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Banche, i tassi bassi obbligano a cambiare modello di business con più pagamenti elettronici

Con tassi di interesse prossimi alla zero le banche saranno costrette a cambiare radicalmente modello di business: meno sportelli e più servizi bancari e pagamenti elettronici – Le novità delle Poste Italiane e delle coop del distretto adriatico e le tante iniziative che puntano sull’innovazione e sull’elettronica lasciano sperare che l’Italia recupererà

Banche, i tassi bassi obbligano a cambiare modello di business con più pagamenti elettronici

Nei recenti rapporti delle autorità di controllo, monetarie e finanziarie, si constata un leggero miglioramento di alcuni indicatori macroeconomici (gli ultimi dati per l’area Euro indicano un aumento del PIL su base annua prossimo all’1%) anche se il contesto generale permane caratterizzato da bassa crescita, poca inflazione (da inizio 2013 è sotto il 2% e a settembre 2015 si attesta a -0,1%) e tassi di mercato monetario e finanziario prossimi allo zero.

E’ da un po’ di tempo che registriamo siffatta situazione e quanto, agli effetti sui mercati bancari, l’evidenza mostra una flessione continua dei prestiti bancari (per i paesi Euro ad agosto vi era una crescita modesta di appena l’1%), la parte più redditizia dell’attività di intermediazione bancaria. Secondo gli ultimi dati della BCE, l’indicatore composito del cost-of-borrowing scende in un anno terminante ad agosto 2015 di oltre mezzo punto: da 2,7 a 2,1.

Ora una fotografia del genere sembra accennare a vicende di natura strutturale più che a variazioni congiunturali e pone degli interrogativi sulla sostenibilità e sulla redditività futura delle banche.

Con tassi di interesse molto bassi più che spingere sugli impieghi sarebbe importante sviluppare in modo massiccio i servizi bancari e in particolare i pagamenti elettronici, utilizzando al meglio la SEPA, l’ultima novità insieme all’Unione Bancaria che l’Europa ci consegna. Su questo fronte, purtroppo, in base agli ultimi dati resi pubblici a metà ottobre per l’anno 2014 dalla Banca Centrale Europea (cfr. la press release del 15 ottobre 2015) le banche italiane hanno molto da recuperare atteso che per i pagamenti elettronici (bonifici, addebiti e carte) siamo un po’ il fanalino di coda del mondo occidentale e in particolare dei paesi europei. Nel 2014 in Italia il numero complessivo di operazioni di pagamento al dettaglio non arriva ai 5 miliardi mentre in Germania è prossimo ai 18 miliardi, in Francia ai 19 e nel Regno Unito pari a oltre 21 miliardi; persino in Spagna le operazioni erano più alte e superavano i 6 miliardi.

Tuttavia, anche in Italia sono in corso importanti modifiche nella struttura finanziaria che forse si stanno sviluppando proprio per fronteggiare il calo dei tassi di interesse che probabilmente durerà ancora a lungo. Sono due direttrici che ora evidenzierò e che vanno nella direzione di sviluppare i servizi finanziari piuttosto che l’attività di intermediazione.

La prima riguarda l’ingresso a Piazza Affari di Poste Italiane contestualmente al varo di un piano industriale a medio termine in cui emerge la trasformazione dell’azienda in infrastruttura strategica per la modernizzazione del Paese. Il progetto è focalizzato su tre aree di business (corrispondenza e pacchi, servizi finanziari e servizi assicurativi) e affida a Poste Italiane il compito di accompagnare i cittadini, le imprese e la Pubblica Amministrazione nel passaggio verso l’economia digitale.

Quasi nello stesso periodo tre grandi cooperative del distretto adriatico hanno dato vita alla Coop Alleanza 3.0 che con circa 5 miliardi di fatturato è la più grande cooperativa di servizi in Europa. Alleanza si prefigge lo scopo di puntare sul canale web per rispondere ai nuovi bisogni dei suoi quasi 3 milioni di soci: energia, assistenza integrativa sanitaria e previdenziale, servizi assicurativi e finanziari.

La seconda direttrice è un colorato quanto interessante patchwork di iniziative e nuovi progetti che hanno in comune l’innovazione e l’elettronica, presupposti essenziali per offrire operazioni standardizzate e di massa con evidenti benefici in termini di economie di scala per il conto economico.

L’enfasi progettuale proviene da un numero variegato di soggetti: dai nuovi intermediari (Istituti di pagamento in testa che operano per ora sul florido mercato delle rimesse dei migranti anche se iniziano ad affermarsi anche nel settore delle carte), dagli IT provider che con le loro potenzialità tecnologiche sottraggono spazi di mercato proprio alle banche, dalle numerose banche web di ultima generazione (Widiba, We bank ecc.) e, sullo sfondo, dai grandi social network con proposte interfunzionali (e-payments and e-commerce) in attesa o già in possesso di licenza bancaria (Google, PayPal, Amazon).

I due trend di mercato hanno in comune l’idea che la banca, la finanza sia oggi un prodotto efficacemente vendibile su piattaforme tecnologiche (si pensi alla SEPA, alla infrastruttura postale, ai circuiti su base mondiale di VISA e Mastercard ad esempio) e quindi l’utente ha necessità solo di accedere a uno di questi circuiti in modo semplice efficace e conveniente, una volta che sono state espletate le pratiche amministrative rituali.

Cambia radicalmente il modello di business: dallo sportello bancario necessario per fare le operazioni con la banca al punto di accesso (telefonino, pc o altro) elettronico per comprare titoli, effettuare pagamenti e incassare somme di denaro. Oggi, garantire la vicinanza alla clientela tramite banche che presidiano il territorio con numerosi sportelli è una strategia in via di declino per le tante possibilità che la tecnologia riserva alla clientela di dialogare in tempo reale con controparti bancarie e finanziarie.

Nell’acceso dibattito che ciascun lettore può seguire in Italia sui tanti casi di malagestio bancaria negli ultimi tempi vi è molta attenzione, ed è forse giusto che sia così, da parte di giornalisti, accademici e politici su come riformare un determinato settore (popolari, bcc) o un singolo intermediario e sulle misure patrimoniali per innalzare i parametri imposti dalle autorità di controllo.

All’opposto, si dedica meno tempo a capire se una banca, una volta risanata con misure ad hoc, sia in grado poi di sviluppare strategie simili a quelle che ho indicato e che sembrano caratterizzare l’evoluzione dell’industria bancaria. Più che in passato, il successo di una banca dipende fortemente dal modello di business che si adotta e per essere vincente tale modello dovrebbe attingere alla tecnologia, all’informatica, alle tecniche digitali di identificazione della clientela.

Forse sarebbe utile anche per i risparmiatori ( e i loro tanti tutor: associazioni dei consumatori, educatori finanziari e accademici) iniziare a guardare a queste cose perché – come ci ricorda la Banca d’Italia nell’opuscolo “Che cosa cambia nella gestione delle crisi bancarie: le nuove norme sulla risoluzione delle crisi bancarie” – il risparmiatore deve essere molto attento e informato sui rischi delle operazioni che effettua atteso che può subire delle perdite patrimoniali.

La credibilità e la solidità delle strategie di sviluppo potrà essere dunque un buon segnale da inviare a tutti da parte di quelle banche che avranno ancora un futuro in mondo con tassi di interesse a zero.

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