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Pensioni: la proposta dei sindacati costa 20 miliardi

La stima (provvisoria) è dei tecnici del governo – I rappresentanti dei lavoratori rifiutano il ricalcolo con il contributivo – Lunedì l’incontro fra i segretari confederali e il ministro del Lavoro

Pensioni: la proposta dei sindacati costa 20 miliardi

Lo scontro non si è ancora aperto, ma il governo ha già ufficiosamente respinto la proposta dei sindacati sulle pensioni. Costerebbe troppo: circa 20 miliardi di euro, secondo le prime stime dell’esecutivo.

Cgil, Cisl e Uil chiedono una controriforma del sistema che permetta di ritirarsi dal lavoro con 62 anni di età e 20 di contributi, ma senza alcuna penalizzazione. Cioè senza il ricalcolo dell’intero assegno con il meno favorevole sistema contributivo (in base alla riforma Dini, si applica il retributivo per i contributi versati fino al 1995), chiesto in più occasioni dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico.

Un impianto simile costerebbe fra l’1 e l’1,5% del Pil: una ventina di miliardi, appunto. La stima è ancora provvisoria, ma dà la misura della distanza che separa governo e sindacati. Non un segnale incoraggiante in vista dell’inizio ufficiale della trattativa, che si aprirà lunedì con l’incontro fra i segretari confederali e il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo. Un appuntamento da cui non si attendono decisioni operative, ma solo i primi passi di un negoziato che si annuncia lungo e complesso.  

Del resto, anche l’impostazione suggerita da Tridico (uscita a 62 anni ma con ricalcolo contributivo) presenta delle difficoltà, perché comporterebbe una riduzione dell’assegno previdenziale fino al 25-30%, chiaramente inaccettabile per i sindacati. Attenzione: stiamo parlando solo dei lavoratori che hanno versato molti anni di contributi prima del 1995, perché chi ha iniziato a lavorare dopo quell’anno è già sicuro di ricevere una pensione molto più bassa rispetto alle generazioni precedenti.

Un’ulteriore proposta arriva dal senatore Pd Tommaso Nannicini, che nel suo disegno di legge propone un’uscita a 64 anni con 20 di contributi, ma con il ricalcolo contributivo. Accanto a questo impianto, però, arriverebbero anche una super-Ape rafforzata a quota 92 (62 anni e 30 di contributi) per le fasce deboli, una pensione di cura per le donne con sconti contributivi per i figli o il lavoro di assistenza e una quota di garanzia per i giovani.

Per uscire dall’impasse, al momento sul tavolo ci sono solo i risparmi su Quota 100, che finora è stata chiesta da un numero di persone molto inferiore alle attese. Questo canale d’uscita dura tre anni, ma produrrà effetti contabili ben più duraturi. Secondo l’Inps, nel decennio 2019-2028 lo Stato spenderà 6,5 miliardi in meno rispetto ai 28 stanziati dal governo M5S-Lega.

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