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Intelligenza artificiale: il 65% degli italiani teme abusi e fake news, 9 su 10 la considerano ancora un rischio per il lavoro

L’Europa detta le regole per l’intelligenza artificiale. Ma gli italiani sono divisi. Il 65% teme la disinformazione, l’87% pensa che il lavoro subirà un contraccolpo. Quali saranno le opportunità per il futuro? I dati della ricerca Ipsos-Unipol

Intelligenza artificiale: il 65% degli italiani teme abusi e fake news, 9 su 10 la considerano ancora un rischio per il lavoro

Il 13 marzo scorso, il Parlamento europeo ha approvato l’AI Act, un insieme di norme europee sull’Intelligenza Artificiale. Questo provvedimento è stato accolto positivamente, come dimostra una recente ricerca condotta da Changes Unipol in collaborazione con Ipsos, che ha analizzato le percezioni e le esperienze degli italiani riguardo all’Intelligenza Artificiale.

Secondo la ricerca, il 44% degli intervistati ritiene che l’implementazione di regolamenti rigidi sull’uso dell’IA sia la soluzione più efficace per prevenire gli effetti negativi della tecnologia. In particolare, preoccupa diffusamente la possibile disinformazione causata dall’abuso dell’intelligenza artificiale, un aspetto che preoccupa il 65% degli italiani.

IA: è la disinformazione la preoccupazione maggiore

I settori più suscettibili alla disinformazione generata dall’IA sono identificati come la sicurezza (con il 34% dei casi segnalati riguardanti minacce o allarmi falsi), seguita dall’economia (28%) e dalla politica (27%). Anche la salute (24%) e i diritti umani (23%) suscitano preoccupazione per la diffusione di informazioni false.

Nonostante l’elevata preoccupazione, soprattutto tra i Baby Boomers, persone tra i 60 e 79 anni, con una percentuale del 70%, c’è una percezione diffusa che sia possibile distinguere le informazioni reali da quelle generate dall’Ia: il 38% ritiene che ciò avvenga “sempre o la maggior parte delle volte” (43% tra i Millennials, 29-43 anni), il 32% “raramente”, mentre solo il 10% sostiene che non sia possibile distinguere.

Le misure per prevenire la disinformazione

Gli italiani ritengono che, oltre all’implementazione di regolamenti severi sull’uso dell’IA, altre misure efficaci possano includere l’educazione e la formazione dei cittadini (31%), lo sviluppo di tecnologie per rilevare la disinformazione (31%), e la responsabilizzazione delle piattaforme media nel monitorare e rimuovere le fake news (29%).

Complessivamente, l’82% dei connazionali ritiene necessaria l’introduzione di almeno una misura di controllo sull’IA per contrastare il fenomeno.

Preoccupa anche l’Intelligenza artificiale nel lavoro

Oltre alla disinformazione, le preoccupazioni degli italiani sull’utilizzo dell’IA si concentrano su alcuni aspetti della vita, personali e collettivi, molto sentiti in particolare per quanto riguarda il lavoro, con l’87% che ritiene che ci saranno almeno degli svantaggi. Le principali preoccupazioni riguardano la possibile perdita di posti di lavoro (39%), la chiusura delle imprese artigianali (32%), e minori opportunità per i lavoratori con una bassa alfabetizzazione digitale (30%).

Tuttavia, l’81% degli italiani riconosce almeno un possibile vantaggio per il mondo del lavoro, come la riduzione degli errori umani nei processi lavorativi (32%), l’ampio accesso ai dati e alle informazioni (28%), la semplificazione delle attività (27%), e la riduzione del carico di lavoro (26%). Solo il 19% indica la creazione di nuovi lavori come un possibile vantaggio. La Generazione Z mostra un’opinione più positiva, trovando vantaggi nella semplificazione delle attività (34%) e nell’aumento della produttività (29%), ma esprime anche preoccupazioni sulla minaccia per la creatività umana (34%).

Le altre preoccupazioni riguardanti l’IA, guardando principalmente al futuro, riguardano principalmente la protezione dei dati personali che peggiorerà per il 34% degli italiani, seguita dalla sicurezza digitale con il rischio di cybercrime (32%), la comunicazione tra le persone (31%), e la qualità dell’informazione dei media (30%). Anche per quanto riguarda l’ambiente, prevalgono le opinioni negative: solo il 26% ritiene che l’IA possa aiutare il clima, mentre il 28% teme che possa avere effetti peggiorativi.

Gli italiani e l’intelligenza artificiale

Il 70% degli italiani ha una conoscenza almeno di base dell’Intelligenza Artificiale, ma solo il 12% dichiara di averne fatto uso, anche saltuario. L’utilizzo aumenta al 21% nella Generazione Z e diminuisce con l’età: 12% tra i Millennials, 11% tra la Generazione X e solo il 5% tra i Baby Boomers.

La creazione di contenuti testuali è l’uso più comune (40%), seguito dall’uso per attività personali o creative (34%), ricerca accademica (27%), e automazione di compiti domestici (24%). Solo il 23% ha indicato di utilizzarla per scopi lavorativi.

Il 45% di coloro che l’hanno provata la valutano “molto utile”, con un’opinione particolarmente positiva tra i Millennials (55%). Considerando anche coloro che la ritengono “abbastanza utile”, la percentuale di soddisfazione sale all’88%.

Due italiani su tre non hanno ancora un’opinione definita sull’IA, mentre tra coloro che ce l’hanno, la metà è attratta e curiosa (18%) mentre l’altra metà è diffidente e preoccupata per le implicazioni (16%). Complessivamente, quasi il 60% dichiara di avere un grado di fiducia almeno sufficiente nell’Intelligenza artificiale su una scala da 1 a 10.

La Generazione Z mostra un maggiore interesse (25%), mentre i Baby Boomers tendono a non essere sicuri se gli aspetti positivi o negativi dell’IA prevalgano (51%).

IA: le previsioni per il futuro

Guardando ai prossimi 5 anni, gli italiani ritengono che l’IA migliorerà soprattutto la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (52%), seguita dalla possibilità di vivere esperienze culturali (50%), fare shopping (48%), gestire gli spostamenti e la mobilità (46%), e dall’aumentata precisione e velocità delle diagnosi mediche (46%).

Inoltre, secondo gli italiani, le opportunità lavorative supereranno gli ostacoli per i giovani (42%) e per le persone con disabilità (34%) con l’IA, mentre si prevedono più ostacoli che opportunità per le persone con una bassa scolarizzazione (40%), gli over 50 (36%), e gli immigrati (20%).

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