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Google, Facebook e Amazon nel mirino dell’Antitrust Usa: ecco perchè

Sulla Silicon Valley il vento sta cambiando e le Autorità Usa sono decise ad andare a fondo sul ruolo dei monopoli di Internet e si comincia a parlare di spacchettamento, come ai tempi di At&T

Google, Facebook e Amazon nel mirino dell’Antitrust Usa: ecco perchè

L’Antitrust americano punta il mirino sui giganti della Silicon Valley. Lunedì il ministero della Giustizia di Washington e la Federal Trade Commission – l’agenzia che si occupa della concorrenza – hanno annunciato la divisione dei compiti: il primo (guidato ora da William Barr, fedelissimo di Trump), si occuperà di Google, mentre la seconda accenderà i riflettori su Facebook e su Amazon.

Il Wall Street Journal, inoltre, ha pubblicato un’indiscrezione secondo la quale starebbe per scattare un’inchiesta su Google.

Le due notizie si sono abbattute come una slavina sulla Borsa, dove ieri i titoli di Big G e di Facebook sono arrivati a perdere oltre il 7% nel corso della seduta. Le vendite hanno colpito anche altri colossi come Amazon e Apple, al punto che l’intero indice tecnologico Nasdaq è stato trascinato in una fase di correzione: -10% rispetto al picco storico toccato a maggio.

Per i giganti californiani della tecnologia questo genere di guai non è certo una novità. Poco meno di un anno fa, l’Unione europea sanzionò Google con una multa da 5,1 miliardi di dollari per abuso di posizione dominante (in quel caso, nel mirino c’era l’installazione automatica del motore di ricerca negli smartphone Android, che rappresentano l’80% del totale). Quest’anno invece l’Antitrust comunitario ha comminato una nuova sanzione a Google per un abuso di posizione dominante attraverso AdSense.

Fin qui gli Usa sono stati più permissivi nei confronti delle grandi aziende tecnologiche, anche perché il settore è quasi completamente deregolamentato. Negli ultimi tempi, però, qualcosa è cambiato.

Le violazioni della privacy da parte di Facebook venute a galla con lo scandalo di Cambridge Analytica, insieme alle proteste dei concorrenti di Amazon o Google, hanno indotto anche le autorità americane a muoversi.

E, per una volta, l’iniziativa mette d’accordo le due estremità della politica americana: da Donald Trump (che accusa Google di sminuire le notizie politiche di destra e critica per ragioni fiscali Jeff Bezos, fondatore di Amazon e proprietario del Washinton Post) fino alla sinistra democratica di Bernie Senders.

Consapevole che la battaglia è ormai alle porte, Google sta già preparando la sua squadra di esperti e di avvocati, nel timore che i giudici possano imporgli uno spezzettamento del gruppo, come già avvenuto per il gigante delle telecomunicazioni At&t.

Nel caso di Google, però, la questione è più complessa. I principi antitrust non sono applicabili in senso tradizionale, perché il monopolio esercitato dal motore di ricerca non determina un innalzamento dei prezzi a danno dei consumatori. È piuttosto il mercato a risentirne in termini di pluralismo.

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