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Rapporto Prometeia: la crisi durerà in tutto 12 anni, Italia in ripresa solo nel 2013

L’atteso rapporto di previsione stilato da Prometeia sulle prospettive di breve-medio termine dell’economia italiana ha dato verdetti poco rassicuranti: la crisi durerà 12 anni (dal 2007 al 2019) e l’Italia inizierà una lenta ripresa solo nel 2013 – Investimenti e consumi in sofferenza, l’export unico vero traino possibile – Onofri: Siamo a metà della crisi

Rapporto Prometeia: la crisi durerà in tutto 12 anni, Italia in ripresa solo nel 2013

Prometeia ha presentato oggi a Bologna il Rapporto di Previsione (Aprile 2012) sulle prospettive di breve-medio termine dell’economia internazionale e italiana: il Pil è destinato a scendere dell’1,5% nel 2012, e la crisi a durare altri 12 anni, anche se l’Italia inizierà a riprendersi nel 2013. Questo Rapporto, elaborato sin dal 1974 ogni trimestre da Prometeia Associazione, è riconosciuto come uno dei momenti più importanti nell’analisi dell’economia internazionale e del nostro Paese.

La situazione è evoluta positivamente dal punto di vista della fiducia dei mercati, il differenziale tra il rendimento dei titoli italiani e tedeschi è sceso, le istituzioni internazionali esprimono apprezzamento per il cammino intrapreso dall’Italia, ma le prospettive per i prossimi anni non sono diverse da quelle presentate da Prometeia nello scorso Rapporto di Previsione.

L’incertezza è ancora molto elevata, ne sono testimonianza le ampie oscillazioni dello spread giorno per giorno, senza che si siano verificati mutamenti rilevanti nello scenario. Il percorso di uscita dalle crisi dei debiti sovrani nell’area euro è ancora lungo mentre il debito italiano continuerà a costare relativamente di più, le banche italiane a pagare di più i fondi raccolti e, dunque, le famiglie e le imprese italiane a pagare di più il credito. I decisi interventi sulla liquidità della Bce hanno allontanato il rischio, estremamente elevato tre mesi fa, di un vero e proprio credit crunch per il settore privato, addirittura peggiore di quello che aveva accompagnato l’avvio della crisi finanziaria. Ma ancora di più sarà il peso dei condizionamenti interni a prevalere nell’orientare le prospettive dell’economia italiana non solo nel medio termine, ma anche nei prossimi anni.

La politica fiscale in primo luogo. Prometeia conferma le valutazioni, avanzate nello scorso Rapporto, sulla possibilità di raggiungere il bilancio in pareggio nel 2013 e di mantenerlo successivamente ma al costo di una restrizione della crescita della domanda che varrà 2.5 punti di Pil. Certamente questa valutazione è solo teorica, poiché non tiene conto del costo che l’eco­nomia italiana avrebbe pagato se non avesse messo in campo questi interventi.

Le caratteristiche strutturali della nostra economia, quelle che ne hanno limitato la crescita del prodotto da oltre dieci anni a questa parte, si manifestano nuovamente in una maggiore esposizione alle vicende esterne. Unica tra le grandi economie, quella italiana è in recessione (il Pil cade dal terzo trimestre dello scorso anno) e tutti gli indicatori disponibili concorrono a delinearne una ulteriore caduta per il primo trimestre di quest’anno.

L’incertezza sistemica che ha investito l’economia italiana a partire dalla scorsa estate si è inserita su una ripresa ancora molto fragile e l’ha travolta. Stimiamo che in questi nove mesi di turbolenza e faticoso recupero siano andati persi 1.7 punti di Pil, che vanno ad aggravare il fatto che Pil e produzione industriale erano ancora ben lontane dai livelli pre-crisi (-4.4 e -17.6 per cento rispettivamente).

In tale contesto, come uscirà l’economia italiana da questa nuova recessione?

La domanda estera è l’unico traino possibile in questa fase di politica fiscale restrittiva, anch’essa in rallentamento e concentrata nei paesi emergenti, più difficili però da raggiungere per le nostre piccole imprese. Negli ultimi trimestri le esportazioni nette sono rimaste comunque l’unica componente positiva a limitare la profondità dalla recessione, che nelle previsioni di Prometeia tuttavia proseguirà, anche nel corso del secondo trimestre dell’anno pur se in misura meno intensa. Va ribadito che ora più che in altre occasioni la possibilità di contenere il costo della recessione e accelerare il ritorno alla crescita è affidato alle imprese che esportano, alla loro capacità di sfruttare al meglio le opportunità fornite dai mercati esteri. Un compito non facile in quanto la crisi ha aumentato il grado di concorrenza su questi mercati, perché le imprese sono gravate dai costi della Grande recessione, perché il credito è meno facilmente disponibile e comunque erogato con maggiore selettività.

La domanda proveniente dai mercati esteri e le poche, uniche misure di sostegno alla crescita contenute nel decreto “Salva Italia” costituite da sgravi fiscali alle imprese, potranno comunque fornire il carburante per proseguire nel processo di selezione fra le imprese e di ricerca di maggiore efficienza. Questo processo porterà con sé una ripresa della domanda di investimenti: per tutto l’anno saranno solo questi i contributi positivi alla crescita.

La componente residenziale degli investimenti in costruzione è ancora alle prese con il riassorbimento degli eccessi degli anni 2000. Solo nel 2020 si potranno vedere segni di recupero mentre sulla componente pubblica gravano le restrizioni di bilancio.

Non vi saranno invece segnali di una ripresa dei consumi prima del prossimo anno. Il reddito disponibile delle famiglie si ridurrà ancora per due anni stretto tra una crescita modesta dei redditi, la restrizione fiscale e l’aumento dei prezzi. Quest’ultimo è un aspetto importante dello scenario, per l’erosione di potere d’acquisto dovuto all’effetto dell’aumento delle imposte indirette che manterranno l’inflazione vicina al 3 per cento fino al 2013.

Nonostante la ripresa più vivace che si dovrebbe realizzare nel 2014, con il consolidamento del ciclo mondiale e un assestamento del grado di restrizione fiscale, al termine dell’orizzonte di previsione l’economia italiana non potrà dirsi fuori dalla crisi iniziata nel 2007. Nonostante i sette anni trascorsi, un tempo che per le crisi anche gravi del passato era stato mediamente sufficiente ad assicurarne il superamento, il Pil sarà ancora inferiore di 3.4 punti percentuali, si saranno perse 990 mila unità di lavoro. Gli indicatori macroeconomici del benessere delle famiglie, i consumi pro-capite e il reddito disponibile pro-capite, saranno inferiori al livello pre-crisi rispettivamente di 6.3 e 12.8 punti percentuali: saremo tornati ai livelli di reddito di 26 anni prima e solo una riduzione di 5 punti della propensione al risparmio avrà permesso di limitare a “soli” 16 anni il regresso negli standard di consumo.

Uno scenario sconfortante forse. Ma frutto della necessità imposta dalle circostanze esterne di mettere fine con una svolta drastica e dunque molto costosa nel breve termine, a decenni di accumulo di debiti e problemi.

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Allegati: Rapporto Prometeia.pdf

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