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Messico: crescita debole, ma buone occasioni per il Made in Italy

A partire dal 1994 la crescita reale media annua è stata pari al 2,6% a causa di investimenti ridotti e scarsa produttività – La dipendenza del Messico dal petrolio resta significativa con il 7% dell’export, l’8% del PIL e il 20% delle entrate – Buone le opportunità per il Made in Italy nel prossimo triennio (crescita media del +4,2%)

Messico: crescita debole, ma buone occasioni per il Made in Italy

Come segnala Atradius, l’economia del Messico è generalmente diversificata, strettamente sincronizzata con il ciclo economico USA, i quali rappresentano l’80% delle esportazioni (oltre il 25% del PIL messicano) e sono la principale fonte di rimesse (2% del PIL). La dipendenza del Messico dalle entrate petrolifere è diminuita, ma rimane ancora significativa: rappresenta il 7% delle esportazioni di merci, l’8% del PIL e il 20% delle entrate pubbliche.

Il Peso messicano è vulnerabile alle variazioni del clima di mercato, a causa di un elevato capitale di investimenti interni (oltre il 250% delle riserve ufficiali) e dal momento che è la valuta dei mercati emergenti più scambiata. Con la firma dell’accordo USMCA, l’incertezza a breve termine sul commercio nordamericano è diminuita. Complessivamente, l’impatto economico dell’USMCA sul commercio tra Messico e Stati Uniti sarà probabilmente limitato, in quanto si tratta in effetti di una piccola modifica dell’accordo NAFTA. Tuttavia, le tariffe statunitensi in materia di acciaio e alluminio imposte al Messico restano al momento in vigore e permangono ancora le incertezze a lungo termine.

A partire dal 1994 la crescita reale media annua del PIL è stata pari al 2,6%, a causa di investimenti ridotti e scarsa produttività. Mentre l’incertezza sulle future relazioni commerciali con gli USA è diminuita, quella delle politiche economiche è aumentata, e ciò potrebbe frenare ulteriormente gli investimenti nel corso di quest’anno. Mentre nel 2018 la stabilità dei consumi privati e l’export in accelerazione hanno compensato un basso tasso di investimenti, la fiducia dei consumatori è diminuita e si prevede che questo peserà negativamente sulla crescita dei consumi nel breve-medio termine. Le preoccupazioni derivanti dalle politiche della nuova amministrazione e la normalizzazione in corso della politica monetaria degli USA stanno pesando sulla valuta, con il tasso di cambio del Peso che si prevede instabile nel 2019. Allo stesso tempo, dopo gli aumenti dei tassi d’interesse, l’inflazione è calata e quest’anno dovrebbe rientrare nella fascia target della Banca Centrale tra il 2% e il 4%.

Le preoccupazioni circa la direzione della politica economica e l’applicazione dei contratti sono aumentate, specialmente dopo la decisione di cancellare i nuovi progetti aeroportuali di Città del Messico, nonostante un terzo sia già stato costruito e quasi il 70% del progetto sia già stato finanziato. Il nuovo presidente ha anche annunciato di sospendere per tre anni le aste petrolifere, rallentando le riforme energetiche fondamentali realizzate dal predecessore. Il Piano di Bilancio del 2019, introdotto a dicembre, ha dissipato, almeno per il momento, i dubbi sull’impegno del nuovo governo a favore della stabilità finanziaria.

Mentre il Piano include più spese per programmi sociali e infrastrutture, continua a preservare il quadro fiscale stabilito dai suoi predecessori. Tuttavia, resta da vedere se il governo manterrà i propri impegni nel 2019, soprattutto se le entrate saranno inferiori rispetto a quanto previsto, vale a dire nel caso in cui la crescita economica dovesse risultare inferiore alle previsioni e il prezzo del petrolio dovesse calare. La struttura del debito pubblico è generalmente favorevole (67% in valuta locale): ecco allora che la principale vulnerabilità è rappresentata dalla quota relativamente elevata del debito detenuto da non residenti (50%), con i rischi di rifinanziamento mitigati da una struttura di scadenza media superiore a dieci anni e da una gestione prudente del debito.

Secondo gli analisti un radicale peggioramento dell’economia appare piuttosto improbabile: le fluttuazioni dei tassi di cambio fungono da ammortizzatore per l’economia, anche grazie al fatto che il debito in valuta estera, detenuto dal settore pubblico e privato, rimane limitato. Il sistema bancario è redditizio, ben regolato, controllato e capitalizzato: i crediti in sofferenza sono stabili al 2,1% e interamente accantonati, mentre la dollarizzazione (13%) e il ricorso a finanziamenti esteri sono bassi e riducono l’esposizione a shock esterni. Sia il debito pubblico che il debito estero sono sostenibili, con quest’ultimo stabilizzatosi attorno ad un tasso relativamente basso del 40% del PIL. Gli squilibri delle partite correnti rimangono modesti; tuttavia per quest’anno si prevede che la copertura del deficit delle partite correnti degli investimenti esteri diretti diminuisca da oltre il 100% all’80%.

La posizione di liquidità internazionale è adeguata e vanta abbondanti riserve ufficiali, mentre esiste un ulteriore potenziale di liquidità derivante da una linea di credito precauzionale del FMI pari a 88 miliardi di dollari, recentemente prorogata fino a novembre 2019, a cui il Messico può attingere in caso di condizioni di credito globali avverse, riducendo i rischi di trasferimento e convertibilità. L’accesso ai mercati dei capitali resta ancora solido, il che si riflette in diverse obbligazioni internazionali contratte lo scorso anno da parte del governo sovrano e del settore privato. Tuttavia, gli analisti ribadiscono i rischi derivanti dall’aumento dei costi di finanziamento, dal momento che gli spread hanno registrato un sostanziale rialzo rispetto ai Titoli di Stato USA dalla fine del 2018.

Il Messico rappresenta il ventinovesimo mercato di destinazione delle esportazioni italiane con un interscambio commerciale che nel 2017 si è attestato intorno ai 5,2 miliardi di euro: il saldo è estremamente positivo a favore del Made in Italy con vendite per circa 4,3 miliardi di euro (+15,1% rispetto all’anno precedente). Fra i prodotti italiani maggiormente richiesti spiccano meccanica e comparto automotivo. Come illustrato dal Rapporto Export di SACE esistono delle ottime prospettive anche per i prossimi anni soprattutto per quel che riguarda beni d’investimento e beni intermedi. Ecco allora che per il periodo 2018-2021 la crescita dell’export italiano dovrebbe attestarsi intorno al 7,1% con trend molto interessanti per quel che riguarda arredamento, tessile e abbigliamento su tutti, grazie al costante ampliamento della fascia di popolazione a reddito medio-alto.

I dati relativi al primo semestre 2018 evidenziano una crescita sostenuta del l’agroalimentare che negli ultimi cinque anni ha registrato un aumento del +46%. Proprio l’agroalimentare è uno dei settori segnalati da SACE fra quelli che offriranno interessanti opportunità di crescita all’export italiano da qui al 2021 (con una crescita media del 4,2%) oltre a chimica (+4,7%), apparecchi elettrici (+3,9%) e gomma e plastica (+3,5%).

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