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Chrysler, Marchionne sfida il sindacato Usa: l’Ipo serve solo a fissare il prezzo

Secondo il professor Berta, già direttore dell’archivio storico Fiat, “l’Ipo è l’unico modo per Marchionne per stabilire un prezzo di mercato, visto che lui non vuole né può pagare il prezzo chiesto da Uaw” – “E’ questa l’ultima carta per arrivare alla fusione entro un anno” – L’operazione è necessaria per poter attingere alla liquidità di Chrysler.

Chrysler, Marchionne sfida il sindacato Usa: l’Ipo serve solo a fissare il prezzo

“La Fiat ci ha informato che sta riconsiderando costi e benefici di una collaborazione più stretta con noi di Chrysler e le condizioni a cui potrebbe continuare a condividere tecnologia, architettura dei veicoli e piattaforme, nonché reti commerciali, siti produttivi, risorse manageriali ed engineering”. E’ quanto si legge nel file depositato dalla Chrysler alla Sec in vista di un’eventuale quotazione della società automobilistica, pronta a tornare a Wall Street, dopo 15 anni, su richiesta del fondo Veba, azionista al 41,5%.

“Marchionne – commenta ad Automotive News l’analista di Morningstar, Richard Hilgert – sottolinea che Chrysler vale di meno se salta l’asse esclusivo con Fiat”. Un bluff? “Non è detto che si arrivi alla quotazione – è la replica – la sensazione è che l’Ipo sia un modo per accertare un prezzo obiettivo del pacchetto Chrysler in mano al sindacato. Sarà la base della negoziazione tra Uaw e Fiat dopo un anno di colloqui infruttuosi”.

Ancora più esplicito il professore della Bocconi, Giuseppe Berta, già direttore dell’archivio storico Fiat: “L’Ipo è l’unico modo per Marchionne per stabilire un prezzo di mercato, visto che lui non vuole né può pagare il prezzo chiesto da Uaw. E’ l’ultima carta che può giocare per centrare l’obiettivo principale della sua strategia: la fusione entro un anno al massimo”. L’operazione, infatti, è necessaria per poter attingere alla liquidità di Chrysler per accelerare gli investimenti anche in Europa. 

Non sarà facile, perché il valore di Chrysler è cresciuto assai in questi anni, grazie al lavoro di Marchionne. Il sindacato Uaw manda a dire che la valutazione globale dell’azienda, basata su un multiplo di quattro volte sull’ebitda meno i debiti di funzionamento, supera i 10 miliardi di dollari. Ovvero, per il 41,5% in mano al fondo di assistenza sanitaria, l’Uaw chiede, tenendo conto del valore strategico del pacchetto, più di 5 miliardi. 

Se vogliono andare alla lotteria s’accomodino”, è stata la risposta di Marchionne, che non è mai salito oltre la cifra di 3 miliardi (anche se ufficialmente non sono mai emersi numeri), forte anche del diritto di prelazione sul 16,1% del capitale ad un prezzo che oggi è oggetto di una causa presso il tribunale del Delaware che ha rinviato ogni decisione al 2015, augurandosi che prima le parti raggiungano un’intesa.

La “lotteria” evocata da Marchionne (impegnato in Usa per il decollo della quotazione di Cnh Industrial) è la quotazione a Wall Street, per ora solo una mossa “coperta” come una mano al poker. Non si sa quanti titoli e a quale prezzo. L’unica indicazione è l’offering price (un’indicazione utile s fissare il prezzo delle commissioni) che comprende 100 milioni di pezzi. Il resto è tutto da negoziare, con freddezza estrema. La stessa che ha consentito a Marchionne di venire a capo della put verso Gm con un assegno da 2 miliardi di dollari, staccato dalla casa Usa per non rilevare Fiat. 

A proposito di Gm, lunedì la casa Usa è tornata all’investment grade. Moody’s ha infatti rivisto al rialzo il rating della casa automobilistica da Ba1 a Baa3, con outlook stabile, facendole recuperare il grado di investimento perso nel 2005. Inoltre Gm ha raggiunto un accordo per riacquistare 120 milioni di azioni privilegiate Serie A da Veba, il fondo del sindacato United Auto Workers, per un controvalore di 3,2 miliardi di dollari, equivalente a 27 dollari per ogni titolo.

Un’iniezione di liquidità che dimostra come Uaw non abbia affatto urgenza di smobilitare il pacchetto Chrysler, anche se il sindacato farebbe volentieri a meno di pagare le commissioni (circa il 7%) di una quotazione a Wall Street. Ma Erickson Perkins, l’ex di Alliance Bernstein che l’Uaw ha schierato contro Marchionne è un osso duro, intenzionato a non fare sconti di alcun tipo. Del resto, la sia “conversione” al sindacato, spiega l’ufficio stampa del sindacato, risale al ’99, sull’onda delle emozioni “per le privatizzazioni nell’ex Unione Sovietica, un furto a favore degli oligarchi, d cui è nata la sua convinzione: solo un forte ed informato movimento dei lavoratori può scongiurare rapine del genere…”.

Speriamo che alla fine mister Perkins si convinca però che Marchionne è di tutt’altra pasta. E che non dimentiche che, come ha scritto The Economist “Marchionne ha resuscitato non uno, ma due cadaveri, Fiat e Chrysler, complicando i piani dei concorrenti. Per questo i dipendenti devono essergli grati, gli altri produttori vorrebbero che non ci fosse mai stato”. 

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