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Bankitalia, la condanna di Fazio, la svolta di Draghi e la speranza di una successione senza scosse

La condanna a 4 anni dell’ex Governatore, Antonio Fazio, per concorso morale nell’aggiotaggio imputato all’ex banchiere Giampiero Fiorani e per rastrellamento occulto di azioni nella scalata all’Antonveneta, fa clamore ma non stupisce. La decisione di trasformarsi da arbitro in giocatore e di affidarsi a un manager tanto discusso non erano colpe da poco.

Bankitalia, la condanna di Fazio, la svolta di Draghi e la speranza di una successione senza scosse

La sentenza che condanna in primo grado l’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio a quattro anni per concorso morale nell’aggiotaggio imputato all’ex banchiere della Popolare di Lodi, Giampiero Fiorani, per rastrellamento occulto di azioni in occasione della scalta all’Antonveneta è destinata a lasciare il segno. Al di là del merito del giudizio, che si potrà valutare solo dopo aver conosciuto la motivazione della sentenza, la decisione è certamente clamorosa, perchè investe l’ex numero uno della banca centrale, ma non del tutto inattesa. Troppo gravi gli errori compiuti da Fazio: il primo è stato quello di aver completamente stravolto il ruolo della Banca d’Italia trasformandosi da arbitro in giocatore; il secondo è stato quello di aver violentato le regole del mercato; il terzo di essersi affidato a un banchiere già molto discusso come Fiorani. Che ora Fazio si giustifichi sostenendo che lui faceva solo del bene può anche essere umanamente comprensibile, ma non cambia di una virgola lo stravolgimento della realtà, compiuto non solo per difendere una discutibile italianità delle banche ma soprattutto per accentrare arbitrariamente nella sua figura tutto il potere di modellare a piacimento il sistema bancario italiano. L’italianità era certamente un’ossessione di Fazio ma un’ossessione infondata e gestita malissimo: che dire altrimenti dell’incomprnsibile pollice verso dell’ex Governatore alle due Opa lanciate da Unicredit sulla Comit e dal Sanpaolo sulla Banca di Roma? In quell’occasione non c’era in gioco l’italianità dlle banche ma solo l’arbitrario potere del numero uno di via Nazionale.
Come spesso succede nella vita, i furbi possono anche prevalere nel breve ma alla lunga pagano sempre. E così è per tutta la variopinta compagnia di giro che sosteneva Fazio nel suo disegno di onnipotenza. Ma la sentenza ha anche un altro valore e dice che le campagne di stampa, quando sono ispirate all’interesse generale, alla fine mordono e che molto spesso la magistratura sa fare il suo mestiere. La sentenza cancella inoltre i dubbi, troppo a lungo coltivati, di chi erroneamente pensava che mettendo sul banco degli imputati Fazio si sarebbe incrinata la credibilità della stessa Banca d’Italia. E’ vero il contrario: una mela marcia non mette in discussione l’istituzione e l’uscita di scena di Fazio ha aperto la strada a Mario Draghi, uno dei migliori governatori di via Nazionale, la cui opera merita di essere ora continuata senza scosse dalla squadra che ne ha accompagnato il successo e la svolta rinnovatrice, anche a costo – quando serve – di tirare le orecchie alle nostre banche, che se ne dovranno fare una ragione.

Pubblicato in: News

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