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Condizionatori e riscaldamento, nuovi limiti alle temperature. Austerity in vista dell’embargo al gas russo

Un emendamento al decreto bollette fissa nuovi limiti per gli uffici pubblici. Il risparmio energetico e le strategie per ridurre l’import dalla Russia

Condizionatori e riscaldamento, nuovi limiti alle temperature. Austerity in vista dell’embargo al gas russo

I condizionatori non potranno scendere sotto una determinata temperatura a partire dal 1 maggio. Si parte dalla Pubblica amministrazione (Pa) – scuole, uffici dei ministeri e degli enti locali – e si passerà poi anche ai privati. Sarà l’inizio di un percorso che ci porterà questo inverno a ridurre anche la temperatura del riscaldamento. Risparmiare uno o due gradi di riscaldamento o di condizionamento, infatti, porta un consistente risparmio sui consumi di gas. E prepara a fronteggiare l’embargo che potrebbe scattare nei confronti dell’import di gas russo: una ulteriore sanzione nei confronti della guerra innescata dall’invasione dell’Ucraina.

Condizionatori e riscaldamento: i limiti da maggio

Il governo sta valutando il contenimento dei consumi legato all’utilizzo dei condizionatori in estate. Negli uffici dei ministeri, negli enti locali e nelle scuole la temperatura dei condizionatori non potrà essere inferiore a 27 gradi con un margine di tolleranza di due gradi. Dunque: nessun ufficio pubblico potrà avere una temperatura inferiore a 25 gradi. Le norme, introdotte dal decreto “bollette”, valgono fino al 31 marzo 2023 grazie ad un emendamento al provvedimento che sta per essere definitivamente convertito in legge al Senato.

Allo stesso modo, questo inverno scatteranno nuovi limiti al riscaldamento: termosifoni non potranno registrare una temperatura superiore a 19 gradi contro l’attuale limite di 20 gradi. La norma vale, giova ricordarlo, per gli uffici, con una tolleranza ammessa di due gradi, quindi fino a un massimo di 21 gradi.

Il piano di austerity si muove nella logica del risparmio energetico, primo gradino indispensabile per arginare i consumi di gas: ogni grado in più o in meno può valere infatti un paio di miliardi di metri cubi di minori importazioni. Ulteriori razionamenti potrebbero scattare se entrerà in vigore l’embargo sull’import di gas russo, fortemente sollecitato dagli Usa per frenare la guerra in Ucraina e spingere verso negoziati di pace ma che trova forti resistenze in Germania (il Paese Ue con la maggiore dipendenza dall’import di gas russo pari al 55% circa del fabbisogno) e non poche preoccupazioni anche in Italia (40% delle attuali importazioni di gas arriva dalla Russia).

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Austerity e embargo gas russo: cosa sta cambiando?

Dopo il lungo vertice in collegamento online a cui hanno partecipato i leader occidentali martedì, non mancano i segnali di un ulteriore escalation delle sanzioni alla Russia.

Gli Usa sollecitano la Ue a prendere sul serio l’embargo sull’energia russa, petrolio e gas. E secondo i resoconti della stampa, la presidente Ursula von der Leyen avrebbe aperto alla possibilità di introdurre intanto un tetto ai prezzi del gas, come ha più volte sollecitato il premier italiano Mario Draghi. L’Italia con l’embargo potrebbe dover rinunciare al 40% del proprio fabbisogno di gas e al 25% circa di quello di petrolio, entrambi forniti da Mosca. Ma si sta muovendo per preparare la chiusura dei rubinetti. Sono già in corso, con accordi firmati da Eni, le rinegoziazioni sull’aumento delle forniture dall’Algeria e l’Egitto, ma si lavora anche su accordi con Congo e altri Paesi africani per spostare gli acquisti.

Sui mercati internazionali, inoltre, i prezzi del gas sono scesi dai massimi come se i mercati avessero iniziato a prezzare uno spostamento della bilancia in favore delle misure occidentali. Potrebbe avvicinarsi inoltre, l’ipotesi di un embargo sul petrolio: una misura che danneggerebbe notevolmente la Russia arrecando un danno contenuto all’Europa che può, più agevolmente, acquistare il greggio altrove.

Consumi di gas in calo nel mondo a causa della guerra

A fornire un ulteriore elemento di valutazione sono gli ultimi dati trimestrali diffusi dall’Agenzia internazionale dell’energia (Aie). La domanda mondiale di gas naturale è vista in leggero calo nel 2022 a causa dell’aumento dei prezzi e delle interruzioni del mercato causate dall’invasione russa dell’Ucraina. Un calo, osserva l’Aie, che si confronta con la precedente stima di una crescita dell’1%, pubblicata nel report di gennaio.

La revisione al ribasso della previsione ammonta a 50 miliardi di metri cubi, l’equivalente di circa la metà delle esportazioni di gas naturale liquefatto statunitensi dello scorso anno.

Il consumo globale di gas naturale è cresciuto del 4,5% nel 2021 ma quest’anno dovrebbe diminuire di quasi il 6% in Europa. In Asia si prevede una crescita del 3% nel 2022, in netto rallentamento rispetto alla crescita del 7% nel 2021.

L’Aie prevede infine che regioni come le Americhe, l’Africa e il Medio Oriente risentiranno in modo meno diretto della volatilità del mercato, in quanto dipendono principalmente dalla produzione nazionale. Ma subiranno tuttavia l’aumento dei prezzi delle materie prime, un potere d’acquisto più debole e investimenti inferiori a causa della fiducia intaccata delle imprese, per effetto della guerra in corso.

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