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Export e filiere: ecco la strategia per espandersi verso Est

Nei mercati della futura Unione Economica Eurasiatica le regioni italiane più presenti con IDE sono quelle maggiormente dotate di specializzazione produttiva in meccanica, sistema moda e arredamento. Con alcune piacevoli sorprese.

Export e filiere: ecco la strategia per espandersi verso Est

In una fase particolarmente delicata dei rapporti tra i Paesi che compongono la CSI e delle relazioni diplomatiche tra Russia e Paesi occidentali seguita alla Crisi Ucraina, i Paesi dell’Unione Doganale lo scorso maggio hanno sottoscritto a Minsk un accordo per la nascita dal 1° gennaio 2015 dell’Unione Economica Eurasiatica (UEE) con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione istituzionale e l’integrazione economica dei Paesi della regione. Alla UEE, che sostituirà la Comunità Economica Eurasiatica creata nel 2000, ha annunciato di aderire dal prossimo anno anche l’Armenia.

Come indicato da Intesa Sanpaolo, Le aree italiane che esportano di più nell’Unione Doganale Euroasiatica (BKR) sono il Nord-Est e il Nord-Ovest. Insieme queste due macro-ripartizioni rappresentano i tre quarti circa delle esportazioni italiane sul mercato dei BKR, per un controvalore complessivo pari a 9,1 miliardi di euro nel 2013. Spiccano, in particolare, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, di gran lunga le prime tre regioni italiane per valori esportati su questo mercato. Insieme queste tre regioni esportano nell’Unione Doganale poco meno di 7,6 mld, il 63% del totale. Gran parte di questi flussi è diretto in Russia che da sola assorbe il 2,8% dell’export italiano, per un controvalore pari a circa 10,8 mld, l’89,5% del totale esportato nei BKR. Da questa breve panoramica è evidente come le regioni italiane più presenti con attività di export nell’Unione Doganale Euroasiatica siano proprio quelle caratterizzate da un’elevata intensità distrettuale. Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Marche e Abruzzo sono, infatti, le regioni più popolate da filiere e presentano un’importante specializzazione produttiva nelle industrie di meccanica, sistema moda e arredamento, ovvero nei settori in cui la domanda di beni importati è più intensa da parte della controparte russa. Un terzo circa delle esportazioni del Nord Est riguarda beni della meccanica; segue per importanza il sistema moda (23,4%), dove l’abbigliamento (16,3%) prevale sulla filiera della pelle (6,4%). Al terzo posto ci sono i settori del sistema casa (14,3%), con in testa i mobili (7,3%), seguiti da prodotti e materiali da costruzione (4,6%) ed elettrodomestici (2,3%). Anche nel Nord Ovest prevalgono le esportazioni di meccanica (31,2%), seguite, a distanza, dal sistema moda (12,2%). Tuttavia, quest’area esporta molto sul mercato russo anche beni tipicamente non distrettuali, come chimica, autoveicoli e componentistica auto. Nel Centro spicca, invece, il sistema moda che rappresenta il 27,6% delle vendite di questa area nei paesi BKR. In questo settore prevale la filiera della pelle e, più in particolare, il distretto delle calzature di Fermo che nel tempo ha saputo conquistare buone quote sul mercato russo, e l’area distrettuale della pelletteria e calzature di Firenze che nell’ultimo biennio ha più che raddoppiato le vendite, salite a 54 milioni di euro nel 2013 dai 25,6 mln del 2011. Sempre nel Centro è relativamente elevato il peso dell’export della meccanica (21,4%) e di beni del sistema casa (15,3%). L’unica macro-ripartizione in cui non prevalgono i settori tipicamente distrettuali è il Mezzogiorno, dove l’export riguarda soprattutto autoveicoli (34,7%).

La propensione a esportare nei paesi BKR, pur crescendo, è ancora contenuta per i produttori di beni intermedi del sistema moda, che scontano lo sviluppo limitato dell’industria locale di beni di consumo, e per i distretti alimentari, che sono frenati anche dall’assenza di catene di distribuzione italiane nei territori dell’Unione. Nell’agro-alimentare solo i vini di Langhe, Roero e Monferrato hanno raggiunto una buona presenza su questi mercati, con un livello di export che in poco tempo è salito a quota 64 mln nel 2013 (pari al 5,3% complessivamente esportato), dai 47,6 mln nel 2012 e i 31,5 mln del 2010. La bassa propensione all’export dei distretti alimentari non significa necessariamente che essi siano poco presenti nei paesi BKR, visto che alcune importanti imprese alimentari distrettuali commercializzano ad esempio in Russia beni alimentari prodotti in loco presso propri stabilimenti produttivi. Inoltre, negli ultimi anni alcuni distretti della filiera alimentare si sono messi in evidenza riportando brillanti performance su questi mercati. Oltre ai vini di Langhe, Roero e Monferrato, hanno conseguito buoni risultati i salumi del modenese, i dolci di Alba e Cuneo e l’alimentare di Parma, il caffè, confetterie e cioccolato torinese, le carni e i salumi di Cremona e Mantova.

Gli ultimi dati di commercio estero disponibili evidenziano il forte calo subito dalle esportazioni italiane verso l’area BKR nel corso dei primi sei mesi del 2014. La crisi russa-ucraina, la debolezza della domanda interna russa e il significativo deprezzamento del rublo hanno frenato l’affermazione dei territori italiani nei paesi BKR. Gran parte delle regioni italiane più presenti su questi mercati hanno subìto importanti cali del valore esportato. Spicca, in particolare, il forte calo subìto dall’Emilia Romagna (-9,7% la riduzione dell’export nel primo semestre del 2014 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), che ha interessato soprattutto la meccanica e il sistema moda, ma anche i prodotti e materiali da costruzione e l’agro-alimentare. Solo alcune regioni che esportano relativamente poco nei paesi BKR hanno continuato a crescere, trattasi di Liguria (bene l’export di macchine di impiego generale), Umbria (in crescita l’agroalimentare) e Campania (bene l’agroalimentare). Tra le regioni più attive in Russia il Veneto è l’unica ad essere riuscita a contenere le perdite (-1,5% la variazione tendenziale nel 1° semestre del 2014), grazie ai buoni risultati conseguiti dalla farmaceutica e dagli elettrodomestici, che hanno, almeno in parte, compensato quanto perso in altri settori. Sia in Russia che in Ucraina l’export dei distretti si è portato in territorio negativo già nel primo trimestre del 2014, per poi subire un vero e proprio crollo sul mercato ucraino tra aprile e giugno (-30,1%). Nel complesso dei primi sei mesi dell’anno le esportazioni distrettuali hanno subito un calo dell’8,5% in Russia e del 19,3% in Ucraina. Le perdite per il totale manifatturiero italiano sono state un po’ più accentuate, soprattutto in Ucraina (-25,3%; -8,8% in Russia).

Nonostante le perdite subite in Ucraina e in Russia, ma anche in Bielorussia (-3,2% nel primo semestre del 2014) e Kazakistan (-19,1%), i distretti industriali italiani hanno comunque continuato a crescere sui mercati esteri. Ancora una volta l’andamento delle esportazioni complessive dei distretti italiani è stato migliore rispetto alla media del manifatturiero italiano (+4,2% contro +1,6%). Questi risultati acquisiscono ancora più valore se si considera che il peso di questi mercati è per le aree distrettuali superiore rispetto al complesso del manifatturiero italiano. Ciò significa che i distretti, oltre a mostrare maggiori segnali di tenuta sui mercati BKR e in Ucraina, hanno maturato performance migliori in alcune importanti destinazioni commerciali (Regno Unito, Spagna, Svizzera su tutti). Pertanto possiamo affermare che la crisi russa-ucraina abbia frenato ma non interrotto la crescita delle esportazioni dei distretti industriali. Non pochi distretti tra quelli più esposti sul mercato russo hanno, infatti, registrato un aumento complessivo delle esportazioni. Tra i venti distretti più colpiti dalla crisi russo-ucraina vi sono quelli in cui il peso del mercato russo è elevato. Spiccano, in particolare, le calzature di Fermo (un quarto circa delle esportazioni di questo distretto sono dirette in Russia e Ucraina), che nel primo semestre del 2014 hanno visto scendere i flussi esportati verso la Russia e l’Ucraina a quota 120 mln, 40 mln in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Le perdite subite su questi mercati non sono state compensate altrove. Altri sette distretti non sono riusciti a crescere a causa della crisi diplomatica: si tratta della meccanica strumentale di Brescia, le macchine per la concia della pelle di Vigevano, le cucine di Pesaro, l’abbigliamento sud-abruzzese, i salumi del modenese, il tessile e abbigliamento di Treviso e i frigoriferi industriali di Casale Monferrato. Al contrario, gli altri dodici distretti sono riusciti a crescere nonostante le perdite riportate sul mercato russo-ucraino. Spiccano, in particolare, per intensità di crescita la food machinery di Parma, le piastrelle di Sassuolo, la meccanica strumentale di Vicenza, il mobile del Livenza e Quartier del Piave, le calzature di San Mauro Pascoli e l’ortofrutta romagnola. Tra questi poi va segnalata l’eccezionale performance delle calzature di San Mauro Pascoli che, dopo l’abbigliamento di Rimini, è il distretto più presente in questi mercati (il 28,3% del suo export è diretto in Russia e Ucraina). Le imprese di questa area hanno superato le perdite subite in Russia (-9,4% nel primo semestre del 2014) e Ucraina (-16,5%) riuscendo a cogliere le opportunità di crescita presenti negli USA (+41,9%), in Francia (+13%), Regno Unito (+48,7%), Hong Kong (+51,1%) e Cina (+24,9%).

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