Condividi

Pannelli solari, Governo in confusione sulle aree per i campi fotovoltaici e aziende contro la bozza di decreto

La bozza di decreto sulle aree idonee per campi fotovoltaici è contestata da Itala Solare che riunisce le aziende del settore. O si modifica o è meglio non approvarlo.

Pannelli solari, Governo in confusione sulle aree  per i campi fotovoltaici e aziende contro la bozza di decreto

Gli industriali dell’elettricità aspettano,ma il tempo trascorre a loro svantaggio. Il decreto ministeriale sulla aree idonee per i parchi fotovoltaici dovrebbe arrivare, ma il mondo del solare ha già alzato gli scudi per andare alla battaglia contro il governo. Sul piatto ci sono oltre 300 miliardi di euro di investimenti. I ministri dell’Ambiente, dell’Agricoltura, delle Imprese e della Cultura, hanno in mano l’ultima nota di protesta su ciò che l’esecutivo vorrebbe regolamentare. La lettera è dell’associazione Italia Solare che rappresenta le aziende fotovoltaiche del nostro Paese. Sono aziende che chiedono una posizione chiara sulle aree dove installare gli impianti per decarbonizzare l’Italia.

Il decreto “Aree Idonee”, invece, frenerebbe tutto. Perché ? Ci sono vincoli che castigano gli impianti con moduli a terra in aree classificate agricole. Il guaio dell’esecutivo sta nel fatto che questi vincoli si applicano anche “ad aree compromesse o di scarso interesse per l’uso agricolo perché in prossimità di strutture produttive o di infrastrutture”. Standard troppo stretti per avere uno sviluppo dei pannelli e sempre secondo i traguardi di riduzione delle energie fossili. Paolo Rocco Viscontini, Presidente di Itala Solare chiarisce i termini della questione “Lo schema di decreto rappresenta una battuta d’arresto allo sviluppo delle rinnovabili, in totale controtendenza rispetto a quanto dovrebbe fare il nostro Paese per abbattere i prezzi energetici. Il testo proposto è orientato a frenare piuttosto che a favorire e governare un rapido ed efficiente sviluppo del fotovoltaico”. La lettera parla di ostacoli evidenti agli investimenti diretti delle aziende. Possibile che il Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin che si fa paladino della transizione energetica, prima di tutti gli altri suoi colleghi di governo, lasci passare un provvedimento che blocca piuttosto che agevolare ? Secondo la nota di Italia Solare la risposta è si. Meloni si professa green, ma il governo mostra una scarsa attenzione sulla diffusione del fotovoltaico. Nel gioco lobby-potere politico questa affermazione potrebbe a che vedere con l’accanimento politico del centrodestra sul Superbonus 110%, strutturato proprio sull’uso dei pannelli fotovoltaici.

Se non cambia il testo, meglio non averlo

L’Italia ha bisogno di una messa a punto della strategia energetica ed ambientale, ma gli industriali lamentano un’assoluta assenza di disposizioni per semplificare e accelerare i procedimenti autorizzativi, il collegamento degli impianti solari alla rete e la realizzazione di sistemi di accumulo, temi fondamentali per la crescita della produzione elettrica rinnovabile. Il contrario di quello che servirebbe per aiutare le piccole aziende a ridurre le bollette usando più fotovoltaico installabile nei pressi degli stabilimenti. Mettiamo che i tetti dei capannoni non siano sufficienti ad ospitare i pannelli necessari ed accanto c’è un terreno incolto, abbandonato. Non è saggio usare quell’area per dare corrente pulita alla fabbrica ?

In poche parole i ministri sollecitati – Pichetto Fratin in primis- si stanno mettendo contro un pezzo importante dell’industria rinnovabile che ha soldi da spendere. Varano un “decreto che avrà effetti assai negativi sulle bollette elettriche delle famiglie e ancor più delle imprese”. L’Italia è lunga e le differenze dei terreni sono molte e documentate, gli spazi per fare investimenti utili con con moduli a terra ci sono. Dobbiamo pensare che un’associazione che ha ramificazione su tutto il territorio abbia già mappato le aree idonee. E se non è a scopo speculativo, è giusto ottenere modifiche al provvedimento. Del resto, sebbene sia atteso da anni, meglio non averlo “se arreca danni allo sviluppo del settore” dicono a chiare lettere. Un pesante diktat che il ministro dell’Ambiente dovrà evitare, Meloni permettendo.

Commenta