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Giuliano Cazzola: disoccupazione e cuneo, quanto costa il piano Renzi per il lavoro

Giuliano Cazzola, ex parlamentare e esperto di politiche del lavoro e della previdenza: “Se ci sarà l’estensione dell’assegno di disoccupazione a collaboratori e partite Iva, il costo sarà di 7-8 miliardi” – Sì all’estensione, ma solo a fronte di requisiti contributivi versati negli anni precedenti – Il taglio a doppia cifra del cuneo costerebbe 30 miliardi.

Giuliano Cazzola: disoccupazione e cuneo, quanto costa il piano Renzi per il lavoro

“Renzi ha dato i numeri al lotto. Tante indicazioni generiche, pochi fatti, almeno stando a quanto si è sentito nel suo discorso al Senato”. E’ difficile per Giuliano Cazzola, ex parlamentare e esperto di politiche del lavoro e della previdenza, commentare la proposta del presidente del Consiglio Matteo Renzi sull’estensione dell’assegno di disoccupazione.

A Palazzo Madama, il premier aveva assicurato di voler partire, entro marzo, con la discussione parlamentare del Piano per il lavoro che “modificando uno strumento universale a sostegno di chi perde il posto di lavoro, interverrà attraverso nuove regole normative, anche profondamente innovative”.

Che significa?

“La frase detta da Renzi è troppo generica – continua, dopo una lunga pausa – Tirando a indovinare, quel che si può fare è cercare le proposte che sono state fatte in questi anni e le iniziative che si è tentato di intraprendere.”

La formulazione è generica, ma potrebbe concretizzarsi in quanto già proposto da Renzi quando era ancora sindaco di Firenze, all’interno del suo Jobs Act: un assegno universale per chi diventa disoccupato, con la possibile esclusione dei giovani in cerca di prima occupazione. E’ possibile?

“In realtà, la soluzione proposta da Renzi è all’interno di una forbice molto ampia. Il punto più basso è rappresentato dall’estensione dell’Aspi anche alle categorie finora escluse. Quello più alto è costituito da reddito minimo, sia esso di cittadinanza o di inclusione sociale.”

Tradotto in euro, quanto costerebbe?

“Se vogliamo parlare di numeri, questa forbice va da qualche miliardo a qualche decina di miliardi.”

Prendiamo per buona la proposta contenuta nel Jobs Act. Quanto costa?

“Se la soluzione prospettata è l’Aspi, l’ex indennità di disoccupazione, estesa a collaboratori e partite iva, servirebbero almeno 7-8 miliardi. Ma se fosse esteso a tutti gli inoccupati saremmo a livelli molto più elevati.”

Secondo lei, qual è la soluzione più praticabile?

“L’opzione più ragionevole, per me, è l’estensione dell’indennità ai collaboratori e alle partite Iva, a fronte però di qualche requisito contributivo. Detto in altri termini, diamo l’assegno di disoccupazione anche a loro, ma solo se hanno lavorato negli anni precedenti. E hanno versato i contributi necessari a pagare la loro indennità.”

Quindi lo Stato non ci dovrebbe mettere i soldi?

L’estensione dell’indennità di disoccupazione la dovrebbero pagare i lavoratori e le imprese, non lo Stato. Nella fattispecie, in questo caso, se la potrebbero pagare i collaboratori con i contributi versati negli anni. La soluzione non può essere quella di affidarsi sempre allo Stato, che finirebbe a dover pagare oneri più alti.”

Renzi è intervenuto anche sul costo del lavoro, prospettando un “taglio a doppia cifra del cuneo”. Questa operazione quanto potrebbe costare?

“E’ difficile giudicare il piano proposto dal premier, anche per quanto riguarda la questione del costo del lavoro. Il premier ha parlato di un taglio a doppia cifra. Se il discorso è fatto in termini assoluti, l’operazione è già stata prospettata dall’ex presidente del Consiglio Enrico Letta, quando voleva destinare 14 dei 30 miliardi di euro del piano Impegno Italia alla riduzione del costo del lavoro. Se invece Renzi parlava in termini percentuali, la cifra decolla a 30 miliardi di euro.”

I soldi dove si prendono?

“Difficile dirlo. Sono numeri al lotto. Anche per quanto riguarda lo sblocco dei debiti della Pubblica amministrazione e il ruolo, in tutto ciò, della Cassa depositi e prestiti. Voglio dire, uno va dalla Cdp con un suo credito, lo certifica e lo rimborsa. Ma la Cassa deve essere rimborsata dallo Stato. Così bisognerebbe trovare altri 50 miliardi di euro. E per farlo c’è il rischio di creare altro debito. E questa non è una buona politica. Non è così che si trovano le risorse. Per non parlare di quell’uscita infelice e fortunatamente rimangiata della tassa sui Bot. Qualcosa che avrebbe inciso sulla voglia di sottoscrivere titoli di Stato.”

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