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Scuola: Cobas all’attacco ma Renzi non molla e la riforma avanza alla Camera

Incuranti com’è loro tradizione dei diritti degli utenti (studenti e famiglie), i Cobas minacciano due giorni di blocco degli scrutini contro la riforma della scuola ancora in discussione in Parlamento – Il premier Renzi però non molla e, pur mantenendo aperto il dialogo con gli insegnanti e i loro sindacati, avverte: “Ascoltare non vuol dire assecondare”.

Scuola: Cobas all’attacco ma Renzi non molla e la riforma avanza alla Camera

Incuranti com’è loro tradizione dei diritti degli utenti (studenti e famiglie), i Cobas alzano il tiro contro la riforma della scuola e minacciano due giorni di blocco degli scrutini, che il Garante degli scioperi ha già definito “illegittimo” ipotizzando il ricorso alla precettazione.

Ma la protesta dei sindacati autonomi e confederali (che però non sembrano condividere la linea del blocco degli scrutini) non intimidisce il premier Matteo Renzi che, pur tenendo sempre aperta la porta del dialogo, avverte: “Ascoltare non vuol dire assecondare per forza”.

Malgrado le proteste sociali di chi vorrebbe mantenere lo status quo in una scuola che non funziona e che non è più al passo con i tempi, la riforma avanza in Parlamento e la Camera ha già approvato i primi sette articoli del provvedimento.

Tra le novità spiccano la maggior spinta all’alternanza scuola-lavoro (400 ore negli ultimi tre anni negli istituti tecnici e  professionali e 200 nei licei), il curriculum dello studente (che sarà valutato all’esame di maturità), il via libera alle materie opzionali e finanziamenti per 90 milioni per la scuola digitale e i laboratori.

Renzi ha invece escluso un decreto legge per l’assunzione dei precari se prima non verrà approvata la riforma.

Lunedì si entrerà nel vivo della battaglia nell’aula della Camera con l’esame delle norme della riforma che riguardano in particolare  il ruolo dei presidi e la valutazione dei docenti.

Com’era già emerso in occasione del confronto parlamentare sul Job Act, molte opposizioni non hanno in realtà nulla a che vedere con la sostanza della riforma della scuola ma strizzano l’occhio solo alla campagna elettorale per le prossime regionali cercando di lisciare il pelo agli insegnanti più corporativi a base di populismo a buon mercato oppure, come nel caso dei pasdaran della minoranza Pd ormai sull’orlo della scissione, esprimono una contrapposizione pregiudiziale al Governo e a Matteo Renzi in persona, che non pare però preoccuparsi più di tanto. 

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