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Federchimica elegge Francesco Buzzella nuovo Presidente e vuole lasciarsi alle spalle il 2023

La chimica resta centrale nell’industria ma deve investire e rinnovare per non essere tagliata fuori dalla transizione verde.

Federchimica elegge Francesco Buzzella nuovo Presidente e vuole lasciarsi alle spalle il 2023

Il 2023 è un anno controverso per la chimica italiana, quinto settore industriale dopo alimentare, metalli, meccanica, auto e componentistica. Le previsioni sull’anno indicano un -9%, ma il 2024 dovrebbe già andare meglio. In Federchimica i dati sono analizzati con grande scrupolo rispetto ai 66 miliardi di fatturato, alle 2800 imprese ed ai 112 mila addetti. Ieri è stato eletto il nuovo presidente: Francesco Buzzella. “Lasciamo andare il 2023”, è il messaggio arrivato dall’Assemblea dell’organizzazione. Nel 2024 ci sarà un recupero della produzione chimica in Italia, ma sarà modesto. Perché? Per l’evolversi dei costi energetici e del quadro economico complessivo. Qualcosa di molto simile al 2022.

In Europa vivere senza chimica è impossibile. Per Federchimica è un’affermazione di principio dietro la quale ci sono la storia e le scoperte che hanno segnato il 20° secolo. “La chimica – dice Buzzella – è presente nel 95% di tutti i manufatti di uso comune e contribuisce ad alimentare la competitività del Made in Italy e di tutta l’Industria”. L’Europa è stata il luogo in cui sono nate molte delle principali scoperte e invenzioni che hanno plasmato l’industria moderna. Il supporto del settore è imprescindibile per il raggiungimento degli obiettivi della Commissione europea.

Al passato si oppone un futuro oscillante con una competizione al ribasso. Le norme europee per la transizione ecologica non prevedono molta chimica tradizionale nei processi produttivi. Per ora c’è un vantaggio sui concorrenti extra-europei, ma rispettare le regole Ue significa non crescere nemmeno negli anni dopo il 2024. Il presidente Buzzella la spiega così. “Gli obiettivi ambientali UE sono certamente virtuosi, ma non potranno avere incidenza significativa sull’inquinamento globale, non potendo certo compensare la crescita delle emissioni dei Paesi in via di sviluppo”.

Credere nel futuro ma con aiuti

Condannati a retrocedere, allora? Fa un certo effetto in Italia avvertire queste paure dopo le storiche battaglie tra grandi gruppi per il controllo della chimica fine, mettere alla base dell’economia nazionale lavorazioni ed investimenti. Capitani di industria, finanzieri e banchieri che costruivano impianti spesso senza mettere una lira. Chimica di Stato si scriveva ed è passato alla storia industriale europea. Contro l’asfissia dei prossimi anni i capi delle 2800 aziende chiedono innovazioni tecnologiche per sostituire le fonti fossili, di ridurre le emissioni, di cambiare il mix energetico. Non si può fare senza “accompagnare questo delicato passaggio con risorse e strumenti di sostegno“.

La chimica utilizza oltre il 30% dei consumi fossili in Italia, di cui il 60% serve come materia prima per la chimica di base. La fiducia nel futuro è racchiusa in alcune proposte, come la ripresa delle estrazioni di gas ridotte di un decimo rispetto rispetto agli anni ’90, meno burocrazia, nuove figure professionali, relazioni sindacali. Per non smettere di produrre. Sulla mitigazione dell’inquinamento globale l’Italia faccia la propria parte. Anche Federchimica deve augurarselo. La transizione ecologica i. Un modo o nell’altro si farà. Gli italiani possono sempre andare nei Paesi in via di sviluppo a dire cosa fare.


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