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Le Pmi italiane trascurano la formazione: lavoratori anziani e poco formati, allarme dal rapporto Indaco Imprese

L’indagine rivela un investimento insufficiente nelle competenze e una scarsa sensibilità verso l’innovazione tecnologica. “Situazione preoccupante” dice Inapp

Le Pmi italiane trascurano la formazione: lavoratori anziani e poco formati, allarme dal rapporto Indaco Imprese

Nell’ultimo numero della rivista Sinappsi, il periodico scientifico dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp), vengono presentati i risultati dell’indagine Indaco Imprese, che coinvolge oltre 20.000 aziende italiane. I dati emersi mettono in luce una preoccupante situazione riguardo alla formazione dei lavoratori delle micro e piccole imprese, evidenziando un investimento insufficiente nelle competenze e una scarsa sensibilità verso l’innovazione tecnologica.

Scarsa partecipazione dei lavoratori ai programmi di formazione e invecchiamento della forza lavoro 

Secondo l’indagine, solo il 56,7% delle micro imprese organizza corsi di formazione per i propri addetti, a fronte del 94,1% delle grandi aziende. Inoltre, la maggior parte dei corsi viene proposta per adempiere agli obblighi di legge (84,5%), mentre solo il 32,5% delle imprese offre formazione su specifiche tecniche e tecnologie di produzione o servizio. Spesso, queste aziende coinvolgono solo una parte del personale, trascurando i lavoratori meno qualificati, che avrebbero maggiormente bisogno di aggiornamento e sviluppo delle competenze.

La situazione viene ulteriormente aggravata dall’indice di dipendenza degli anziani, che rappresenta il rapporto tra la popolazione di almeno 65 anni e la popolazione in età lavorativa (15-64 anni). Questo indice rimane uno dei più alti in Europa, attestandosi al 37% in Italia. Ciò significa che i lavoratori invecchiano insieme alle loro competenze.

Formazione in Italia: dati lontani dagli obiettivi europei 

A livello nazionale, solo il 9,9% dei lavoratori italiani partecipa a corsi di formazione professionale, lontano dall’obiettivo europeo del 15%. La partecipazione alla formazione è anche influenzata dalla carenza di offerta di corsi a livello territoriale, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno.

Inoltre, solo il 4,8% delle imprese ha presentato progetti di formazione per ottenere finanziamenti nel Fondo per le nuove competenze, mentre il 13% non ne ha fatto richiesta o non ne era a conoscenza. Per quanto riguarda lo sviluppo delle tecnologie digitali, solo il 5% delle imprese ha adottato le tecnologie indispensabili per competere nell’era digitale.

Questi dati non sono allineati agli obiettivi europei per le competenze digitali e la partecipazione degli adulti alla formazione. Il Percorso verso il decennio digitale della Commissione europea mira ad aumentare gli specialisti Ict occupati da 8 a 20 milioni, far utilizzare il cloud, i big data e l’IA al 75% delle imprese e garantire che il 90% delle PMI abbia almeno un livello base di intensità digitale. Tuttavia, sul fronte della formazione, il Consiglio europeo ha fissato per il 2030 l’obiettivo che almeno il 60% degli adulti tra i 25 e i 64 anni partecipi ad attività di apprendimento nei 12 mesi precedenti.

L’Anno Europeo delle Competenze, coordinato in Italia dall’Inapp, viene indicato come un’opportunità per supportare lo sviluppo delle competenze dei lavoratori. Vengono suggerite tre direzioni per promuovere tale sviluppo: investimenti nella formazione e nella riqualificazione, garanzia di coerenza delle competenze dei lavoratori rispetto ai bisogni del mercato del lavoro e corrispondenza tra aspirazioni e competenze dei cittadini e opportunità offerte dal mercato del lavoro, soprattutto nei settori delle transizioni verde e digitale.

Formazione: le opportunità per il futuro e le cause del ritardo 

Il presidente dell’Inapp, il professor Sebastiano Fadda, ha sottolineato l’importanza di sostenere la formazione, il reskilling e l’upskilling di tutto il personale, soprattutto nelle Pmi, per far fronte alle sfide dell’era digitale. Tuttavia, i dati emersi dalle ricerche dell’Istituto mostrano una partecipazione dei lavoratori a programmi di formazione durante la vita lavorativa molto carente, e una sensibilità delle imprese, soprattutto di piccole dimensioni, verso l’innovazione tecnologica e organizzativa altrettanto insufficiente.

Il ritardo delle Pmi nel campo della formazione è attribuibile principalmente alla scarsa capacità di affrontare le sfide della digitalizzazione e dell’innovazione, oltre alla mancanza di una cultura dello sviluppo delle competenze. A ciò si aggiunge un gap infrastrutturale tecnologico e cognitivo, e modelli organizzativi e di business poco innovativi. Tuttavia, il professor Fadda ha evidenziato le opportunità rappresentate dai Fondi Interprofessionali, nonché dall’Anno Europeo delle Competenze e dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).

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