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Juve, Champions tabù: Real Madrid campione

La maledizione della Champions colpisce ancora la Juve che, dopo un buon primo tempo, perde nettamente per 1 a 4 la finalissima di Cardiff contro il Real Madrid dell’ex Zidane che vince per la seconda volta consecutiva la mitica coppa

Juve, Champions tabù: Real Madrid campione

Niente da fare. La Champions League si conferma stregata per la Juventus, costretta ad archiviare l’ennesima finale con una sconfitta, la settima (su 9!) della sua incredibile storia europea. Questa di Cardiff però fa più male e non solo perché appena arrivata e dunque più fresca: la sensazione di poter vincere era molto forte e invece la Signora si trova costretta a fare i conti con un ko bruciante, specialmente per le modalità con cui è arrivato. Il 4-1 finale che regala la dodicesima Champions al Real Madrid (prima squadra a vincerne due di seguito da quando si chiama così) è figlio di un secondo tempo totalmente dominato dai blancos, con la Juve sottomessa come mai prima d’ora in stagione. “Avremmo dovuto rimanere in partita con le unghie e con i denti, invece non ci siamo riusciti – il commento amaro di Massimiliano Allegri. – C’è da essere orgogliosi per quanto hanno fatto i ragazzi in stagione, purtroppo non siamo riusciti a vincere questa coppa. Ci riproveremo l’anno prossimo, ripartiremo con l’obiettivo di fare bene in Champions e in campionato”. 

Tanta delusione per il tecnico bianconero e, com’è ovvio che sia, altrettanta gioia per Zinedine Zidane, alla sua seconda Champions consecutiva in appena due anni di carriera. Una vittoria che lo pone di diritto nella storia del calcio e, dunque, nell’olimpo degli allenatori. “E’ un giorno speciale, non mi sarei mai aspettato di vincere Liga e Champions nella stessa stagione – le sue parole. – Devo fare i complimenti a tutti, ora dobbiamo solo goderci questo momento, riposarci e aspettare la prossima stagione”.

Partita a due volti quella di Cardiff, con un primo tempo a tinte bianconere e un secondo decisamente blanco. La differenza è che il divario della ripresa è stato molto più netto, e così sono emerse le qualità di una squadra straordinaria, capitanata da un Cristiano Ronaldo semplicemente mostruoso. CR7 ha toccato pochi palloni, eppure il suo score recita due gol, peraltro decisivi: il quinto pallone d’oro della carriera, con buona pace di Buffon, è già cosa fatta. Eppure il match era cominciato con una Juve molto più convinta, tanto che Navas faceva la prima grande parata su Pjanic dopo appena 7’. Alla prima occasione però il Madrid colpiva col solito Ronaldo, bravo a calciare in porta un cross di Carvajal e fortunato a trovare la deviazione di Bonucci (20’). Colpo pesante ma non da ko: 7’ più tardi infatti e la Juve trovava il pari con uno straordinario Mandzukic, fenomenale nel girare in rovesciata alle spalle di Navas dopo un’azione tutta di prima dei compagni. Il primo tempo scivolava senza altre occasioni particolari e la sensazione comune era che nel secondo avremmo visto un match molto equilibrato. Nulla di più sbagliato: il Real Madrid s’impadroniva totalmente della situazione e metteva alle corde la Signora. Buffon sudava freddo per alcuni minuti, poi Casemiro lo freddava con un tiro dalla lunghissima distanza (61’) che trovava, ancora una volta, una deviazione decisiva (Khedira). La Juve sanguinava e Ronaldo, da vero squalo della Champions, finiva per approfittarne: neanche 3’, infatti, ed ecco il 3-1 su assist di Modric, a certificare una superiorità blanca tanto netta quanto inattesa.

Allegri provava a scuotere i suoi inserendo Cuadrado per Barzagli ma quando il colombiano, un po’ per colpa sua e un po’ per furbizia di Sergio Ramos, si faceva buttare fuori con due ammonizioni ravvicinate, il sogno rimonta sfumava nel cielo di Cardiff. Anzi, il Madrid arrotondava addirittura il risultato con il neo entrato Asensio (90’) legittimando così la dodicesima Champions della storia del club, un unicum davvero invidiabile e in perfetto stile con i precedenti degli ultimi anni, con gli spagnoli sempre vincenti nelle finali. Alla Juve invece resta solo l’amarezza di un’altra sconfitta europea, l’ennesima di una competizione sempre desiderata eppure quasi mai raggiunta. Ci si riproverà l’anno prossimo, ci mancherebbe, quando l’amarezza attuale lascerà spazio a energie fresche e ambizioni nuove.

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