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Bond, da Unicredit a Banca Ifis: la carica dei corporate

Sono molti i gruppi, tra i quali anche Snam, Telecom, Enel, Ubi e Intesa Sanpaolo, che negli ultimi mesi hanno spinto sull’acceleratore delle obbligazioni – L’obiettivo è approfittare il più possibile dei tassi vicino allo zero, in attesa che da gennaio la Bce cominci a stringere i cordoni del Quantitative easing.

Il gran galà dei corporate bond è sempre più affollato. Negli ultimi anni, con i tassi vicini allo zero, moltissime aziende hanno lanciato obbligazioni per finanziarsi sui mercati a costi ridotti, ricomprando allo stesso tempo i bond emessi quando i rendimenti erano più alti. Una semplice sostituzione che ha permesso alle imprese di risparmiare diversi miliardi. Proprio oggi, martedì 10 ottobre, Snam e Banca Ifisi hanno annunciato nuove emissioni, anche accompagnata con il ritiro di bond precedentemente emessi.

Questo processo, innescato dalla politica monetaria ultra-espansiva della Bce, sta accelerando ora che all’orizzonte s’intravede il tapering. Con ogni probabilità il mese prossimo l’Eurotower annuncerà un piano per ridurre progressivamente il quantiative easing. La stretta dovrebbe iniziare a gennaio per concludersi in capo a qualche mese con l’azzeramento del programma di acquisto titoli targato Francoforte. Una volta archiviato questo passaggio – inflazione permettendo – alla Bce non resterà che mettere mano ai tassi d’interesse per “normalizzarli” con una serie di ritocchi verso l’alto, sull’esempio di quanto sta già facendo la Federal Reserve negli Stati Uniti.

Secondo la maggior parte degli analisti, il primo rialzo non arriverà prima di fine 2018 – inizio del 2019. In ogni caso, se ne parlerà soltanto “ben oltre” la chiusura del Qe, come ha sottolineato più volte il numero uno della Banca centrale europea, Mario Draghi.

L’addio al quantitative easing, però, basterà da solo a far alzare i rendimenti dei bond. Le aziende lo sanno e in molte hanno scelto di premere sull’acceleratore delle emissioni per approfittare il più possibile delle attuali condizioni di mercato (“finché la musica suona, bisogna alzarsi e ballare”, per dirla con Chuck Prince, ex amministratore delegato della Citigroup).

Fra queste imprese ci sono anche i principali gruppi italiani quotati a Piazza Affari. Ecco alcuni esempi dei bond arrivati sul mercato negli ultimi mesi:
Telecom Italia: 1,25 miliardi a 10 anni, cedola al 2,375%;
– Enel: 3 miliardi di dollari, di cui 1,250 al tasso fisso del 2,75% e scadenza nel 2023, altri 1,250 al 3,5% con scadenza nel 2028 e 500 milioni addizionali sull’emissione di maggio al 4,740% con scadenza 2047;
– Eni: 650 milioni con scadenza 2025 e cedola annua all’1%;
– Intesa Sanpaolo: fino a 750 milioni con tasso variabile e scadenza a 7 anni;
– Unicredit: un miliardo a 15 anni con cedole semestrali al tasso fisso di 5,861% l’anno per i primi 10 anni (bond collocato lo scorso giugno); 
– Ubi Banca: 750 milioni a 5 anni con cedola allo 0,75%;
– Autostrade: 700 milioni con scadenza nel 2029 e cedola fissa pari all’1,875%;
– Italgas: 500 milioni al 2029 con cedola annua dell’1,625%;
Snam: lanciato oggi, 500 milioni a 10 anni.

Per quanto riguarda gli istituti di credito di minori dimensioni, di recente hanno emesso obbligazioni anche Banca Ifis (lanciato oggi, scadenza a 10 anni richiamabile dopo il quinto), Iccrea Banca (600 milioni a 5 anni con tasso fisso annuo dell’1,50%), Banca Imi (scadenza a 8 anni, con tasso variabile e cedola minima dello 0,50%) e Banca Popolare di Bari (597,2 milioni e durata media attesa 4,3 anni).

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