Condividi

Manovra, Berlusconi vuole aumentare l’Iva per eliminare la supertassa dalla finanziaria

Se la soluzione Iva non dovesse funzionare, il Cavaliere progetta di alleggerire il peso del contributo di solidarietà con una versione ad hoc del quoziente familiare – Intanto la Lega ribadisce il no sulle pensioni e continua a pensare alla patrimoniale – Il Pd presenta la sua controproposta – Oggi il testo è arrivato al Senato.

Manovra, Berlusconi vuole aumentare l’Iva per eliminare la supertassa dalla finanziaria

La giostra delle idee continua a girare, ma i risultati non arrivano. A dieci giorni dall’approvazione in Cdm del decretone da 45,5 miliardi, la manovra bis è ancora in alto mare. Tutti vorrebbero cambiarla, ma le diverse voci della maggioranza non sono d’accordo quasi su nulla. Intanto, mentre il Pd presentava la sua controproposta, il testo della discordia è approdato oggi in commissione Bilancio al Senato, che proseguirà l’esame anche domani e giovedì. La Bce ci impone di trasformare il provvedimento in legge entro i primi di settembre e senza toccare i saldi. Per questo sembra ogni giorno più difficile che il Governo possa arrivare alla meta senza porre la fiducia, come pure Berlusconi e Tremonti avevano pronosticato.

Quanto ai singoli provvedimenti, con il passare dei giorni la Babele di proposte si fa sempre più caotica. Il Premier vorrebbe trovare il modo di alleggerire (se non cancellare del tutto) il contributo di solidarietà. Fra le misure contenute nella prima bozza, la supetassa è quella che più fa “sanguinare” il suo cuore. Dopo averci messo le mani, il Cavaliere vorrebbe evitare di bucare le tasche degli italiani. E su questa strada si fa sempre più probabile l’aumento dell’Iva. L’incremento sarebbe di un punto sull’aliquota ordinaria al 20%, ma non è escluso un intervento analogo su quella ridotta del 10%. Fuori pericolo sarebbe solo l’aliquota al 4%, che si applica sui beni di prima necessità.

Se questa soluzione non dovesse funzionare, si potrebbe sempre smussare gli angoli al contributo di solidarietà con l’ultima versione riveduta e corretta del quoziente familiare. L’emendamento, sollecitato tra le righe dal presidente della Cei Angelo Bagnasco, è già stato presentato dal sottosegretario Carlo Giovanardi.

La partita più scottante è però quella che (non) si gioca sul fronte delle pensioni. Ieri il neo segretario del Pdl Angelino Alfano si è prodotto nell’estremo tentativo di far accettare alla Lega una nuova stretta sugli assegni di anzianità e sull’età pensionabile delle donne. In cambio era disposto ad offrire una riduzione dei tagli agli enti locali, che tanto fanno penare le camicie verdi venete e piemontesi. Niente. Dal Carroccio non hanno voluto sentire ragioni.

Anzi, dal vertice di via Bellerio che ieri ha riunito il gotha dei lumbard è emerso addirittura un documento in tre punti, il primo dei quali definisce “non suscettibili di modifica” le “norme relative alla previdenza”. Ciò non toglie che sia “assolutamente necessario un ridimensionamento dell’intervento sulle autonomie locali”. Sembra che a questo scopo Roberto Calderoli stia mettendo a punto una bozza che dovrebbe confluire in un maxi emendamento da presentare la settimana prossima. Ha avuto vita breve, invece, la proposta del ministro delle Semplificazioni di creare un prelievo speciale sui beni di lusso. Eppure qualcuno dalle parti del Carroccio ancora sussurra la parola più detestata dai berluscones purosangue. Sembra che i tecnici in divisa verde stiano studiando l’ennesima variante immaginaria della patrimoniale. E nel Pdl c’è chi sospetta che gli alleati padani stiano creando i presupposti per far implodere la maggioranza in autunno.  

Nel frattempo Casini, rispondendo indirettamente alle parolacce di Bossi, ha invitato ieri Berlusconi a non accettare il ricatto leghista. “Se troverà il coraggio di proporre in Parlamento misure serie ed equilibrate – ha detto il leader dell’Udc – troverà anche i voti necessari per approvare il decreto”. Al momento Alfano continua a negoziare con gli alleati padani, ma la pazienza del premier per il suo “vecchio amico” Umberto si sta esaurendo. Lo dimostra la nota ufficiale con cui il presidente del Consiglio ha preso nettamente le distanze dall’ultima invettiva secessionista del Senatur. Una reazione insolita, arrivata con un giorno di ritardo dal fattaccio, guarda caso a poche ora dalla conclusione del vertice di via Bellerio. Per questo la mano tesa di Casini è importante. Anche se la risposta sarà “no grazie”, si tratta comunque di una nuova freccia all’arco del Cavaliere.

Commenta