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Il referendum ci consegna un’Italia molto divisa tra Nord e Sud e non solo

Referendum o no, la cattiva qualità delle istituzioni protette dall’attuale Costituzione resta all’origine dei guai dell’Italia – E il risultato referendario fotografa l’immagine di un Paese profondamente diviso tra Nord e Sud, centro e periferia, ricchi e poveri, che è compito di una politica lungimirante riunificare

Il referendum ci consegna un’Italia molto divisa tra Nord e Sud e non solo

In un articolo pubblicato ieri su “Il Sole 24 Ore” Luca Ricolfi così argomenta: “Dietro quell’accanimento sulla Riforma c’è anche l’errata credenza che i guai dell’Italia dipendano in misura non trascurabile dalla Costituzione del 1948 (…) Ebbene, permettetemi di dire che si tratta di una notevole sciocchezza. Mafia, corruzione, evasione fiscale sprechi, incapacità di ridurre le tasse (….) dipendono al 99% da noi e dalla maggiore o minore serietà dei governi che ci scegliamo, e forse all’1% dal fatto che la Costituzione ha alcuni difetti e limiti.”

Non so quale sia il fondamento che consente a Ricolfi di affermare con tanta sicumera che solo una così esigua percentuale dei nostri guai abbia fondamento nella Costituzione. Personalmente ho un’idea diversa, anche se mi guardo bene dal quantificare “quella misura non trascurabile” delle cattive istituzioni politiche che invece secondo me sono alla base della cattiva performance dell’economia italiana che dura da vent’anni.

Certo non tutte le cattive istituzioni politiche sono riconducibili alla Costituzione ma il bicameralismo perfetto ne ha fatti di danni in economia: ha moltiplicato per due (ma qualche volta anche per 4 o per 5) la possibilità per i parlamentari di introdurre articoli e commi che diluiscono gli impianti riformatori portati avanti dai governi (indistintamente siano essi di destra o di sinistra); valga da ultimo esempio la legge sulla concorrenza che in due anni non è stata ancora approvata dal Parlamento.

E le storie di tante leggi di stabilità. D’altra parte tutta la nostra Costituzione è pervasa dalla “paura del tiranno” e dall’obiettivo di rendere mite il potere del governo e del Presidente del Consiglio. Così è se vi pare. E fallito il tentativo di Renzi torneremo alla Repubblica originaria con le minoranze che bloccano le maggioranze.

Né condivido l’ottimismo di Ricolfi sul fatto che gli italiani siano poco divisi. Anche qui non è chiaro su quale evidenza basi il suo giudizio. I risultati elettorali e quelli resi noti ieri dall’Istat dicono altro: il paese è fortemente diviso tra Nord e Sud, tra centro e periferia, tra ricchi e poveri.

Il primo estremo di ciascuna di queste polarità vuole maggiore rapidità nelle scelte pubbliche e nelle realizzazioni, innovazione nelle scelte istituzionali ed imprenditoriali, laddove il secondo estremo (il Sud, la periferia del paese, i meno abbienti) domanda, comprensibilmente, welfare, garanzie dei propri risparmi, sicurezza e non rischio.

L’avvicinamento di questi due estremi sarebbe il compito di una politica lungimirante: una politica che includa e non divida, che offra opportunità eliminando i veto players dando nel contempo il senso di una maggiore equità. Proprio quello che è mancato nell’azione del governo Renzi dell’ultimo anno e mezzo.

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