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Iva: un portale unico Ue per i pagamenti online

Il risparmio previsto in termini aggregati per le imprese è di 2,3 miliardi l’anno – Arriva anche la possibilità di parificare l’Iva su e-book e sulle altre pubblicazioni digitali a quella su libri e periodici di carta

Un portale unico nell’Unione europea per pagare l’Iva online. È una delle proposte qualificanti avanzate oggi dalla Commissione europea per le imprese del commercio elettronico rivolta particolarmente alle pmi e alle start-up. L’obiettivo è facilitare acquisti e vendite online di beni e servizi riducendo i costi: il risparmio previsto in termini aggregati per le imprese è di 2,3 miliardi l’anno.

Le nuove regole garantiranno che l’Iva sarà pagata nello Stato membro del consumatore finale e ciò si tradurrà in una ripartizione più equa delle entrate fiscali tra i paesi Ue. Le proposte della Commissione, se adottate da Parlamento e Consiglio, dovrebbero permettere agli Stati di recuperare l’Iva non percepita sulle vendite online che viene stimata in 5 miliardi all’anno. Secondo una elaborazione su cui si fonda il lavoro dell’esecutivo Ue le perdite di gettito Iva potrebbero raggiungere 7 miliardi di euro entro il 2020.

Non solo: da Bruxelles arriva anche la possibilità di parificare l’Iva su e-book e sulle altre pubblicazioni digitali a quella su libri e periodici di carta.

E ancora: per le start-up e le microimprese si prevede che l’Iva sulle vendite transfrontaliere di ammontare inferiore a diecimila euro sia gestita a livello nazionale. Le Pmi, infine, beneficeranno di procedure più semplici sulle vendite di valore fino a centomila euro all’anno.

Il commissario agli affari economici e fiscali Pierre Moscovici ha detto che le misure previste “semplificano le regole per le microimprese e le start-up permettendo loro di accedere a nuovi mercati: con le nostre proposte i governi europei potrebbero incassare 100 milioni supplementari alla settimana”.

Tornando allo sportello unico Iva, oggi gli operatori che commerciano online devono registrarsi per l’Iva in tutti gli Stati membri nei quali vendono i loro beni e servizi. Questo è spesso citato come uno degli ostacoli fondamentali di accesso al mercato unico. In media rappresenta un costo di 8mila euro all’anno per impresa per ogni paese Ue in cui vengono effettuate le vendite.

Bruxelles propone che le imprese presentino una dichiarazione trimestrale unica per l’Iva dovuta nell’insieme della Ue allo sportello unico elettronico. È un sistema già esistente per le vendite di servizi elettronici (applicazioni per telefoni mobili) che ha dato buoni risultati, dice la Commissione europea, con oltre tre miliardi di Iva raccolta dall’intermediario del sistema nel 2015. I carichi amministrativi si ridurrebbero del 95% (di qui il risparmio globale di 2,3 miliardi l’anno). Gli Stati aumenterebbero le loro entrate Iva di 7 miliardi.

Le soglie previste per piccole e medie imprese e start-up faciliteranno il rispetto delle regole Iva: sono interessate 430 mila imprese nella Ue, pari al 97% dell’insieme delle microsocietà che praticano il commercio transfrontaliero. Le soglie potranno essere applicate dal 2018 ai servizi elettronici e nel 2021 al più tardi ai beni venduti online.

Altre semplificazioni permetteranno alle imprese più piccole di beneficare delle stesse regole Iva praticate nei paesi di origine riguardo alle fatturazioni e alla tenuta dei registri. Il primo punto di contatto sarà sempre l’amministrazione fiscale del luogo in cui l’impresa è stabilita e le imprese non dovranno più essere controllate (audit) in ogni stato in cui effettuano le vendite.

I piccoli invii importati nella Ue di valore inferiore a 22 euro sono attualmente esonerati dall’Iva: con oltre 150 milioni di ‘pacchi’ importati con tale esonero nella Ue ogni anno, questo sistema apre la via a forme di frodi massicce e a pratiche chiaramente abusive che creare forti distorsioni di concorrenza. Di nuovo è chiamata in causa la Cina, ma non solo.

Le imprese Ue si trovano in una situazione svantaggiosa perché contrariamente ai concorrenti dei paesi terzi devono applicare l’Iva dal primo centesimo originato dalle vendite. Inoltre, beni di grande valore come gli smartphone e i tablet sono sistematicamente sottovalutati o descritti apposta in modo erroneo nei documenti di importazione proprio per beneficiare dell’esonero. Di qui la scelta di abolirlo.

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