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Tangentopoli 20 anni dopo: ora i bilanci. Sbagliato affidare una rivoluzione politica ai giudici

C’è chi dice che Mani Pulite fu un’operazione inutile o addirittura sbagliata – In realtà Mario Chiesa si doveva certamente arrestare, ma fu un errore immaginare la rivoluzione per via giudiziaria, colpendo gli effetti anziché le cause della patologia italiana: si preferì affidare un cambiamento politico ai giudici, ma non era questa la strada giusta

Tangentopoli 20 anni dopo: ora i bilanci. Sbagliato affidare una rivoluzione politica ai giudici

Dopo vent’anni dall’avvio della grande inchiesta milanese di Mani Pulite, in Italia continua a dilagare la corruzione; la politica è cambiata, ma in peggio; la Pubblica Amministrazione, Giustizia compresa, è più costosa e meno efficiente di prima. Le grandi speranze di rigenerazione del Paese, suscitate da Borrelli, Di Pietro e gli altri, sono svanite come nebbia al sole, e tutte le spettacolari inchieste ed i processi in TV ai politici di primo piano sono state inutili. Sembra proprio di sì. Intendiamoci, non che non si dovesse arrestrare Mario Chiesa, il “mariuolo” colto con le mani nel sacco, o mettere a nudo la madre di tutte le tangenti e cioè quella che riguardava Gardini e la Montedison, ma l’errore è stato quello di fare la rivoluzione per via giudiziaria, quello di far credere che i magistrati avevano non solo il compito di applicare le leggi, ma quello di cambiare gli italiani, di farli diventare cittadini esemplari, di tirarli fuori dal sistema peccaminoso nel quale erano costretti a vivere, per condurli sulla retta via.

E’ stato un grosso sbaglio, o meglio un abbaglio collettivo, pensare che un cambiamento politico potesse essere affidato ai giudici (peraltro promuovendo i Pubblici Ministeri a magistrati giudicanti) senza una reale maturazione politica alle spalle, e prima ancora senza una analisi approfondita delle vere cause della corruzione e della complessiva degenerazione della vita economica e civile degli italiani.

L’inchiesta giudiziaria ha ingenerato nei giornali e nella pubblica opinione la convinzione che bastasse modicare alcune leggi, inasprire le pene, magari dare alla magistratura contabile poteri di indagine più penetranti, per sconfiggere la corruzione. E’ la tesi esposta ancora qualche giorno fa da Piecamillo Davigo alla Gruber, e che è sottostante alla ennesima denuncia del presidente della Corte dei Conti sulle enormi dimensioni della “illegalità e del malaffare” tutt’ora presenti nel Paese. Il risultato è stato quello di un abnorme aumento degli interventi della magistratura in tutti i campi. Si assiste ormai ad interventi della Polizia giudiziaria per verificare l’assenteismo degli impiegati pubblici o, addirittura, per punire i ragazzi che marinano la scuola. Tutte questioni che dovrebbero essere affrontate con controlli “ordinari” del capoufficio o del preside.

Quanto alla Corte dei Conti non si capisce bene su quali basi di indagine scientifica si fondino le cifre enunciate, come quella di 60 miliardi cui ammonterebbe la corruzione, o altre prese di posizione su problemi di politica economica quali quelli esposti recentemente in Parlamento sulle misure prese dal Governo che sarebbero troppo sbilanciate dal lato delle entrate e poco incisive invece dal lato del contenimento delle spese. Insomma anche la Corte dei Conti, che peraltro anni fa si è opposta ferocemente all’ingresso nel suo organico di laureati in economia, preferendo continuare ad assumere tutti laureati in legge, tende ad espandere la propria attività in campi non propri, invece di riformare ed approfondire il proprio ruolo di revisore contabile (e non solo di legittimità) ed eventualmente di suggeritore di una più efficiente ed efficace organizzazione del sistema amministrativo dei singoli centri di spesa.

In altre parole la mancata individuazione delle vere cause della corruzione ed ancor più della inefficacia dell’azione del settore pubblico ha determinato una situazione in cui tutti si sentono legittimati a fare un pò di tutto, ergendosi a paladini della salvezza del Paese, senza capire che il vero contributo al miglioramento del sistema potrebbe venire solo dalla capacità di riformare in primo luogo se stessi, per fare sempre meglio quella tessera del complessivo mosaico che è di loro diretta competenza.

E quali sono le cause di fondo non solo della corruzione ma anche del complessivo arretramento dell’Italia? Queste vanno ricercate nell’eccessiva ampiezza del settore pubblico che, anzi in questi anni di governo del “liberale” Berlusconi si è ulteriormente ampliato soprattutto a livello locale. Non solo la spesa pubblica, nonostante le tante manovre correttive, è cresciuta ad una velocità superiore a quella della crescita del Pil nominale, raggiungendo il 50% del reddito, ma sono aumentate molto le società per azioni controllate dal settore pubblico facendo sì che la politica riesca ad intermediare una massa di denaro sempre più grande e sia il più importante datore di lavoro del Paese.

Certo si potrà dire che Berlusconi ha tolto il falso in bilancio intralciando così il compito di quanti stavano indagando sulla corruzione, ma è anche vero che molti pubblici ministeri stavano usando quella norma in maniera estensiva andando ben al di là della lettera e dello spirito della legge. E’ anche vero che le norme anticorruzione sono ferme in Parlamento e che non sembrano di imminente varo. Ma il problema non si risolverà mai con leggi severissime o con controlli ancora più pesanti. Purtroppo la pubblica opinione è stata distratta dall’aspettativa salvifica dell’intervento della Magistratura e non ha maturato una più profonda consapevolezza sui veri mali del sistema. Non c’è stata alcuna spinta da parte dei cittadini a ridurre il ruolo della politica nella intermediazione della ricchezza nazionale. Non c’è un vero movimento di popolo a favore della riduzione della spesa pubblica e della riduzione degli impiegati statali. Nè si è prestata vera attenzione allo snellimento delle procedure, a cominciare da quelle giudiziarie, che durano un numero infinito di anni. Questa è la ragione per cui dopo vent’anni ci troviamo al punto di partenza.

Processi per corruzione ci sono in tutti i paesi del mondo. Il presidente tedesco si è dimesso perchè incriminato per un prestito sospetto di 500 mila Euro. Quello israeliano per essere stato condannato per stupro. Quindi nessuno vuole sostenere che la Magistratura non debba fare il proprio mestiere e che le leggi in queste materie devono essere chiare e severe. Ma l’intervento dei Giudici è l’eccezione non la prassi ordinaria. Se tutto è fatto contro le regole, basti pensare alle piscine per le Olimpiadi di Roma,allora sono le regole ordinarie che vanno riformate e soprattutto va ridotto il ruolo ed il peso del settore pubblico. Facendo meno cose, politici ed amministratori avranno meno tentazioni.

Questo è l’errore degli “eroi” di Tangentopoli: aver fatto credere che nella loro azione stava la salvezza dell’Italia. In realtà, come ormai si può constatare, quel tipo di rivoluzione ha contribuito ad accentuare il degrado del Paese, facendoci precipitare nel marasma dal quale oggi il Governo Monti tenta di tirarci fuori. Da quella stagione delle manette facili pochi italiani hanno tratto veramente beneficio. Gli unici soddisfatti sono le mosche cocchiere del potere delle Procure, come Marco Travaglio.

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