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In Italia (e non solo) ripresa appesa al vaccino

LE LANCETTE DELL’ECONOMIA DI NOVEMBRE 2020 – Per l’economia notizie buone e cattive. La ripresa prende le sembianze di una delle ultime lettere dell’alfabeto. Tra USA ed Europa è in corso una nuova staffetta. Asia felix. Mercati finanziari tra sorprese e conferme.

In Italia (e non solo) ripresa appesa al vaccino

A Tale of Two Cities: nel grande libro di Charles Dickens le due città erano Londra e Parigi. Oggi, in un’immaginaria Tale of Two Worlds i due mondi sarebbero l’Occidente da una parte e l’Asia dall’altra. Il primo barcolla sotto l’onda d’urto di un virus che non riesce a domare, mentre il continente asiatico è riuscito a tenere sotto controllo il Covid-19. I numeri sono impietosi: combinando Usa ed Europa, i casi di coronavirus a oggi sono più di 20mila per milione di abitanti, e in aumento. Il numero corrispondente in Asia è poco più di 3mila, e stabile.

Contano fattori culturali, ma contano anche l’efficienza e la severità della risposta: in Australia e Nuova Zelanda – Paesi occidentali ad honorem – quel numero è anche più basso che in Asia. Alla fine il virus sarà sconfitto, per merito della scienza (si avvicina il vaccino), ma intanto i danni all’economia sono stati e saranno ingenti.

In America l’esito delle elezioni presidenziali è positivo per l’economia, anche se la ringhiosa resistenza di Trump introduce qualche elemento di incertezza nella fase di passaggio delle consegne. La locomotiva Usa deve ancora sopportare il peso delle ulteriori inevitabili restrizioni sanitarie anche se, grazie ai generosi trasferimenti, l’infaticabile consumatore americano ha ulteriore ampio spazio per allargare i cordoni della borsa (il tasso di risparmio delle famiglie è all’incirca doppio della media storica) e la “luna di miele”, tradizionalmente accordata al nuovo Presidente, potrebbe catalizzare questa capacità di spesa.

Anche in Italia i consumatori, se non infaticabili come in America, sembravano tenere (le vendite al dettaglio di settembre erano tornate ai livelli pre-virus), ma pure qui dobbiamo mettere in conto che le conseguenze delle nuove restrizioni non sono ancora inglobate nei dati saranno pesanti.

Nelle Lancette del mese scorso avevamo detto che le infezioni si stavano allargando, in Europa anche più che in America. Ora la staffetta si è invertita, ed è l’America che ha preso la rincorsa (le elezioni, con comizi, folle e assembramenti vari, hanno avuto una grossa parte). In Europa (non in Italia) si notano segnali di stabilizzazione nella dinamica delle infezioni; nel nostro Paese co dobbiamo accontentare di un rallentamento nell’aumento del tasso di positività, che è alto.

Ovunque dati della congiuntura invecchiano precocemente di fronte all’improvvisa e acuta ripresa del virus. A questa obsolescenza, in epoca di Big Data, si cerca di porre rimedio con monitoraggi in tempo reale, che si avvalgono di parole chiave in Google, di dati di spesa dalle carte di credito, di prenotazioni nei ristoranti… E questi monitoraggi danno pessime notizie a partire dalla seconda metà di ottobre.

L’inflazione rimane cedente, sia a livello dei prezzi al consumo che a livello dei prezzi alla produzione. L’unica eccezione sono gli Usa, come si conviene a un paese dove l’economia è meno debole che altrove (dovrebbe fare eccezione anche la Cina, ma colà i prezzi sono stati influenzati da una grossa caduta delle quotazioni della carne di maiale).

L’economia cinese, che continua a essere il maggiore assorbitore mondiale di materie prime, ha spinto all’insù le quotazioni di queste ultime, e anche il petrolio si mantiene sopra quota 40$/b.

La pandemia ha influenzato le misure di inflazione? Un ponderoso studio dell’FMI ha ricalcolato i pesi delle varie categorie di spesa (con i lockdown è aumentata la quota di spesa per i beni essenziali, e diminuita quella per i beni discrezionali). Usando i dati delle carte di credito, e ricalcolando gli indici, viene fuori che durante il lockdown l’inflazione “vera”, intesa come erosione del potere d’acquisto, era di qualche decimale più alta un po’ in tutte le principali aree del mondo, eccetto che nel Sud-Europa (dove siamo noi…).

Sui tassi a lunga i livelli non sono molto variati rispetto al mese scorso, eccetto per i T-Bond, dove i rendimenti a 10 anni si sono avvicinati all’1%, per poi riabbassarsi lesti, in connessione con il leggero rialzo dell’inflazione (comunque sempre sotto il famoso 2%) e con la miglior tenuta (finora) dell’economia reale.

Stabili i Bund, mentre i BTp hanno ribadito la buona performance segnata in precedenza, e perfino hanno toccato un rendimento dello 0,60%, prima di assestarsi a un livello leggermente superiore, ma comunque inferiore a quello dei titoli del Tesoro Usa. Naturalmente, molti diranno che è merito della Bce, che acquista BTp a tutto spiano. Ma lo stesso fa la Fed con i titoli americani, e in ogni caso Fed e Bce non fanno altro che il loro dovere: dato che il drago dell’inflazione si è assopito da tempo, le Banche centrali agiscono secondo i loro statuti, e sostengono l’economia.

Rispetto al mese precedente, i tassi reali (deflazionati con l’IPC “core”, che esclude alimentari ed energia) sono rimasti stabili. Per aiutare davvero il rilancio economico dovrebbero essere ben più bassi, ma tant’è…

Poco variato il cambio dell’euro contro dollaro. Le elezioni americane non hanno avuto grandi effetti sul corso del biglietto verde e il dollaro/euro è rimasto nella fascia 1,17-1,19, dove si trova da agosto, dopo la forte salita dall’inizio dell’anno.

Là dove invece c’è stata un’involata è nel cambio della moneta cinese: lo yuan, che un mese fa quotava 6,71 contro dollaro, si è rafforzato a 6,62. Come si conviene alla valuta di un’economia che ha fatto meglio di tutte: secondo le previsioni ultime, che ancora non consideravano gli effetti recenti della seconda ondata pandemica, alla fine dell’anno prossimo l’economia Usa sarà ancora ai livelli del 2019, mentre l’economia cinese sarà di un 10% più grande.

E i mercati azionari? La correzione della seconda metà di ottobre è durata poco, e in novembre le quotazioni borsistiche, ingagliardite dalle elezioni Usa e ringalluzzite dalle notizie sui vaccini, si sono riportate vicino ai massimi storici. Trump aveva dichiarato che, se fosse stato eletto lui, Wall Street sarebbe partita come un razzo. Wall Street è partita, ma per altre ragioni…

La “strana coppia” Borse-oro non balla più cheek-to-cheek come prima. Da agosto ad oggi l’oro ha perso qualcosa e le Borse sono salite. Come dovrebbe in effetti succedere in un mondo ben temperato.

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