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Formaggi a latte crudo, levata di scudi contro il ministro Lollobrigida a tutela di una delle produzioni casearie più genuine d’Italia

Slow Food critica le linee guida ministeriali come una gabbia normativa che penalizza indiscriminatamente tutti i produttori, anche quelli virtuosi, e che finisce per colpire le aree interne, le economie marginali, i saperi artigianali.

Formaggi a latte crudo, levata di scudi contro il ministro Lollobrigida a tutela di una delle produzioni casearie più genuine d’Italia

Dal 19 al 22 settembre, a Bra, tornerà Cheese, la più importante manifestazione internazionale dedicata ai formaggi a latte crudo. Un evento attesissimo, giunto alla sua quindicesima edizione, che quest’anno si carica di un significato ancora più urgente: difendere una delle espressioni più nobili della tradizione casearia italiana dall’assedio normativo portato avanti dal ministero della Salute e dal ministro Francesco Lollobrigida.

Una tradizione sotto attacco

Alla recente pubblicazione delle nuove linee guida ministeriali per il controllo del rischio Stec (Escherichia coli) nei formaggi a latte crudo, la preoccupazione è crescente: si parla di controlli onerosi, tecnicamente complessi, spesso incompatibili con la realtà produttiva di chi lavora in alpeggio o in piccoli caseifici artigianali. La levata di scudi non arriva solo da Slow Food, ma da un intero mondo agricolo e culturale che riconosce nel latte crudo non un problema da neutralizzare, ma un patrimonio da tutelare con intelligenza e responsabilità.

Sì, il rischio sanitario esiste, soprattutto per categorie fragili come i bambini. Nessuno lo nega. Ma come sottolinea Slow Food, l’approccio adottato dal ministero è miope e sproporzionato: un tentativo di “risolvere” il problema con una gabbia normativa che penalizza indiscriminatamente tutti i produttori, anche quelli virtuosi, e che finisce per colpire le aree interne, le economie marginali, i saperi artigianali. Il tutto senza avviare alcuna reale strategia formativa o comunicativa, né per gli operatori né per i consumatori.

Petrini (Slow Food): “Un paradosso inaccettabile”

Il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, è stato chiarissimo: “Sarebbe un paradosso che oggi i casari statunitensi possano produrre a latte crudo, anche grazie al lavoro di sensibilizzazione fatto da Slow Food, mentre in Italia rischiamo di distruggere le nostre eccellenze casearie.” E ha aggiunto: “I francesi non lo permetterebbero mai. Se noi non cambiamo rotta, ci ritroveremo invasi da formaggi stranieri a latte crudo, mentre i nostri spariranno.”

L’appello di Petrini è stato rivolto direttamente alle istituzioni regionali, in particolare all’assessore all’Agricoltura del Piemonte, Paolo Bongioanni: “Fatevi portabandiera di questa filosofia. Accelerate le riflessioni già avviate. A Cheese 2025 parleremo di questo in ogni momento.”

La voce della Toscana: “Si colpiscono le aziende familiari”

La protesta non arriva solo dal Piemonte. Anche Confagricoltura Toscana lancia l’allarme: “Le nuove linee guida del Ministero rischiano di uccidere le realtà di montagna”, avverte il presidente Marco Neri. “Si colpiscono le aziende familiari che tengono vivi territori marginali.”

Secondo Neri, “il latte crudo è ancora oggi prodotto da piccole aziende a conduzione familiare, spesso situate in aree marginali dove non esistono alternative economiche. Invece di sostenere queste realtà, che rappresentano un presidio ambientale, sociale e culturale, si rischia di metterle fuori gioco con norme estremamente gravose e da applicare senza alcuna distinzione dal micro produttore alla grande industria.”

Angela Saba, presidente della sezione ovicaprini di Confagricoltura Toscana, rincara la dose: “Anche la Toscana, come tutto il resto d’Italia, verrà fortemente penalizzata. Serve una distinzione tra industria e piccole produzioni artigianali.” E aggiunge: “Le nuove norme, sommate alle difficoltà già causate dalla Blue Tongue mettono a rischio chi lavora ogni giorno per portare avanti una tradizione. La coesistenza tra industria e artigianato è possibile, ma servono regole diverse: non si può equiparare una grande centrale del latte ad un pastore che fa formaggio crudo in montagna.”

Dati alla mano: rischio reale, ma molto contenuto

I numeri raccontano un’altra verità rispetto al clima allarmistico. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2023 in Italia si sono registrati 96 casi di infezione da Stec, con zero decessi. In tutta Europa, i casi sono stati 10.217, con 31 morti. Nello stesso periodo, per la Listeria, ben più letale e presente anche nei formaggi pastorizzati, si sono contati 231 casi in Italia e 335 decessi in Europa.

Questo non significa abbassare la guardia. Significa che l’approccio deve essere basato su proporzionalità, consapevolezza e formazione. L’Italia già prevede un sistema di controlli rigoroso e una rete di veterinari pubblici molto attenta. Inasprire ulteriormente le norme, senza distinguere tra industria e artigianato, significa fare danni.

Cheese 2025: formaggio, territorio, futuro

La quindicesima edizione di Cheese, in programma a Bra dal 19 al 22 settembre, porterà alla ribalta proprio questo tema, con il titolo “Il mondo intorno al formaggio”. Perché ogni forma di formaggio a latte crudo non è solo il risultato di latte, caglio e sale, ma di un’economia rurale complessa fatta di pascoli, transumanze, prati stabili, cultura, lavoro, biodiversità. E se si costringono i produttori alla pastorizzazione – per alcuni l’unico modo per sopravvivere alle nuove norme – si abbassa il valore del prodotto fino al 30%, si triplicano i costi energetici, si spreca acqua, e soprattutto si perde autenticità.

L’appello di un’intera filiera

Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, ha parlato di “sacralità dell’artigianato”, da tutelare tanto quanto quella della salute. Mattia Amich, produttore di Roccaverano Dop, ha spiegato chiaramente che per molti la situazione è insostenibile: “O cambiamo il modello di regolazione, o chiudiamo. E con noi sparisce una parte viva del territorio.”

Non è solo una battaglia per la qualità del cibo. È una questione che riguarda l’identità culturale dell’Italia, la sopravvivenza delle aree montane, la biodiversità ambientale e alimentare. È una battaglia per il futuro.

Una chiamata alla responsabilità

Cheese non sarà solo un festival del gusto, ma una piattaforma politica e culturale. L’occasione per chiedere a gran voce un ripensamento profondo delle politiche ministeriali. Serve più competenza, più ascolto, più capacità di distinguere tra chi lavora con serietà e chi no.

Perché la sicurezza alimentare è un valore imprescindibile. Ma lo è anche il diritto di continuare a produrre e consumare, in sicurezza e consapevolezza, uno dei più straordinari simboli della nostra identità gastronomica: il formaggio a latte crudo.

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