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Commercio, Amazon inquieta il retail

In Italia l’e-commerce non è ancora esploso come in altri Paesi (la Germania è il primo mercato europeo di Amazon, con un fatturato di oltre 14 miliardi), ma la sua ascesa inizia a destare preoccupazione – Giuliano Noci (Polimi): “Sempre meno spazi per i negozi, ma sbaglia chi pensa che questo sia la morte del commercio”.

Amazon minaccia sempre di più la sopravvivenza dei negozi “reali”. La tendenza è ormai consolidata, soprattutto negli Usa dove il gigante dell’e-commerce ha già cancellato centinaia di migliaia di posti di lavoro in esercizi commerciali di vario genere, dalle librerie agli articoli sportivi finanche ai centri commerciali come gli immensi mail del Midwest, dove solo dallo scorso ottobre sono fallite attività con la perdita di 100mila impieghi.

L’effetto Amazon ora arriva anche in Europa e in Italia, dove cresce esponenzialmente l’e-commerce, di cui la creatura di Jeff Bezos è l’assoluta dominatrice anche nel Vecchio Continente con quasi 40 miliardi di ricavi (+20% dal 2012 al 2015) e la Germania come primo mercato con 14,1 miliardi. Un dato specifico italiano non esiste, anche se si parla sicuramente di qualche miliardo di euro, visto che le vendite online da noi valgono 23 miliardi nel 2017 e che Amazon ha quasi il 20% del mercato.

Complessivamente, in Italia, sul totale del retail, la quota online sembra relativamente contenuta: 5,6%. Ma quest’anno – secondo stime Polimi-Netcomm – raggiungerà il 21% nell’informatica, il 10% nell’editoria, il 7% nell’abbigliamento, il 4% nell’arredamento e lo 0,5% nel food&grocery. C’è dunque da aspettarsi un impatto massiccio sulla tenuta dei posti di lavoro anche in Europa, come in Usa?

“In ltalia siamo indietro più per mancanza di offerta degli operatori economici che di domanda cliente – spiega Giuliano Noci, prorettore e ordinario di marketing al Politecnico di Milano, intervistato dal Sole 24 Ore -, ma certo andiamo nella direzione di una forte riduzione degli spazi. Sempre meno grandi iper e metrature per la Gdo. Ma sbaglia chi pensa che questo sia la morte del commercio. Già oggi il 60% degli italiani gestisce gli acquisti in prospettiva multicanale (cerca informazioni sui siti, poi se non compra online va al negozio o torna sul web per il post-vendita…)”.

Per Noci, però, non è semplicemente la vittoria del virtuale sul reale. “Amazon – spiega – ha cambiato il baricentro. Invece di scaffali con gli stessi prodotti per tutti, a vincere è la conoscenza del cliente. Lo conosce, lo profila, lo fidelizza, offre prodotti che lo “seducono”. Con lui interagisce e gli offre la soluzione più comoda e conveniente. Senza compromessi. Ma poi negli Usa acquista la catena di alimentari Whole Food, perché sa che, in fondo, l’essere umano non può prescindere del tutto da uno spazio fisico, dove provare emozioni (tattili, visive e olfattive), un’esperienza di evasione o intrattenimento, dove cercare servizi aggiuntivi, assistenza o iperspecializzazione”.

“Le preoccupazioni sono reali – sottolinea invece Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, sempre sulle pagine del Sole -. Le nostre aziende stanno già facendo un grande sforzo per integrare il negozio “fisico” con quello “virtuale”. E ci sono anche tentativi di piccoli dettaglianti di associarsi per offrire tipologie di offerta simile facendo massa critica. In questi anni – conclude Cobolli Gigli – abbiamo quasi triplicato gli investimenti in formazione del personale di vendita, per “riconvertire” le cassiere, ad esempio, laddove si moltiplicano le casse automatiche e creare addetti sempre più specializzati”.

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