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Festival Sanremo, Gorbaciov vent’anni fa la cantò alla politica

A conferma che Sanremo non è solo canzonette, nel 1999 sul palco del teatro Ariston salì il Premio Nobel per la pace Mikhail Gorbaciov che il giorno dopo tenne una conferenza stampa: ecco come andarono le cose nel racconto di chì condusse l’incontro

Festival Sanremo, Gorbaciov vent’anni fa la cantò alla politica

Dalla prima battuta del Premio Nobel per la pace Mikhail Gorbaciov, appena entrato per la conferenza nel Roof Ariston, il giorno dopo la sua partecipazione alla terza serata del Festival condotto da Fabio Fazio, ci rendemmo subito conto che tutto sarebbe stato molto informale. Nella breve sosta nell’area del “photocall”, l’ex Presidente dell’Urss salutò i quasi cento fotografi con una battuta “Quando continuate con tutti questi flash sembra che stiate sparando con dei kalashnikov”.

Rivolto alla platea dei giornalisti, gremita come non mai, aggiunse: “Siete così tanti e mi viene da pensare cosa vorranno chiedermi” (agli accreditati degli Spettacoli e del Costume si erano aggiunti, per l’occasione, diverse decine di inviati delle pagine Esteri dei principali quotidiani). Dopo la risposta al saluto iniziale della Rai, portato dallo storico Capo Ufficio Stampa, Bepi Nava, Gorbaciov passò a commentare la serata del festival. Sottolineò di avere molto gradito che durante la serata avesse cantato anche la gente comune e definì impressionante il brano dell’opera pop “Notre Dame de Paris”, proposto da Riccardo Cocciante (che è tornato quest’anno al Festival).

A proposito della sua presenza sul palco, insieme con la moglie Raissa, Gorbaciov tenne subito a sottolineare di avere parlato, in definitiva, della sua passione, la politica, pur avendo preso parte ad un festival di canzoni. “Questa –specificò – è un’allusione per indirizzare le vostre domande”. A proposito di Sanremo, che non aveva ancora avuto modo di visitare, disse di avere trovato una città molto verde, con un mare invitante “nel quale forse è possibile fare il bagno adesso, anche se nessuno ha saputo dirmi i gradi di temperatura dell’acqua. Una persona mi ha risposto: mica siamo tedeschi, perché dovremmo fare il bagno adesso? È che voi italiani – commentò – siete viziati dal sole e dal caldo”.

Si passò quindi alle domande (si era convenuto che l’incontro sarebbe dovuto durare 45-50 minuti). La prima di queste riguardò l’affondo sui politici della sera prima, “che lavorano –aveva detto sul palco- solo per farsi eleggere”. “Non ho voluto dire via i politici, ma ho messo l’accento – chiarì – su un problema più ampio. La politica, e anche i giornalisti, bada più ai congressi, alle discussioni di linea. Bisogna trovare un modo per cui la gente possa decidere del proprio destino. Creiamo occasioni di maggiore partecipazione della gente alla politica. Permettetemi un gioco di parole: c’è bisogno della democratizzazione della democrazia”.

E per restare al Festival gli fu chiesto del suo rapporto con la musica. “È una passione trasmessa da mia madre, però canto meglio quando bevo un poco. Sono molto legato alla lirica sovietica, alle canzoni patriottiche della guerra per averla vissuta. Preferisco le romanze russe ed ucraine e le canzoni della Moldavia per la loro delicatezza. Non mi piace il rumore, specie quando fa perdere la musicalità e le parole. Questo non significa, però, il rifiuto della musica moderna”.

Si tornò, quindi, alla politica. Gli fu chiesto se avesse rimpianti: “Le cose che avrei voluto fare e non ho fatto sono moltissime. Non ho rimpianti. Ho avuto modo di fare – aggiunse Gorbaciov- tante riforme. Come sapete, non esiste un riformatore felice. Mi resta il dispiacere di non aver potuto vedere una Urss moderna e vedere i popoli che la comprendevano vivere una perestrojka realizzata. Uno dei rimpianti più diffusi tra la gente è quello –aggiunse- di non avere trovato una persona con cui condividere la vita. Io, invece, sono fortunato con mia moglie e sono felice”.

Purtroppo, Raissa Gorbaciova sarebbe morta sette mesi dopo. Erano già trascorsi trentacinque minuti di conferenza stampa e si arrivò alla sesta domanda: “Dove ha sbagliato il comunismo, dove hanno sbagliato i comunisti e dove stanno sbagliando coloro che governano, oggi, da una parte e dall’altra?”. Con il Capo Ufficio Stampa della Rai ci guardammo preoccupati per il poco tempo, ancora, a disposizione. Ma l’ex Presidente dell’Urss, dopo avere ringraziato il collega della domanda, in poco più di sette minuti (compresa la traduzione) tenne una lezione di storia contemporanea. Citando un suo libro che aveva appena pubblicato, dal titolo “A proposito del passato e del futuro”, affermò di essersi posto la stessa domanda del perché fosse stato sconfitto quel modello socialista di comunismo dell’Urss.

“Paradossalmente – dichiarò Gorbaciov – la prima risposta l’aveva data addirittura Lenin, appena quattro anni dopo la rivoluzione, quando ebbe a scrivere che avevano commesso un errore, non avendo considerato il problema di come coniugare l’interesse personale dell’individuo con la costruzione socialista di una società. E arrivò alla conclusione che si dovesse trovare il modo di conciliare questi due principi. Questa – aggiunse l’ex Presidente dell’Urss – passò alla storia come la Nuova teoria economica. Lenin poi morì e la successiva lotta per il potere portò Stalin, un capo malato. E diventammo uno stato totalitario con tutto quello che ne consegue, con le vittime e il controllo delle menti umane. I regimi totalitari, però, anche quando risolvono i problemi interni, non riescono a sopravvivere. L’economia totalitaria di fronte alle sfide del progresso tecnico-scientifico non ha retto la sfida ed è stata sconfitta. Il disfacimento dell’Urss – proseguì – è stato visto come la vittoria del liberalismo dell’occidente nella guerra fredda. Si è trattato di propaganda! Il problema del momento attuale non è la vittoria di una ideologia rispetto ad un’altra. Tutti stiamo cercando risposte a domande importanti. E mi chiedo cosa ci si può aspettare da una situazione che vede il 20% del mondo sviluppato attingere all’80 % delle risorse globali? E per questo che mi sono permesso, ieri dal palco del Teatro Ariston, di affermare di essere d’accordo con Giovanni Paolo II che auspica un mondo completamente diverso”.

La politica e i rapporti internazionali avevano preso, ormai, il sopravvento e l’incontro stampa, nonostante gli impegni del Premio Nobel, poteva continuare. Le domande successive riguardarono il futuro e le prospettive per la Russia di allora; le dure reazioni di Rifondazione comunista alla presenza dell’ex Segretario generale del PCUS al Festival; i rapporti con l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Massimo D’Alema; l’appello promosso dall’Unità per la liberazione del leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, Abdullah Ocalan; il ventilato intervento della Nato nel Kossovo. E si parlò, anche, del tentativo di golpe in Unione Sovietica, di tre anni prima, nell’agosto del 1991.

Mentre Gorbaciov e la sua famiglia si trovavano in Crimea, una parte del suo governo e dei suoi più stretti collaboratori tentarono un putsch per prendere il controllo della nazione. L’ex Presidente dell’Urss, prese l’occasione per raccontare, ai giornalisti presenti al Roof Ariston, di quando, nei giorni immediatamente successivi al tentato golpe, l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Giulio Andreotti, di ritorno in Italia dalla visita in Cina, decise di invertire la rotta per incontrarlo a Mosca.

“Eravamo solo noi con le rispettive consorti e non c’era nessun altro, quando la signora Andreotti – raccontò Gorbaciov- rivolta a mia moglie chiese come fosse stato possibile non vedere il traditore vicino. E Raissa rispose: mi risulta che sia lei, sia suo marito siate credenti e allora le chiedo come abbia fatto Cristo a non vedere Giuda al suo fianco?”. In una precedente domanda riguardante la sua successiva sconfitta politica, Gorbaciov aveva sottolineato di ritenerla, comunque, una vittoria “perché – affermò – non mi sono discostato dalla democrazia, non ho permesso la guerra civile e il trionfo della violenza”.

Dopo dodici domande (ad altre quindici non fu possibile rispondere per mancanza di tempo) e trascorsa più di un’ora e mezza, a fronte dei quarantacinque minuti concordati, si chiudeva un incontro che nulla avrebbe avuto a che fare con una manifestazione se fosse stata fatta di “solo canzonette”. Perché Sanremo è Sanremo.

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