Da tempi remoti, mandorle e pistacchi sposati con il miele sono i soli tre ingredienti di un dolce caratteristico delle aree centrali della Sicilia. Lungo processo di preparazione: otto ore di cottura del miele e solo dopo l’aggiunta della frutta secca. Non si gusta solo a Natale ma è in uso tutto l’anno

Torrone di Caltanissetta: un condensato di sapori del centro della Sicilia da gustare tutto l’anno

Sin dall’antichità, nei territori interni al centro Sicilia, è stata tradizione coltivare il mandorlo (Prunus dulcis) e il pistacchio (Pistacia vera), i cui campi assumevano nel dialetto una curiosa denominazione, fastucchere, dalla parola fastuca che deriva, secondo un’ipotesi linguistica dall’arabo. L’origine del torrone siciliano, infatti, verrebbe fatta risalire alla cultura araba. Il suo nome primitivo era, cubbaita derivante dalla parola di origine araba qubbaita.

Mandorle e pistacchi sposati con il miele sono i soli tre ingredienti

Da tempi remoti, mandorle e pistacchi sposati con il miele sono i soli tre ingredienti di un dolce caratteristico delle aree centrali della Sicilia che ha una antica tradizione: il Torrone di Caltanissetta. Tre ingredienti sono più che sufficienti a conquistare il palato dei golosi. Non solo questo torrone non lega il suo momento di massimo splendore alle feste natalizie, come avviene per la maggior parte dei torroni. No, a Caltanissetta è in vendita e viene consumato durante tutto l’arco dell’anno. Ciononostante, si è sentito la necessità di proteggerne la storia e assicurarne il futuro, ed per questo che il tipico dolce nisseno è entrato a far parte dei presidi Slow Food.

La prima particolarità del torrone di Caltanissetta riguarda la ricetta: «Tutti e tre i prodotti utilizzati, mandorle, miele e pistacchi sono caratteristici del nostro territorio» spiega Stefania Fontanazza, referente Slow Food del neonato Presidio. «Il mandorlo e il pistacchio sono due coltivazioni piuttosto diffuse: se il primo, negli ultimi anni, ha vissuto un periodo di crescita in termini di ettari, del secondo non c’è soltanto quello famosissimo di Bronte. Più vicino a noi c’è infatti quello di Raffadali, in provincia di Agrigento». E poi c’è il miele, «un millefiori con una percentuale significativa di sulla e achillea, due essenze della nostra zona». Niente zucchero aggiunto, zero albumi, nessun conservante: miele, mandorle e pistacchi – rigorosamente siciliani, come stabilito dal disciplinare di produzione adottato dai quattro produttori che aderiscono al Presidio Slow Food – sono più che sufficienti.

Lungo processo di preparazione: otto ore di cottura del miele e solo dopo l’aggiunta della frutta secca

L’altra caratteristica che distingue il torrone di Caltanissetta da molti altri è il processo di preparazione: «Un procedimento lungo, più che complicato – aggiunge Claudio Nitro, il referente dei produttori – che abbiamo volutamente mantenuto identico a quello di oltre un secolo fa. Il miele viene fatto cuocere a fuoco bassissimo per almeno otto ore nella cosiddetta quadara, cioè un grande calderone di rame. Poi, quando il miele entra in cottura e l’umidità del miele è evaporata, incorporiamo mandorle e pistacchi in precedenza leggermente tostati». Il segreto della preparazione? L’esperienza, che consente agli artigiani torronai di capire, soltanto guardandolo, il momento in cui il miele entra in cottura, quello cioè in cui va aggiunta la frutta secca.

Poi, prosegue Nitro, «l’impasto, chiamato massa, viene posto in telai di legno e in un secondo momento, prima che si raffreddi completamente, tagliato nelle caratteristiche stecche». Un lavoro che richiede pazienza, cura e notevoli abilità, per far sì che l’impasto non si attacchi al mattarello e che il torrone non si spezzi al momento di tagliarlo nelle pezzature desiderate.

Il presidio Slow Food: dal torrone per sviluppare una filiera di coltivatori, artigiani e trasformatori

Per assicurare un futuro al torrone di Caltanissetta, la cui storia lunga oltre un secolo e mezzo rischia di interrompersi a causa della diffusione di prodotti ottenuti in modo industriale, non è però sufficiente che ci siano maestri torronai in grado di tramandare la ricetta: occorre che si sviluppi una filiera che coinvolga apicoltori, coltivatori, artigiani e trasformatori. «La nostra volontà – conclude Fontanazza – è creare un gruppo di fornitori di materie prime garantito e stimolato a dar seguito a una produzione con determinati standard di qualità. Per farlo, dobbiamo far conoscere il torrone nisseno e la sua autentica ricetta». E questo è l’obiettivo dei Presìdi Slow Food. 

Il torrone di Caltanissetta è entrato a far parte della progettualità del Primo parco mondiale dello stile di vita mediterraneo, entrando così all’interno del paniere della dieta mediterranea; cosa questa che determinerà per l’intera filiera produttiva un prevedibile notevole sviluppo economico, grazie anche al suo riconoscimento come Presidio Slow Food a vantaggio del territorio.

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