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Lobbying in Italia, ecco come funziona: parla Vincenzo Manfredi, Head Public Policy and Advocacy di Assoholding

Intervista a Vincenzo Manfredi a capo del servizio Public Policy e Advocacy di Assohoding. Strategie e interventi legislativi per affrontare meglio il cambio generazionale delle imperse italiane

Lobbying in Italia, ecco come funziona: parla Vincenzo Manfredi, Head Public Policy and Advocacy di Assoholding

Nella società eccezionalmente competitiva di oggi, c’è una forte domanda di professionisti di relazioni pubbliche e public affairs, di quelle relazioni strategiche con governo e parlamento, che hanno lo scopo di mettere all’attenzione del decisore pubblico le istanze e gli interessi di organizzazioni, aziende e territorio che si sentono poco ascoltati. L’ascolto è da sempre una risorsa scarsa dei decisori e il public affairs può fornire il supporto necessario alle imprese, sia grandi che piccole, su scelte politiche che hanno impatto sulle loro operazioni. Le azioni di public affairs, unita alle attività veritcali di lobbying e advocacy, consente di strutturare e progettare azioni strategiche per promuovere interessi specifici e dare continuità nella rappresentazione delle proprie istanze.

La lobby in Italia continua ad essere considerata un’attività nascosta o problematica


La lobby può, a ben vedere, essere considerata un’attività strategica per la democrazia. La rappresentanza di interessi è fondamentale per portare all’attenzione del decisore pubblico i problemi, le istanze e le specificità di tutte le organizzazioni. Con le attività di public affairs e lobbying le organizzazioni trasmettono direttamente la loro posizione ai legislatori e decisoeri sulle problematiche a più altro impatto. Le aziende e le organizzazioni possono avere in organigramma il responsabile del public affairs oppure servirsi di società specializzate in consulenza strategica e public affairs Alcune attività strategiche dei lobbisti sono: comunicazioni verbali e scritte; partecipazione ad incontri con i responsabili politici per sottoporre dossier strategici; comunicazioni elettroniche e social media; conversazioni o web call i decisori pubblici. Ci sono diversi compiti critici che i lobbisti devono completare per raggiungere i loro obiettivi. In primo luogo, devono costruire un rapporto professionale e spiegare il problema in questione. In secondo luogo, devono dimostrare la loro competenza fornendo dati di qualità e rafforzando ulteriormente la credibilità a favore del dossier rappresentato; fornire ulteriore assistenza ai responsabili politici, aiutando a redigere nuove leggi per garantire l’equilibrio degli interessi in campo. La strategia di lobby può anche raccogliere pubblici diversi intorno a questioni politiche specifiche, oltre che impegnarsi, con attività di coalition building, per unificare interessi anche non congruenti e rappresentarli ai decisori. Le attività di public affairs, lobby e advocacy si servono delle attività di comunicazione strategica e di influenza per aumentare la sensibilizzazione verso il tema all’ordine del giorno del dossier.

Chiediamo a Vincenzo Manfredi – Head Public Policy e Advocacy di Assoholding – quale valore aggiunto potrebbero avere le attività di public affairs e lobby per le imprese impegnate nel cambio generazionale.

Manfredi – La disciplina di rifermento di tutte le attività di cui parliamo sono le relazioni pubbliche. L’esperto di relazioni pubbliche (e di public affairs e lobby, di management e di altro ancora) è prima di tutto un esperto di “ascolto organizzativo”. In pratica è un consulente strategico che si prende cura delle organizzazioni e delle persone che ne fanno parte. Nei passaggi generazionali, oltre agli esperti legali e tributari è fondamentale indagare la natura e la vocazione dell’impresa. Questo significa che nel preservare la creazione di valore dell’impresa non può non essere considerata esiziale la realizzazione personale delle singole persone di seconda o terza generazione. I dati ci dicono che esiste un’elevata mortalità delle imprese familiari durante il passaggio generazionale: delle circa 35.000 imprese familiari coinvolte ogni anno in un passaggio generazionale, mediamente solo il 30% circa sopravvive con la seconda generazione, solo il 12% con la terza, e un esiguo 3% continua a operare oltre la quarta generazione. C’è bisogno di interventi di riforma legislativa ma anche di una consulenza capace di rappresentare gli interessi dei singoli armonizzandoli con quelli di tutta l’organizzazione, della sua storia e della sua vocazione.

Nell’epoca dei social media quanto incide il ruolo istituzionale delle attività per
anticipare l’evoluzione degli scenari e gestirne il cambiamento

Manfredi – Le attività istituzionali, interne all’azienda o quelle verso il decisore pubblico, sono l’anello mancante delle organizzazioni, soprattutto delle piccole e medie aziende. Lei sa che da qualche decennio parliamo di “corporate social responsibility”, intese come tutte quelle attività che rendono responsabile un’organizzazione dal punto di vista della sostenibilità. Negli ultimi anni abbiamo iniziato a parlare di “corporate political responsibility”, intesa come la responsabilità “Politica” dell’essere e del fare impresa. Al
crescere della complessità e delle variabili geopolitiche ogni azienda deve dotarsi di strumenti capaci di analizzare il presente e provare a prevedere il futuro non solo più in riferimento ai rischi di natura finanziaria o gestionale ma anche politica ed istituzionale. In questo modo la gestione del cambiamento – il change management è un’attività di relazioni pubbliche – diventa un asset strategico per la creazione di valore anche prima della creazione del profitto.

Le nuove frontiere italiane ed europee, quali novità per il 2024?

Manfredi – Sebbene la domanda è complessa credo che l’evento più importante del prossimo anno saranno le elezioni europee. L’Europa ha bisogno di cambiare passo e ritornare allo spirito iniziale di una vera comunità di popoli ed intenti. Allo stesso tempo proprio in Europa noi italiani dobbiamo diventare più bravi a rappresentare i nostri interessi facendo “sistema”, anche al di là del posizionamento politico. Non ultimo, gli esiti della guerra in Ucraina: ci siamo abituati ad un conflitto assurdo – ma ce ne sono tanti altri quasi sconosciuti – che ha effetto quotidiano sulle nostre vite. Credo dovremo iniziare a riflettere su quale cambio di paradigma sostanziale vogliamo dare al governo del pianeta. Non mi sembra che con la sola rivoluzione verde si possano raggiungere traguardi di reale cambiamento. Penso che dobbiamo iniziare a ragionare in termini di rigenerazione e di bene comune, rimettere al centro la Persona che significa rinunciare al conflitto ad ogni costo e imboccare la strada dell’equilibrio degli interessi in campo per realizzare, appunto, il bene comune.

Chi è Vincenzo Manfredi

Lavora da più di 25 anni come relatore pubblico ed esperto di public Affairs e comunicazione strategica. Esperto di advocacy e corporate social responsibility. Ha iniziato la sua carriera nel settore finanziario dove ha guidato attività di corporate identity, stakeholder engagement, advocacy e Csr in primari gruppi bancari italiani.  È Head of Public Policy e Advocacy di Assoholding, l’associazione delle holding finanziarie italiane; Public Affairs Director di G2R, società di consulenza strategica, public relations e comunicazione. È Direttore Scientifico di FERPILab, Think tank della FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana). Consulente strategico su posizionamento e reputazione aziendale, campagne di advocacy e coinvolgimento con i membri del Parlamento, aiuta i clienti a costruire un solido sistema di relazioni. È Adjunct Professor al Master in Comunicazione e Marketing Politico e Istituzionale della Luiss School of Government. Membro dell’Associazione Italyuntold e del Public Affairs and Carrers. 

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