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Ex Ilva, Invitalia chiede l’amministrazione straordinaria, contromossa di ArcelorMittal ma il commissariamento è vicino

Per l’ex Ilva siamo alla svolta: mossa di Invitalia e contromossa di ArcelorMittal ma la china è quella che porta al commissariamento della più grande fabbrica siderurgica europea, in stato pre-agonico da mesi per responsabilità del socio privato ma anche per l’inerzia del Governo

Ex Ilva, Invitalia chiede l’amministrazione straordinaria, contromossa di ArcelorMittal ma il commissariamento è vicino

Fine degli indugi e svolta per le Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva, il gruppo controllato dalla multinazionale ArcelorMittal che comprende a Taranto la più grande fabbrica siderurgica d’Europa ma che, per assenza di liquidità e di guida, è in stato pre-agonico da mesi. Ieri Invitalia, il socio pubblico che detiene una partecipazione di minoranza nell’ex Ilva, ha varcato il Rubicone chiedendo al Ministero delle imprese e del Made in Italy di avviare le procedure per l’amministrazione straordinaria. E’ l’anticamera del commissariamento. Invitalia sostiene a chiare lettere che il socio privato, cioè ArcelorMittal, si è mostrato “indisponibile a garantire la continuità aziendale o a sciogliere la joint venture in modo equilibrato e conforme alle normative vigenti”, e che si è decisa a compiere questa mossa “dopo aver esperito negli ultimi mesi ogni tentativo possibile di accordo con il socio privato”.

Immediata la contromossa di ArcelorMittal che, attraverso Acciaierie d’Italia, ha depositato “domanda di concordato con riserva, con richiesta di misure protettive”. Fra 60-120 giorni verrà presentata l’istanza vera e propria di concordato preventivo, uno strumento che serve ad affrontare una crisi aziendale in modo diverso da quello chiesto da Invitalia.

Vedremo che succederà nelle prossime ore ma la china è quella che porta al commissariamento che non potrà però cancellare le responsabilità di ArcelorMittal, come è emerso anche dalle recenti indecorose affermazioni in Parlamento dell’Ad Lucia Morselli, ma anche la negligenza e l’incapacità del Governo. Che la premier Giorgia Meloni non si sia mai occupata in prima persona della crisi del più grande impianto siderurgico d’Europa parla da solo e grida vendetta.

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