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Mps sull’ottovolante: assist da Draghi, e il piano prende forma

Mentre dall’Eurotower arriva un assist in favore della Banca italiana, prosegue la trattativa con Bruxelles a Siena il Cda mette a punto gli ultimi dettagli del piano di ristrutturazione

Mps sull’ottovolante: assist da Draghi, e il piano prende forma

Mentre si avvicinano i giorni della verità per Mps, da Francoforte arriva un assist prezioso per il futuro della Banca senese. Pur ricordando che le decisioni finali sul bail in spettano alla Commissione europea, ieri Mario Draghi ha detto che “il sostegno pubblico alle banche” è previsto dalla direttiva Brrd e “può essere molto utile in circostanze eccezionali”. Il Presidente della Bce ha anche sottolineato che gli Npl sono un problema per la redditività futura degli istituti e per la trasmissione degli impulsi monetari dalla Banca centrale all’economia, perciò bisogna ridurne il peso il prima possibile.

Le parole di Draghi suonano come un invito ad accelerare i tempi sulla trattativa per Monte Paschi. Le proposte di Siena per mettere in sicurezza l’istituto sono state esaminate proprio ieri mattina dal Consiglio di vigilanza della Bce (che è a guida tedesca), per poi tornare nel pomeriggio sul tavolo del Cda della Banca.

Nessuna delle due riunioni è stata definitiva, ma l’obiettivo è chiudere entro il 29 luglio, data di pubblicazione degli stress test Eba. Considerata la prevedibile bocciatura di Mps, la pubblicazione tempestiva del piano serve anche a prevenire nuove tempeste in Borsa. Per questa ragione, il Cda decisivo potrebbe essere quello della settimana prossima, già in calendario per l’approvazione della semestrale.

Mancano alcuni dettagli, ma i passi da compiere sembrano ormai chiari. Innanzitutto, occorre programmare la dismissione entro il 2018 di altri 9,7 miliardi di sofferenze nette (come richiesto dalla Bce). Il fondo Atlante ha ancora in cassa 1,7 miliardi di euro, risorse con cui dovrebbe comprare metà della tranche equity della cartolarizzazione.

Le altre tranche emesse dal veicolo che effettuerà la cartolarizzazione (la senior garantita dallo Stato ed, eventualmente, la mezzanina) dovrebbero invece essere finanziate da JP Morgan con un prestito ponte da circa 6 miliardi e scadenza a un anno, periodo durante il quale bisognerà trovare gli investitori che acquistino le tranche.

Si arriva così a 7,7 miliardi. I due che mancano per raggiungere l’obiettivo corrispondono grossomodo alla perdita che Mps subirà dovendo vendere gli Npl a una cifra più bassa di quella iscritta a bilancio. La quantificazione finale di questo dato dipenderà dal contributo effettivo di Atlante (che potrebbe riuscire ad aumentare la propria potenza di fuoco) e dal prezzo di cessione delle sofferenze, che secondo le stime dovrebbe aggirarsi intorno a 29-30% del valore nominale.

A quel punto scatterà la fase due: l’aumento di capitale (il terzo consecutivo dopo quelli del 2014 e del 2015 che avevano portato in cassa complessivamente 8 miliardi). Ai circa due miliardi legati alla perdita sugli Npl la Banca vorrebbe aggiungere altri 1,5-2 miliardi per ripulire il bilancio anche da altri crediti la cui restituzione appare improbabile. La necessità di capitale salirebbe così a 3,5-4 miliardi di euro e a garantire questa cifra dovrebbe essere un pool di banche guidato da Mediobanca e JP Morgan, advisor che si aggiungono a Ubs e Citigroup.

Un’altra soluzione possibile è la garanzia di ultima istanza da parte dello Stato. Secondo fonti di Bruxelles, l’Italia avrebbe ottenuto il via libera alla deroga prevista in circostanze eccezionali dalle nuove regole sul meccanismo di risoluzione bancaria (direttiva Brrd), che consentono gli aiuti pubblici a banche solvibili nel caso in cui l’applicazione pedissequa del bail in metta a rischio la stabilità del sistema finanziario.

Rimane da chiarire se lo Stato potrà utilizzare a questo scopo parte dei 150 miliardi di garanzie già concessi da Bruxelles all’Italia, poiché si tratta di risorse che non possono essere impiegate per garantire azioni, ma solo obbligazioni convertibili.

Ma la deroga concessa da Bruxelles non sarà comunque risolutiva su ogni fronte, perché se il mercato non coprisse per intero l’aumento di capitale e lo Stato fosse costretto a intervenire, scatterebbe il cosiddetto “burden sharing”, che comporta l’azzeramento delle obbligazioni subordinate. Per risolvere il problema, il progetto è fare in modo che Mps o in ultima istanza lo Stato riacquistino questi titoli senza valore. Non è ancora chiaro se questa misura di tutela sarà a beneficio dei soli risparmiatori retail (e, eventualmente, solo di quelli che hanno comprato i titoli sulla base di informazioni incomplete o scorrette) oppure anche di quelli istituzionali.

Intanto, Mps viaggia sull’ottovolante a Piazza Affari. I titoli sono partiti in vivace rialzo e poi hanno rapidamente invertito rotta, tanto da arrivare a perdere il 2,3%, per poi recuperare leggermente. Gli investitori attendono di capire il prezzo attribuito ai crediti in sofferenza oggetto della trattativa.

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