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C’era una volta a… Hollywood: grande omaggio alla storia del cinema

Tarantino racconta la storia del cinema degli anni 70 con una maestria tecnica che in pochi hanno – Di Caprio e Pitt in stato di grazia – TRAILER.

C’era una volta a… Hollywood: grande omaggio alla storia del cinema

Un omaggio al santuario della settima arte globale degli anni 70, con tutti i riferimenti ai personaggi, alla storia, ai riti e i miti che l’hanno reso il centro della produzione cinematografica internazionale. Questa in sintesi la trama di C’era una volta a… Hollywood di Quentin Tarantino. Attesissimo debutto al recente festival del cinema di Venezia, appena giunto nelle sale italiane, ha avuto subito un clamoroso successo con oltre 5 milioni di euro incassati in pochi giorni. Il titolo è anch’esso un omaggio a quello che lo stesso Tarantino considera un suo fondamentale punto di riferimento: Sergio Leone e, in particolare, il suo mitico “C’era una volta il west”.

Il film si presenta subito con una chiave di visione relativamente inconsueta rispetto a ciò a cui il regista ci ha abituato con le sue opere. Non è passato molto tempo (2016) da The Hateful Eight fortemente timbratocon il marchio di fabbrica che caratterizza i suoi film e che, appunto, tanto richiamano i film di Leone: ambienti estremi e selvaggi e tanta violenza più o meno sensata, forse non legittima, ma certamente spettacolare. In questo C’era una volta… (con i tre puntini di sospensione) già dalle prime immagini si intuisce che ci troviamo di fronte ad un prodotto diverso, atipico, rispetto alle sue corde narrative. Si propone come una sorta di flashback del mondo hollywoodiano, visto un po’ nel suo backstage, nelle retrovie della produzione, con tutto ciò che di buono e meno buono può esserci in quel mondo.

Attori, protagonisti e comparse, in cerca di una parte, frustrazione e competizione per ottenere un ruolo anche di serie B in una pellicola qualunque, il senso del tempo che scorre inesorabile per tutti. Da questo punto di vista Tarantino tratteggia benissimo aspetti ed ambienti che hanno fatto la storia del cinema e permette di vedere quanto è difficile e complesso realizzare un lavoro cinematografico. Quando si parla e si racconta la storia per immagini c’è sempre un grande rischio: di rendere tutto troppo sommario e di voler costipare in poco tempo quello che invece richiederebbe molto più spazio. Questo non è possibile e pur nelle due ore e quaranta di proiezione, con tutta la maestria e l’abilità registica di Tarantino (e ce n’è tanta…) questo peso si avverte e, per buona parte, si soffre l’assenza proprio di “marchio di fabbrica” tipico dei suoi film.

In soccorso di uno scorrimento temporale non proprio avvincente giocano due grandi prestazioni attoriali: Brad Pitt e Leonardo Di Caprio in stato di grazia, forse liberi dall’obbligo di sostenere un personaggio stereotipato e recitando se stessi nella parte di se stessi (cioè attori) forniscono un’ottima prova. Ulteriore citazione merita la partecipazione di un altro maestro del cinema Made in Hollywood: Al Pacino che, seppure in poco spazio, è sempre in grado di fornire un contributo rilevante all’equilibrio generale della pellicola.

Il film si divide quasi geometricamente in due parti: la prima è tutta sui dettagli, sulla rifinitura, sul contesto storico del luogo topico del cinema negli anni 70, ricco di riferimenti a noi europei pressoché sconosciuti ma che nella cultura cinematografica anglosassone rappresentano punti di riferimento inderogabili, giustapposti in riferimento alla televisione che già dai decenni precedenti ha fatto scuola ed accompagnato la crescita dell’industria cinematografica americana. In questa prima parte si avverte la mano del maestro: carrellate e piani sequenza che pochi sono in grado di immaginare e realizzare. Nella seconda parte si entra a gamba tesa nel mondo tarantiniano e si comincia ad avvertire un sottile olezzo di violenza che, ad un certo punto, esploderà in tutta la sua forza ed orrore (ovviamente non vi riveleremo nulla anche se il tema spoiler ha interessato molto questo film e la critica nazionale).

Si esce dalla sala con più interrogativi (tanti) che risposte e rimane la sensazione che non sia ben chiaro il senso di questo film, la sua struttura, il suo perché. Rimane invece, certamente, la consapevolezza che siamo pur sempre in presenza di uno dei più grandi registi della scena internazionale e non possiamo che essere grati per questo suo ultimo lavoro.

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