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Inflazione e guerra: i rincari di gas, petrolio e cereali sono dovuti solo in minima parte al conflitto

Secondo uno studio dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani (Cpi), l’80% dell’aumento del prezzo del gas si è realizzato prima della guerra, mentre le quotazioni di alluminio e rame sono addirittura scese

Inflazione e guerra: i rincari di gas, petrolio e cereali sono dovuti solo in minima parte al conflitto

Inflazione e guerra hanno davvero un rapporto così stretto? È opinione diffusa che il conflitto fra Russia e Ucraina abbia svolto un ruolo determinante nell’impennata dell’inflazione cui stiamo assistendo nel 2022. Tuttavia, secondo uno studio dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, le cose non stanno proprio così. Il conflitto ha certamente influito sull’aumento dei prezzi – imprimendo un’accelerazione soprattutto a quelli delle materie prime – ma il suo impatto non è stato poi così decisivo. Anzi: “L’inflazione dovuta alla guerra – scrive l’Osservatorio – è minoritaria rispetto a quella che si è realizzata prima dell’inizio delle ostilità, ovvero durante la ripresa nel 2021”.

Inflazione e guerra: gas naturale, petrolio e carbone

Nel dettaglio, per quanto riguarda i beni energetici, “dopo un forte aumento allo scoppio delle ostilità, il prezzo del gas naturale si è stabilizzato a un valore vicino al livello pre-guerra: l’80% dell’aumento considerato riflette quanto è avvenuto prima della guerra – prosegue lo studio – La percentuale è molto alta anche per il petrolio (79%)”, mentre “per il carbone metà dell’aumento è avvenuto prima della guerra”.

Cereali: frumento, mais, riso

Il discorso è analogo per i beni alimentari. “Per i tre principali cereali (frumento, mais e riso) tra metà e tre quarti dell’aumento è avvenuto prima della guerra”, sottolinea ancora l’Osservatorio.

Cotone e legno

Sul versante delle materie prime agricole, l’aumento del prezzo del cotone è avvenuto per tre quarti prima della guerra, mentre le quotazioni del legname sono addirittura calate con lo scoppio del conflitto.

Metalli

Infine, i metalli: “Il prezzo di alluminio, rame e stagno è leggermente al di sotto di quello pre-guerra”, mentre negli altri casi “l’aumento è per almeno quattro quinti dovuto a quanto avvenuto prima della guerra”. Fa eccezione solo il nickel, il cui rincaro è avvenuto per metà dopo l’inizio della guerra.

La fine della guerra non invertirebbe l’inflazione

Sulla base di queste considerazioni, “se anche la fine delle ostilità portasse a un ritorno dei prezzi delle materie prime a livelli pre-guerra – conclude lo studio dell’Osservatorio conti pubblici italiani – questi prezzi resterebbero molto più alti di quelli osservati un paio di anni fa”.

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