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Energie rinnovabili: eolico e transizione verde. Cosa rivela il caso Orsted. Chi ha paura di investire?

Il caso della società danese Orsted che rinuncia a costruire due parchi offshore negli Usa. Intanto nel mondo aumenta la domanda di idrocarburi.

Energie rinnovabili: eolico e transizione verde. Cosa rivela il caso Orsted. Chi ha paura di investire?

La transizione energetica dei paesi del G20 vista dagli Stai Uniti assomiglia sempre più ad un risiko.

Tutte le previsioni che davano una crescita uniforne delle rinnovabili sono saltate. Fotovoltaico, idrogeno verde, biomasse, eolico, camminano separatamente e in maniera discontinua.

Ad Est come ad Ovest, gli obiettivi cambiano mese dopo mese per cui gli azzardi finanziari sono davvero pochi. E se li fai non sei un buon stratega.

Il caso Orsted

Il tracollo con tre milioni di euro di perdite della società danese Orsted  la settimana scorsa è il cono rovesciato degli azzardi.

La rinuncia a costruire due parchi eolici negli Usa sposa in pieno quello che BloombergNef aveva detto poche settimane fa. L’eolico è il settore che avanza più lentamente degli altri.

Gli investimenti sono calati dell’8% rispetto al 2022 e l’anno si chiuderà in maniera non positiva.

Di vento da sfruttare a terra o a mare ce n’è abbastanza, ma le dinamiche nelle due tipologie sono diverse. Nei primi sei mesi dell’anno sono stati investiti 94 mld di dollari, ma se gli impianti offshore sono più rapidi da realizzare quelli a terra devono fare i conti con permessi, burocrazie, opposizioni di vario genere e pregiudizi.

Anche in questo settore la Cina si è dimostrata vincente aumentando la propria quota di eolico e senza troppi problemi.

Di questo passo la transizione ad un’economia sostenibile diventa un obiettivo spostato sempre più in avanti. Che sconta l’aumento nel mondo delle importazioni di gas e petrolio e i rischi finanziari sulle rinnovabili.

Nuova concorrenza fossili-rinnovabili

I due parchi eolici abbandonati da Orsted dovevano sorgere largo del New Jersey per dare corrente elettrica a circa 1 milione di famiglie. Ma l’investimento si è rivelato troppo oneroso anche per una società consolidata nel campo delle fonti rinnovabili. In più si è parlato di tempi lunghi per passare in produzione.

L’industria eolica globale offshore, non solo negli Usa, si sta trovando in mezzo a una tempesta perfetta” ha detto Mads Nipper, Ceo di Orsted.

La società alla fine non ha voluto più affrontare l’investimento sobbarcandosi di prestiti a tassi di interesse in salita. Dopo la rinuncia ha fatto sapere che intende restare nel mercato americano delle rinnovabili. Sarà, tuttavia il no al progetto ha più effetti di quanto il suo Ceo lasci intendere. E una spiegazione può essere trovata proprio nelle strategie energetiche degli Usa a guida democratica.

Da un lato l’amministrazione Biden ha approvato il mega piano da oltre 300 miliardi di dollari per la riconversione green dell’industria, dall’altro favorisce le esportazioni miliardi di mc di gas liquefatto verso i paesi più bisognosi di idrocarburi. Due linee d’azione che mettono gli Usa nel gioco mondiale degli approvvigionamenti energetici, con l’effetto di annebbiare la battaglia alle emissioni di CO2.

D’altra parte tra un anno si vota, Joe Biden è ricandidato anche se qui pare di scorgere una versione meno rozza dell’ “America First”.

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