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Cinema, Captive State: arrivano gli alieni ma i terrestri si ribellano

Torna la fantapolitica con molte azioni, pochi dialoghi e pochi effetti speciali, la lettura è “politica” – Il film regge benissimo: chi vincerà nella sfida per il dominio sulla terra? Finale a sorpresa – TRAILER.

Cinema, Captive State: arrivano gli alieni ma i terrestri si ribellano

Giudizio dell’autore: Risultati immagini per tre stelle su cinque

Un futuro prossimo venturo dove gli alieni governano la terra e gli abitanti si dividono in chi accetta e chi si ribella. Questo il tema di Captive State, firmato alla regia e alla sceneggiatura da Rupert Wyatt. Si tratta di un classico nel genere fantapolitica, dove la fantascienza entra solo per quanto riguarda la parte riferita agli alieni nelle solite forme mostruose e sbarcati da improbabili astronavi in forma di asteroidi. Per tutto il resto c’è molta politica e molta di quella tecnologia che già, per buona parte, è ampiamente diffusa tra noi.

La storia racconta dello sbarco sulla terra e del successivo dominio di una specie aliena che non distrugge il pianeta, non c’è stata l’apocalisse, ma intende solo dominarlo e sfruttarlo e le popolazioni, per buona parte, sembrano accettare questa specie di nuovo ordine mondiale pur di non subire l’annientamento. Salvo alcuni che invece organizzano la resistenza e combattono contro gli invasori- usurpatori definiti come “i legislatori” i quali hanno scelto il sottosuolo come luogo per esercitare il loro potere. Tutto questo in un ambiente dove si vedono in azione strumenti tecnologici che già conosciamo: i droni in grado di controllare e seguire dettagliatamente ogni movimento o soggetto inquadrato da telecamere omnipresenti, anche grazie ai software di riconoscimento facciale. Del resto, i chip installati sotto la pelle sono già oggetto di studio e sperimentazione in alcuni paesi dove, in cambio dell’abbonamento gratuito ai mezzi di trasporto, chiedono di poter installare vicino al polso un microprocessore capace di dialogare con i server centrali e così via. Per molti aspetti questa pellicola ci fa tornare alla mente un capolavoro assoluto dove si anticipavano ampiamente tante tecnologie del futuro: Blade Runner di Ridley Scott del 1982.

Il film, da questo punto di vista, ci propone un futuro molto più vicino di quanto racconta solitamente il genere fantascienza e lo stesso filone narrativo – la ribellione contro i tiranni, seppure provenienti da un altro mondo – appare tanto contemporaneo quanto convincente e suggestivo. Ci troviamo a Chicago dove un gruppo di resistenti cerca di organizzare un attentato contro alcuni collaborazionisti: la trama si svolge tutta sulle azioni, pochi dialoghi, dove agli attori viene richiesto il minimo sindacale (un ottimo John Goodman) per quanto la storia si svolge tutta intorno ai ritmi e ai tempi imposti dall’obiettivo da cogliere. Da questo punto di vista, il film regge benissimo e si coglie subito che si tratta di un lavoro cinematografico anomalo in questa categoria. Poco spazio agli effetti speciali, gli alieni compaiono poco e male, molta tensione sul senso generale, sulla lettura “politica” di quanto sia giusto e necessario ribellarsi ai marziani legislatori. Il finale è una sorpresa.

Captive State è un buon film che si lascia vedere con attenzione e merita un posto dignitoso nel panorama di questo genere. La fantascienza da sempre ha dato prova di essere molto appetibile tra gli spettatori e gli appassionati del grande schermo e questo film non delude. Chissà perché in questo filone gli italiani si cimentano poco? Viene in mente solo Nirvana, di Gabriele Salvatores del lontano 1997. Del resto, nonostante siamo ancora nel pieno della stagione cinematografica e nonostante gli appelli per andare al cinema tutto l’anno (come abbiamo scritto recentemente in un articolo su FirstOnline) in questo momento il mercato non offre molto di meglio. Tanto vale apprezzare quello che passa il convento.

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