Il mondo è pieno di interdipendenze. Ogni attività umana ha ricadute sull’ambiente e già questo basterebbe per sgombrare il campo sull’origine antropica dei disastri ambientali del nostro tempo. Più si va avanti con le tecnologie e le innovazioni e più bisogna interrogarsi su chi e cosa deve fare per non restare tutti travolti da sconvolgimenti senza rimedi. La mostra “Elogio della diversità. Viaggio negli ecosistemi italiani” aperta al Palazzo delle Esposizioni a Roma non vuole solo rappresentare la ricchezza del territorio italiano, ma stimolare una disponibilità alla ricerca di soluzioni. L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Azienda Speciale Palaexpo, Università Sapienza di Roma, Università di Padova e National Biodiversity Future Center (Nbfc).
Con i curatori Isabella Saggio e Fabrizio Rufo c’è un Comitato scientifico composto dal Premio Nobel Giorgio Parisi, Enrico Alleva, Carlo Blasi, Stefano Boeri, Ferdinando Boero, Maria Chiara Carrozza, Luigi Fiorentino, Enrico Giovannini, Vittorio Lingiardi, Antonella Polimeni, Ling San. La Mostra racchiude un progetto espositivo dedicato alla biodiversità e alla salute, indagando sulla fragilità degli equilibri tra gli ecosistemi e l’interdipendenza con le diverse forme di vita del nostro pianeta. Le api sono ormai riconosciute come sentinelle dell’ambiente e senza la loro impollinazione l’habitat semplicemente crolla. E senza habitat naturale nemmeno Elon Musk può lanciare satelliti o costruire auto elettriche.
Documenti chiusi nei cassetti
Il mondo globalizzato rischia di non avere più soluzioni per fermare il degrado. La recente Conferenza Onu sulla biodiversità in Colombia si è conclusa con una nuova spaccatura tra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo. Il documento Kunming Global Biodiversity Framework (Km-Gbf) è del 2015, contiene gli obiettivi di salvaguardia del pianeta, ma è stato nuovamente rimesso nei cassetti. Pensare che la mostra di Roma possa compensare il fallimento dei summit Onu può essere un azzardo, tuttavia indica una disposizione scientifica e pratica sul da farsi. Mette a fuoco la precarietà con la quale tutti conviviamo ed è un tentativo di “attivare forme di responsabilità individuale e collettiva”. Dove cercarle queste forme di responsabilità ? Chi possiede gli strumenti per evitare scenari biblici, di cui paradossalmente si occupa persino la Chiesa cattolica, a cominciare da Papa Francesco ? La risposta è: la comunità. È nell’organizzazione sociale postindustriale che ci sono le soluzioni, senza creare allarmismi. Il costo sociale ed economico di ciò che viene distrutto è tendenzialmente sottaciuto dai protagonisti delle conferenze internazionali. Eppure le stime aggiornate del Wwf, e non solo, indicano nella mancanza di biodiversità un calo del Pil globale del 10% entro il 2050. Qualcosa come 500 miliardi di dollari l’anno.
Le risorse naturali non sono infinite
Per allestire la Mostra sono stati mobilitati duemila ricercatori del National Biodiversity Future Center. Hanno lavorato per metterci davanti i principali fattori antropici – cambiamento climatico, specie invasive, frammentazione degli habitat e inquinamento – che minacciano la nostra esistenza, la visione della salute unica, l’One Health promosso dalle organizzazioni internazionali. Le interdipendenze scontano gli squilibri provocati da economie super accelerate, dall’avidità di leader politici, da fenomeni speculativi, dall’uso di fonti inquinanti. Più in generale dalla mancanza di un senso di futuro. La mostra espone reperti provenienti da musei scientifici di tutta Italia che raccontano il livello di pericolo nel quale ci troviamo. L’Italia esplorata dai curatori ha conservato nei suoi geni, ma anche nella lingua e nella cultura “tracce di tutti i popoli che nei millenni hanno abitato la Penisola”. Per non lasciar morire questo patrimonio millenario è necessario tracciare un nuovo cammino che abbracci e soprattutto sappia tenere insieme gli interessi di gruppi eterogenei della società. La battaglia per accaparrarsi le risorse naturali per le nuove competizioni è globale. Chi le possiede oggi vince, ma è bene che inizi a pensare che non sono inesauribili. E quello che vale per il patrimonio genetico e culturale dell’Italia dovrebbe valere per il pianeta. Un ecosistema sano è la base per pensare al domani, mentre le api continuano a volare.